Le pandemie passano alla storia per numero di vittime, non di contagi

A seguito della manifestazione dei ristoratori in piazza Montecitorio tenutasi ieri, nella quale era prevedibile che volassero parole forti e qualche schiaffone, ho voluto rielaborare qualche dato come facevamo l’anno scorso – in lungimirante previsione – su LINEA.

A più di un anno dalla prima chiusura si può esaminare l’andamento medio, tra picchi e cadute, della progressione “pandemica”, virgolette d’obbligo, sempre con rispetto per i morti e i loro parenti e alla ricerca delle reali motivazioni dei decessi.

Possiamo vedere dai valori dei dati forniti dalla Protezione Civile ieri sera che l’incidenza sulla popolazione italiana non è affatto di tipo “pandemico”.
Gli attuali positivi ammontano allo 0,93% della medesima, i guariti al 5,03% su un totale casi che si attesta sul 6,14%, mentre i casi di decesso riguardano “soltanto” (sempre con rispetto) lo 0,19%.

E ancora, gli attuali positivi sono il 15,07% del totale dei casi, i guariti l’81,9% e i deceduti tra i contagiati finora sono il 3,03%.

Stando alla citata progressione, al dato acquisito e all’andamento verificato, è ipotesi stimabile che tra gli attuali positivi ne moriranno (purtroppo e senza una cura acclarata e definitiva) circa ancora 17mila, ne guariranno oltre 450mila e i positivi si attesteranno su circa 100 mila casi, qualora le misure dovessero rivelarsi adeguate, ovviamente, ripeto: è un’ipotesi.

Ma lascio la parola al grafico esplicativo e alle vostre conclusioni, ma prima ribadisco: un virus può causare decessi, una “cura” non può e non deve causarne, né diretti, né indotti da crisi economica grave.
E chi vuole far partire l’inquisizione verso chi ha più che legittimi dubbi deve (DEVE) essere inquisito per primo.

La Spagnola uccise tra i 500mila accertati e un milione stimato di italiani (allora era difficile un censimento affidabile).
Ma la popolazione italiana, cento anni fa, contava circa la metà dei cittadini di oggi.

Per affiancare le due epidemie come mortalità sulla popolazione e come letalità sui contagi, pertanto, i decessi dovrebbero attestarsi tra uno o due milioni di persone su sessanta milioni.
Ovviamente auspichiamo che non avvenga, ma se cento anni fa, per scarsità di mezzi tecnologici, la stima era per difetto, oggi ci si chiede perché il dato disponibile non possa essere più affidabile.
Domande

  • Perché continuare ad evocarla?
  • Forse perché non è ancora finita?
    No, in effetti non lo è.
  • A qualcuno serve che non finisca?

Carlo Pompei




Science ‘smonta’ lockdown, Covid quando finirà?
“10-20 anni se non riapriamo tutto”

Niccolò Magnani da Sussidiario.net

Lo studio di “Science” che smonta lockdown e chiusure per contrastare il Covid: “finirà tra 10-20 anni se non lo facciamo circolare più velocemente”

Uno studio del 12 febbraio scorso partorito dalla autorevole rivista scientifica “Science” manda un durissimo “messaggio” ai Governi e alle autorità sanitarie: «se continuano i lockdown il Covid-19 potrebbe rimanere tra noi ancora 10-20 anni». Il tema è dunque tanto sanitario quanto politico: la pandemia e il suo perdurare dipende «dalle nostre capacità di far diventare il virus endemico», sminuendo la forza virulenta purtroppo come attualmente è ancora. Sono in particolare due scienziati – Jennie S. Lavine del Dipartimento di Biologia della Emory University, Atlanta (Usa) e Ottar N. Bjornstad del Dipartimento di Biologia e del Centro Dinamica delle malattie infettive dell’Università dello Stato della Pennsylvania – che hanno sviluppato lo studio suffragata un anno di dati raccolti e intitolato “Immunological characteristics govern the transition of COVID-19 to endemicity”.

Il report, ripreso da Affari Italiani e Il Giornale, sostiene che il Covid sia ormai così diffuso che resta quasi impossibile l’eliminazione diretta del virus: siamo dunque condannati a convivere chiusi in casa con mascherine per il resto dei nostri giorni? Tutt’altro, e qui viene il bello e il sorprendente dello studio scientifico di “Science”.

LE CONCLUSUONI DI ‘SCIENCE’ CONTRO IL LOCKDOWN

L’essere umano da tempo immemore convive con altri coronavirus ormai divenuti endemici (come l’influenza, ad esempio) e che seppur infettano ancora non provocano più gravi malattie essendo stati indeboliti nella loro aggressività avendo ormai come rapporto di mortalità per infezione (IFR) pari allo 0,001. Nello studio di “Science” si sostiene come il coronavirus circolerà velocemente – con R0=6 – e dunque tanto più in fretta potrà essere reso endemico e non più pandemicamente letale: se si continua però a limitarne la diffusione, serviranno almeno 10 o 20 anni per uscire da questa situazione. «L’immunità che blocca le infezioni diminuisce rapidamente ma che l’immunità che riduce la malattia è di lunga durata», spiegano gli scienziati nelle conclusioni dell’importante report sul Covid-19.

Serve dunque agire con strategie diverse da quelle riscontrate finora e dimostratisi inefficaci (lockdown e chiusure a macchia di leopardo): «affinché la maggior parte delle persone venga infettata così presto nella vita, persino più giovane del morbillo nell’era pre-vaccino, il tasso di attacco deve superare la trasmissione dalle sole infezioni primarie», ribadisce Science. Di fatto, concludono i due scienziati, «una volta che i dati demografici dell’infezione raggiungono uno stato stazionario, il nostro modello prevede che i casi primari si verifichino quasi interamente nei neonati e nei bambini piccoli, che, nel caso di Covid-19, sperimentano un CFR basso e un IFR contemporaneamente basso».

Sembra un controsenso, ma la conclusione è proprio questa: per ridurre il Covid-19 va fatto circolare il più rapidamente possibile, «se è necessario un frequente potenziamento dell’immunità mediante la circolazione virale in corso per mantenere la protezione dalla patologia, allora potrebbe essere meglio che il vaccino imiti l’immunità naturale nella misura in cui previene la patologia senza bloccare la circolazione del virus in corso».

Da ultimo, Science sottolinea come in questo particolare coronavirus, il vaccino che risulta il principale per efficacia è quello a base di adenovirus – ovvero AstraZeneca – perché «è migliore nel prevenire infezioni gravi rispetto a quelle lievi o asintomatiche, e sarà importante produrre tecnologie simili per gli altri vaccini».

(N.d.r.)

Non vinceranno

Dal Blog Vitamineral il libero pensare è di casa ed ospito tutti i liberi pensatori.
Oggi, dopo una settimana di limitazioni del mio profilo su facebook, sono ritornata con pensieri e riflessioni.
Corrado Malanga)
Internet, per quanto provino ad oscurare e censurare le notizie, sarà per loro un effetto boomerang.
 

Vinceremo su tutti fronti!



Studio Stanford: Le misure restrittive contro il Covid hanno procurato più danni che benefici

Covid: una buona notizia, pubblicata addirittura da Repubblica.

Notizia che, certamente nessuno leggerà essendo soppiantata dalla psicosi della “variante inglese” del Sars-Cov-2 e dalle polemiche contro il ministro Roberto Speranza che, il 14 febbraio, ha inaspettatamente decretato la chiusura degli impianti sciistici. A proposito, ma sulla base di quale documentazione scientifica Speranza ha cambiato improvvisamente idea, considerando che fino a ieri praticamente tutti dicevano che questa famosa “variante inglese del virus” non rappresentava un nuovo pericolo?

Ecco lo studio Stanford

Valutazione degli effetti della permanenza a domicilio e della chiusura dell’attività obbligatoria sulla diffusione del COVID‐19

Astratto

Contesto e obiettivi

Gli interventi non farmaceutici (NPI) più restrittivi per il controllo della diffusione del COVID‐19 sono la permanenza a domicilio e le chiusure aziendali. Date le conseguenze di queste politiche, è importante valutarne gli effetti. Valutiamo gli effetti sulla crescita dei casi epidemici di NPI più restrittivi (mrNPI), al di sopra e al di là di quelli di NPI meno restrittivi (lrNPI).

Metodi

Per prima cosa stimiamo la crescita del caso COVID-19 in relazione a qualsiasi implementazione di NPI nelle regioni subnazionali di 10 paesi: Inghilterra, Francia, Germania, Iran, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Corea del Sud, Svezia e Stati Uniti. Utilizzando modelli di prima differenza con effetti fissi, isoliamo gli effetti degli mrNPI sottraendo gli effetti combinati degli lrNPI e delle dinamiche epidemiche da tutti gli NPI. 

Usiamo la crescita dei casi in Svezia e Corea del Sud, 2 paesi che non hanno implementato la permanenza a domicilio e le chiusure aziendali obbligatorie, come paesi di confronto per gli altri 8 paesi (16 confronti totali).

Risultati

Conclusioni

Sebbene non si possano escludere piccoli benefici, non troviamo benefici significativi sulla crescita dei casi di NPI più restrittivi. Riduzioni simili nella crescita del caso possono essere ottenute con interventi meno restrittivi.

1. INTRODUZIONE

1

9 abusi domestici, 10 la salute mentale e la suicidalità, 11 , 12 e una serie di conseguenze economiche con implicazioni per la salute 13 , 14—È sempre più riconosciuto che i loro benefici postulati meritano uno studio attento. Un approccio per valutare i benefici dell’NPI utilizza approcci di modellizzazione della malattia. Un’importante analisi di modellazione ha stimato che, in tutta Europa, gli mrNPI rappresentavano l’81% della riduzione del numero di riproduzioni effettive ( urna: x-wiley: 00142972: media: eci13484: eci13484-math-0001), una misura della trasmissione della malattia. 15 Tuttavia, in assenza di una valutazione empirica delle politiche, i loro effetti sulla trasmissione ridotta si presume piuttosto che valutati. 16 , 17 Tale analisi attribuisce quasi tutta la riduzione della trasmissione all’ultimo intervento, qualunque sia stato l’ultimo intervento, i blocchi completi in Francia o il divieto di eventi pubblici in Svezia. 16

19, 20 Queste dinamiche epidemiche sono dimostrate da un’analisi che mostra che il rallentamento della crescita epidemica di COVID-19 era simile in molti contesti, in un modo più coerente con le dinamiche naturali rispetto alle prescrizioni politiche. 21

22 , 23 Anche la Corea del Sud non ha implementato gli mrNPI. La sua strategia si basava su investimenti intensivi in ​​test, tracciamento dei contatti e isolamento dei casi infetti e contatti stretti. 24 , 25

2 – METODI

urna: x-wiley: 00142972: media: eci13484: eci13484-math-0002

18 , 26 Utilizziamo i dati di una banca dati delle politiche COVID ‐ 19 e le precedenti analisi degli impatti delle politiche per determinare la tempistica e l’ubicazione di ciascun NPI. 18 , 27Ogni osservazione nei dati, poi, è identificata dalla regione amministrativa subnazionale e dalla data, con i dati sul numero di casi in quella data e gli indicatori che caratterizzano la presenza di ciascuna politica. Includiamo indicatori per i cambiamenti nelle definizioni dei casi o nelle tecnologie di test per catturare cambiamenti improvvisi nei conteggi dei casi che non sono il risultato dell’epidemia sottostante (questi sono per lo più indicatori di un giorno), come suggerito in un’analisi precedente. 18

Definiamo la variabile dipendente come la differenza giornaliera nel logaritmo naturale del numero di casi confermati, che approssima il tasso di crescita giornaliero delle infezioni ( urna: x-wiley: 00142972: media: eci13484: eci13484-math-0003). Stimiamo quindi i seguenti modelli lineari:

urna: x-wiley: 00142972: media: eci13484: eci13484-math-0004

è effetti fissi del giorno della settimana specifici del paese. I parametri di sono gli interessi urna: x-wiley: 00142972: media: eci13484: eci13484-math-0011, che identificano l’effetto di ciascuna politica sul tasso di crescita dei casi.Il parametro urna: x-wiley: 00142972: media: eci13484: eci13484-math-0012è un indicatore giornaliero che modella i cambiamenti nelle definizioni dei casi che si traducono in brevi discontinuità nei conteggi dei casi che non sono dovuti a cambiamenti epidemici sottostanti.

28 Invece, seguiamo altri studi che valutano gli effetti degli NPI che utilizzano numeri di casi, assumendo implicitamente che le loro dinamiche osservate possano rappresentare un’ombra coerente delle dinamiche di infezione sottostanti. 18

Materiale supplementare ).

3. RISULTATI

1 ). La figura mostra che, in tutte le unità subnazionali in tutti i dieci paesi, il tasso di crescita medio prima degli NPI variava da 0,23 in Spagna (23% di crescita giornaliera; 95% CI: da 0,13 a 0,34) a 0,47 (95% CI: da 0,39 a 0,55 ) In Olanda. La media in tutti i 10 paesi era 0,32, e in Corea del Sud e Svezia, i 2 paesi senza mrNPI, i tassi di crescita pre ‐ NPI erano rispettivamente 0,25 e 0,33. La variazione dei tassi di crescita pre ‐ policy nei casi può riflettere l’intensità dell’epidemia, la copertura dei test (una crescita maggiore può essere un riflesso dell’espansione della capacità di test e di più persone che desiderano essere testate) e cambiamenti del comportamento pre ‐ policy che hanno portato a una maggiore o minore trasmissione .

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FIGURA 1

Presa della corrente
Tasso di crescita nei casi per i paesi di studio. Le barre nere mostrano il tasso di crescita medio nei casi in ciascuna unità subnazionale (95% CI) prima di qualsiasi politica implementata. Le cifre a destra mostrano il tasso di crescita giornaliero nei casi per ciascuno dei paesi e dimostrano il declino condiviso nella crescita dei casi in tutti i paesi, compresi i paesi che non hanno implementato gli mrNPI (Corea del Sud e Svezia)

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FIGURA 2

Presa della corrente
Effetti dei singoli NPI in tutti i paesi dello studio. La variazione dei tempi e del luogo di implementazione degli NPI ci consente di identificare gli effetti dei singoli NPI sul tasso di crescita giornaliero dei casi. Laddove più NPI sono stati implementati simultaneamente (nello stesso giorno) in tutte le unità subnazionali (ad es. Chiusura scolastica, lavoro da casa e nessuna riunione privata in Spagna), il loro effetto complessivo non può essere identificato individualmente e viene mostrato combinato
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FIGURA 3

Presa della corrente

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FIGURA 4

Presa della corrente

4. DISCUSSIONE

aumento del tasso di crescita del caso, sebbene queste stime siano distinguibili solo da zero in Spagna (coerente con l’effetto non benefico dei blocchi). Solo in Iran le stime puntano costantemente nella direzione di un’ulteriore riduzione del tasso di crescita, ma questi effetti sono statisticamente indistinguibili da zero. Sebbene sia difficile trarre conclusioni definitive da queste stime, esse sono coerenti con una recente analisi che ha identificato un aumento della trasmissione a livello di popolazione e dei casi in Hunan, Cina, durante il periodo degli ordini di soggiorno a casa, attribuiti a un aumento densità e trasmissione. 29In altre parole, è possibile che gli ordini casalinghi possano facilitare la trasmissione se aumentano il contatto da persona a persona laddove la trasmissione è efficiente come gli spazi chiusi.

30

31 – 33 Il nostro modello comportamentale degli NPI – che la loro efficacia dipende dal comportamento individuale per il quale le politiche forniscono una spinta rumorosa – aiuta a spiegare perché il grado di restrittività degli NPI non sembra spiegare il declino del tasso di crescita del caso. I dati sui comportamenti individuali come visite ad aziende, camminare o guidare mostrano drastiche riduzioni da giorni a settimane prima dell’implementazione delle chiusure aziendali e degli ordini di soggiorno obbligatori nei nostri paesi di studio, in linea con i meccanismi comportamentali sopra indicati. 34 – 36Queste osservazioni sono coerenti con un modello in cui la gravità del rischio percepito dagli individui era un driver più forte di comportamenti anti ‐ contagio rispetto alla natura specifica degli NPI. In altre parole, le riduzioni delle attività sociali che hanno portato alla riduzione della crescita del caso si stavano verificando prima dell’implementazione degli mrNPI perché le popolazioni nei paesi colpiti stavano internalizzando l’impatto della pandemia in Cina, Italia e New York, e notando una serie crescente di raccomandazioni per ridurre i contatti sociali, il tutto prima degli mrNPI. Ciò potrebbe anche spiegare le dimensioni degli effetti altamente variabili dello stesso NPI in paesi diversi. Ad esempio, gli effetti dei divieti di viaggio internazionali sono stati positivi (inutili) in Germania e negativi (vantaggiosi) nei Paesi Bassi (figura  2 ).

37 Le considerazioni sui danni dovrebbero svolgere un ruolo preminente nelle decisioni politiche, soprattutto se un NPI è inefficace nel ridurre la diffusione delle infezioni. Da notare, la Svezia non ha chiuso le scuole primarie per tutto il 2020 al momento della stesura di questo documento.

18

18 , 31 , 38 In questo senso, il nostro confronto è posizionato esattamente all’interno della letteratura sugli effetti degli NPI.

39 Ciò suggerisce inoltre che le misure restrittive non garantiscono chiaramente la protezione delle popolazioni vulnerabili. Alcune prove suggeriscono anche 40 che a volte, con misure più restrittive, le infezioni possono essere più frequenti negli ambienti in cui risiedono popolazioni vulnerabili rispetto alla popolazione generale. 40

5 RUOLO DELL’ORGANIZZAZIONE FINANZIARIA O DELLO SPONSOR

CONTRIBUTI DELL’AUTORE

Mascherine all’aperto, servono davvero?

Alberto Donzelli:”Valutare scientificamente se l’uso delle mascherine comporta più danni o benefici”

Mascherine all’aperto, servono davvero?

Le mascherine, secondo le attuali disposizioni nazionali vanno usate fuori casa in pratica sempre (salvo che “sia garantita in modo continuativo la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi”). Ciò sembra basato sull’assunto che siano efficaci nel ridurre la trasmissione del virus SARS-COV-2 anche all’aperto e che non abbiano effetti dannosi, salvo la scomodità. Purtroppo le cose non stanno così.

Una misura di sanità pubblica, per essere imposta come universale e obbligatoria, dovrebbe rispettare almeno tre condizioni: che ci siano prove forti dei suoi benefici, che i benefici attesi sovrastino eventuali danni e, in mancanza di queste condizioni ma sotto la pressione di un’emergenza sanitaria, che ci siano almeno indiscutibili ragionamenti logici a sostegno dei forti benefici netti di questa misura. Purtroppo queste tre condizioni mancano del tutto nel caso delle mascherine all’aperto.

Il dott. Alberto Donzelli (medico specialista in Igiene e Medicina Preventiva) sull’ultimo numero de L’altra medicina mostra come, stando alla letteratura scientifica esistente, non ci siano evidenze sul fatto che le mascherine all’aperto diano riduzioni nette di infezioni virali respiratorie.

Premesso che le ricerche scientifiche di maggior validità sono quelle randomizzate controllate, ci sono poche ricerche con questo disegno sulle mascherine a livello di comunità (cioè non in contesti sanitari o lavorativi, e comunque soprattutto “al chiuso”) e grandi revisioni che le hanno combinate hanno concluso che non ci sono prove adeguate di un’efficacia delle mascherine.

I suggerimenti del dott. Donzelli sarebbero:

  • niente a domicilio (salvo che in presenza di un positivo alla PCR-RT, quando non è in una stanza da solo e interagisce con i familiari).

In altri ambienti al chiuso, in presenza di altre persone, soprattutto in spazi affollati e poco aerati, una chiara raccomandazione di indossare mascherine è ragionevole. L’importante è restarci lo stretto necessario, e non essere obbligati a tenerle molto a lungo. Ad es. il Governo danese ha stabilito l’uso di mascherina durante grandi raduni, oppure se una persona che sa di essere infetta deve uscire di casa, o se ci si avvicina a persone con alto rischio di sviluppare in forma grave la COVID-19.

I problemi per chi indossa la mascherina in modo prolungato vanno ben oltre la CO2

L’OMS enumera alcuni danni/svantaggi potenziali con l’uso di maschere da parte del pubblico generale:

    • La reinalazione dell’anidride carbonica espirata è anch’essa indiscutibile, benché il suo significato clinico in soggetti sani resti da stabilire.

      Il problema maggiore, però, è la reinalazione nelle vie respiratorie di germi in moltiplicazione. A ogni espirazione non schermata si esala una parte di tali germi, ma con la mascherina parte di questi è reinalata alla successiva inspirazione, che si verifica 10-15 volte al minuto! Le prove della capacità delle mascherine di schermare goccioline potenzialmente infette sono chiare, ma occorre considerare anche l’effetto opposto descritto, che può controbilanciare i benefici.

      Se si schermano le goccioline potenzialmente infette, è ovvio che si trattengono anche i germi in proliferazione. E la salute degli infetti può peggiorare, se la resistenza all’espirazione, prodotta dalla maschera, fa aumentare la carica cumulativa e la fa scendere in profondità nei polmoni.

      Le difese immunitarie innate di cui le vie respiratorie superiori sono ben dotate servono a prevenire la diffusione nel corpo di germi patogeni. L’efficacia delle difese dipende molto dalla carica virale cumulativa. Se le mascherine la fanno aumentare, si può avere un aumento/aggravamento delle infezioni. La reinalazione dei propri virus aumenta la carica cumulativa e questa può raggiungere gli alveoli polmonari, povere di difese legate all’immunità innata (proprio perché di regola i microbi sono fermati prima, e fino a lì non dovrebbero arrivare in quantità!). Negli alveoli i virus si possono moltiplicare molto e quando dopo circa 10 giorni dall’infezione arrivano finalmente gli anticorpi delle difese adattative, trovando troppi virus scatenano una violenta risposta infiammatoria, con le conseguenze descritte in casi di COVID-19 a evoluzione grave.

      Per questo il dott. Donzelli insiste nel dire che proprio per il principio di precauzione non si dovrebbe pretendere l’uso di mascherine in condizioni di rischio minimo (tipicamente all’aperto, salvo condizioni di prossimità non breve/occasionale con altri), e in generale si dovrebbe far passare il messaggio che andrebbe evitato un uso prolungato di mascherine quando non necessario (mentre oggi non pochi hanno interpretato che siano protettive “sempre e a prescindere”).

      Come dice anche il dott. Donzelli, non chiediamo a nessuno di violare le regole ma chiediamo alle autorità preposte di intervenire tempestivamente per rispettare le evidenze scientifiche.

      Trovi l’articolo completo del dott. Alberto Donzelli sul numero 102 de L’altra medicina in edicola fino al 20 febbraio.


La virologa Gismondo: “Le mascherine all’aperto? Un’idiozia”

Covid, Tarro: «Le mascherine in estate fanno male. L’allarmismo del governo ci porta alla rovina»

https://www.facebook.com/mauro.grimolizzi/videos/3731438433585621

https://www.ecdc.europa.eu/sites/default/files/documents/COVID-19-use-face-masks-community.pdf

A parte quei casi in cui come abbiamo visto è raccomandato l’uso delle maschere facciali, visto che nessun dispositivo di barriera garantisce la sicurezza assoluta e visti i rischi e svantaggi associati al loro utilizzo, soprattutto prolungato, la precauzione migliore è sempre quella di mantenere l’assoluta igiene delle mani e degli ambienti e il distanziamento fisico la dove sono presenti dei sintomi.

L’uso di maschere per il viso nella comunità dovrebbe essere considerato solo come una misura complementare e non come una sostituzione di misure preventive come ad esempio il distanziamento fisico, l’igiene ed il lavaggio delle mani e l’attenzione di non toccarsi il viso, il naso, gli occhi e la bocca.

La persona sintomatica dovrebbe autoisolarsi ed evitare di entrare in contatto con altre persone. Anche una volta passata l’epidemia, in presenza di qualche linea di febbre o tosse, non è né saggio né responsabile prendere un’aspirina e andare comunque al lavoro o mandare il proprio figlio a scuola.

Ad oggi è ancora necessario quantificare le complesse interazioni che possono operare tra effetti positivi e negativi associati all’utilizzo delle maschere chirurgiche nella popolazione. Non è tempo di agire senza prove. 

Quando le prove di sicurezza ed efficacia mancano, o peggio, quando vi sono prove di non sicurezza e inefficacia, è nostro compito informare noi stessi e gli altri e non acconsentire a ordini non etici, illegali o incostituzionali che violano la nostra salute e libertà.

Bibliografia:

  1. The risks vs benefits off face masks is there an agenda? – By Dr. Alan Palmer – Children’s Health Defense
  2. Advice on the use of masks in the context of COVID-19 – OMS Interim guidance 5 june 2020
  3. Zhu JH et al. Effects of long-duration wearing of N95 respirator and surgical facemask: a pilot study. J Lung Pulm Resp Res 2014:4:97-100.

  4. Wu Y et al. Nervous system involvement after infection with COVID-19 and other coronaviruses. Brain Behavior, and Immunity, In press.
  5. Rapporto ISS COVID 19 nr. 25/2020 Istituto Superiore di Sanità – Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19: superfici, ambienti interni e abbigliamento
  6. Jones TC, Mühlemann B, Veith T, et al. An analysis of SARS-CoV-2 viral load by patient age – German. Research network Zoonotic Infectious Diseases website: Charité – Universitätsmedizin Berlin, 2020.
  7. Ludvigsson JF. Systematic review of COVID-19 in children shows milder cases and a better prognosis than adults. Acta Paediatr 2020 doi: 10.1111/apa.15270
  8. Benjamin Lee and William V. Raszka. COVID-19 Transmission and Children: The Child is Not to Blame. Pediatrics May 2020,
  9. Munro, A. The missing link? Children and transmission of SARS-CoV-2, Don’t Forget the Bubbles, 2020
  10. Mark Nicas. A Study Quantifying the Hand-To-Face Contact Rate and Its Potential Application to Predicting Respiratory Tract Infection, J Occup Environ Hyg.2008
  11. R.J. Roberge, Jung-Hyun Kim, Aitor Coca, Protective Facemask Impact on Human Thermoregulation: An Overview The Annals of Occupational Hygiene, Volume 56, Issue 1, January 2012, Pages 102–112,

 




Empatia, la porta d’accesso per sentire la felicità e il dolore dell’ altro

 

 

 

 

 

da un post pubblico di Anna Bruno

Ho letto commenti indignati e carichi di odio nei confronti dei ristoratori che ieri hanno aperto nonostante i divieti.

Ognuno di quei ristoratori potremmo essere noi
Buona giornata a tutti





I test PCR COVID19 sono scientificamente privi di significato

Tratto da OFF-Guardian

Sebbene tutto il mondo si affidi alla RT-PCR per “diagnosticare” l’infezione da Sars-Cov-2, la scienza è chiara: non sono adatte allo scopo

Torsten Engelbrecht e Konstantin Demeter

Ma guardando da vicino i fatti, la conclusione è che questi test PCR sono privi di significato come strumento diagnostico per determinare una presunta infezione da un presunto nuovo virus chiamato SARS-CoV-2.

Il messaggio è stato diffuso attraverso i titoli di tutto il mondo, ad esempio da Reuters e BBC .

Ciò indica che la convinzione nella validità dei test PCR è così forte da eguagliare una religione che non tollera praticamente alcuna contraddizione.

Ma è risaputo che le religioni riguardano la fede e non i fatti scientifici. E come disse Walter Lippmann, il due volte vincitore del Premio Pulitzer e forse il giornalista più influente del XX secolo : 

“Dove tutti pensano allo stesso modo, nessuno pensa molto”.

PCR inappropriata per rilevare un’infezione virale .

Come la dichiarazione di pandemie di virus sulla base dei test PCR può finire in un disastro è stata descritta da Gina Kolata nel suo articolo del New York Times del 2007 Faith in Quick Test Leads to Epidemic That Was .

MANCANZA DI UN GOLD STANDARD VALIDO

Inoltre, vale la pena ricordare che i test PCR utilizzati per identificare i cosiddetti pazienti COVID-19 presumibilmente infettati da ciò che viene chiamato SARS-CoV-2 non hanno un gold standard valido con cui confrontarli.

1 ] e “specificità” – rispetto a un “gold standard”, che significa il metodo più accurato disponibile.

ABC TV in risposta alla domanda “Quanto è accurato il test [COVID-19]?” :

 , pubblicato di recente sul British Medical Journal , scrive che c’è una “mancanza di un ‘gold-standard’ così chiaro per il test COVID-19”.

2 ].

se ci ha scritto il 2 giugno : “Cercherò di inviare una risposta più tardi questa settimana, quando ne avrò la possibilità. “

La ragione di ciò è che la PCR è estremamente sensibile, il che significa che può rilevare anche i più piccoli pezzi di DNA o RNA, ma non può determinare da dove provengono queste particelle . Questo deve essere determinato in anticipo.

E poiché i test PCR sono calibrati per le sequenze geniche (in questo caso le sequenze di RNA perché si ritiene che SARS-CoV-2 sia un virus RNA), dobbiamo sapere che questi frammenti di gene fanno parte del virus cercato. E per saperlo, occorre eseguire il corretto isolamento e purificazione del presunto virus.

Quindi, abbiamo chiesto ai team scientifici dei documenti pertinenti a cui si fa riferimento nel contesto di SARS-CoV-2 per la prova se i colpi al microscopio elettronico raffigurati nei loro esperimenti in vitro mostrano virus purificati.

  1. Autore replicante: Malik Peiris
    Data: 12 maggio 2020
    Osong Public Health and Research Perspectives , febbraio 2020
    Autore replicante: Myung-Guk Han
    Data: 6 maggio 2020
    Journal of Korean Medical Science , 24 febbraio 2020
    Autore replicante: Wan Beom Park
    Data: 19 marzo 2020
    New England Journal of Medicine , 20 febbraio 2020
    Autore replicante : Wenjie Tan
    Data: 18 marzo 2020

    In altre parole, l’esistenza di SARS-CoV-2 RNA si basa sulla fede, non sui fatti.

    3 ]

    Ed è per questo che abbiamo chiesto al dottor Calisher se conosceva un singolo articolo in cui SARS-CoV-2 è stato isolato e finalmente veramente purificato. La sua risposta:

    4 ]

    recentemente rivelato per OffGuardian .

    La necessità di soddisfare questi postulati riguardanti SARS-CoV-2 è dimostrata non da ultimo dal fatto che sono stati fatti tentativi per soddisfarli. Ma anche i ricercatori che affermano di averlo fatto, in realtà, non ci sono riusciti.

    Un esempio è uno studio pubblicato su Nature il 7 maggio . Questo processo, oltre ad altre procedure che rendono invalido lo studio, non ha soddisfatto nessuno dei postulati.

    Inoltre, nessun animale è morto tranne quelli che hanno ucciso per eseguire le autopsie . E non dimentichiamo: questi esperimenti avrebbero dovuto essere fatti prima di sviluppare un test, il che non è il caso.

    Se le particelle che si afferma essere SARS-CoV-2 non sono state purificate, come si può essere sicuri che le sequenze del gene RNA di queste particelle appartengano a un nuovo virus specifico?

    non erano precedentemente rilevabile – un aspetto su cui il premio Nobel Barbara McClintock ha già richiamato l’attenzione nella sua conferenza Nobel nel 1983 .

    Non convalidato! ) Dall’OMS in tutto il mondo – per rispondere alle domande sull’argomento.

     La Charité ammette di non aver utilizzato particelle purificate.

    Corman et al. ) Affermano:

     .

    Per inciso, il Corman et al. il documento, pubblicato il 23 gennaio 2020, non è stato nemmeno sottoposto a un adeguato processo di revisione tra pari , né le procedure ivi delineate sono state accompagnate da controlli, sebbene sia solo attraverso queste due cose che il lavoro scientifico diventa davvero solido.

    RISULTATI DEI TEST IRRAZIONALI

    È anche certo che non possiamo conoscere il tasso di falsi positivi dei test PCR senza test diffusi su persone che certamente non hanno il virus, dimostrato da un metodo indipendente dal test (avendo un solido gold standard).

    Pertanto, non sorprende che ci siano diversi articoli che illustrano risultati di test irrazionali.

    state nuovamente “positive”. .

    Un terzo esempio è uno studio di Singapore in cui i test sono stati effettuati quasi quotidianamente su 18 pazienti e la maggior parte è passata da “positiva” a “negativa” di nuovo a “positiva” almeno una volta e fino a cinque volte in un paziente .

    “accurati solo dal 30 al 50 per cento” ; mentre Sin Hang Lee del Milford Molecular Diagnostics Laboratory ha inviato una lettera al team di risposta al coronavirus dell’OMS e ad Anthony S. Fauci il 22 marzo 2020, affermando che:

    Ciò diventa evidente anche considerando il valore predittivo positivo (PPV).

    A parità di specificità, maggiore è la prevalenza, maggiore è il VPP.

    In questo contesto, il 12 giugno 2020, la rivista Deutsches Ärzteblatt ha pubblicato un articolo in cui è stato calcolato il PPV con tre diversi scenari di prevalenza .

    22 percento dei test “positivi” sono falsi “positivi”.

    E la FDA ammette che :

    Sorprendentemente, nei manuali di istruzioni dei test PCR possiamo anche leggere che non sono intesi come test diagnostici, come ad esempio in quelli di Altona Diagnostics e Creative Diagnostics [ 5 ].

    distribuito da Roche possiamo leggere:

    Ci sono anche ragioni per concludere che il test PCR di Roche e altri non sono nemmeno in grado di rilevare i geni mirati .

    Ciò è cruciale perché, per poter persino iniziare a parlare della malattia reale nel mondo reale non solo in un laboratorio, il paziente avrebbe bisogno di milioni e milioni di particelle virali che si replicano attivamente nel proprio corpo.

    “carica virale”, ovvero quante particelle virali ci sono nel corpo. “Ma questo non è mai stato dimostrato. Questo è uno scandalo enorme ”, come sottolinea il giornalista Jon Rappoport .

    Prendi, diciamo, poche centinaia o addirittura migliaia di persone e rimuovi campioni di tessuto da loro. Assicurati che le persone che prendono i campioni non eseguano il test. I tester non sapranno mai chi sono i pazienti e in che condizioni si trovano. I tester eseguono la loro PCR sui campioni di tessuto. In ogni caso, dicono quale virus hanno trovato e quanto ne hanno trovato. Quindi, ad esempio, nei pazienti 29, 86, 199, 272 e 293 hanno trovato una grande quantità di ciò che affermano essere un virus. Ora rendiamo ciechi quei pazienti. Dovrebbero essere tutti malati, perché hanno così tanti virus che si replicano nei loro corpi. Ma sono davvero malati o sono adatti come un violino?

    “Drosten PCR test” – è un test quantitativo.

    test preliminare , mentre l’Institut Pasteur utilizza lo stesso test come test di conferma .

    tutti i virus asiatici! ) dà un risultato “positivo” .

    Ciò significa che un risultato di test non specifico confermato viene ufficialmente venduto come specifico .

    Roche , TIB Molbiol e R-Biopharm .

    VALORI DI CQ ELEVATI RENDONO I RISULTATI DEL TEST ANCORA PIÙ PRIVI DI SIGNIFICATO

    Il valore Cq specifica quanti cicli di replicazione del DNA sono necessari per rilevare un segnale reale da campioni biologici.

    legge nelle linee guida MIQE .

    MIQE sta per “Minimum Information for Publication of Quantitative Real-Time PCR Experiments”, una serie di linee guida che descrivono le informazioni minime necessarie per valutare le pubblicazioni sulla PCR in tempo reale, chiamata anche PCR quantitativa o qPCR.

    quando affermò :

    Stephen A. Bustin , Professore di Medicina Molecolare, un esperto di fama mondiale di PCR quantitativa e autore del libro AZ of Quantitative PCR che è stato chiamato “la bibbia di qPCR”.

    sottolineato Jessica Schwaber del Center for Commercialization of Regenerative Medicine di Toronto e due colleghi di ricerca in un documento del 2019 .

    Stephen A. Bustin riconosce i problemi con la PCR in modo comparabile.

    Ad esempio, ha sottolineato il problema che nel corso del processo di conversione (da RNA a cDNA) la quantità di DNA ottenuta con lo stesso materiale di base di RNA può variare ampiamente, anche di un fattore 10 (vedi intervista sopra).

    Quindi come può essere che coloro che sostengono che i test PCR siano altamente significativi per la cosiddetta diagnosi COVID-19 nascondono le inadeguatezze fondamentali di questi test, anche se si trovano di fronte a domande sulla loro validità?

    mostrato il British Medical Journal nel 2010 .

    esperti criticano “che la famigerata corruzione e i conflitti di interesse all’OMS sono continuati, anzi sono cresciuti” da allora. Anche il CDC, per prendere un altro grande giocatore, ovviamente non sta meglio .

    “Fatal Therapie”.

    Referti:

    • [2] E-mail del Prof. Thomas Löscher del 6 marzo 2020
    • [3] Martin Enserink. Virologia. La vecchia guardia esorta i virologi a tornare alle origini, Science, 6 luglio 2001, p. 24
    • [4] E-mail di Charles Calisher del 10 maggio 2020
    • [5] Creative Diagnostics, kit SARS-CoV-2 Coronavirus Multiplex RT-qPCR

Torsten Engelbrecht è un giornalista e scrittore pluripremiato di Amburgo, in Germania. Nel 2006 è stato coautore di Virus-Mania con il dottor Klaus Kohnlein e nel 2009 ha vinto il German Alternate Media Award . Ha anche scritto per Rubikon, Süddeutsche Zeitung, Financial Times Deutschland e molti altri.

Konstantin Demeter è un fotografo freelance e un ricercatore indipendente. Insieme al giornalista Torsten Engelbrecht ha pubblicato articoli sulla crisi “COVID-19” sulla rivista online Rubikon, oltre a contributi sul sistema monetario, geopolitica e media su giornali svizzeri italiani.




Effetti del confinamento e perdita di lavoro
studi

Mercoledì 25 marzo 2020
Sayer Ji

Questo articolo è protetto da copyright di GreenMedInfo LLC, 2020
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Considerando il fatto che, attualmente, miliardi di persone in tutto il mondo sono detenute nelle loro case a causa di numeri forse esagerati e di fatalità, queste non sono semplicemente questioni di natura accademica.
Queste quarantene obbligatorie stanno avendo effetti devastanti sul benessere socioeconomico, psicologico e fisico di individui già rispettosi della legge e sani.


Negli Stati Uniti stanno emergendo serie domande sulla legalità e la costituzionalità delle potenze di emergenza estrema invocate .


Gli effetti della disoccupazione sulla mortalità in seguito al ridimensionamento del posto di lavoro e alla chiusura del posto di lavoro
tutti gli studi su Pub Med

  • Bartley M, Ferrie J, Montgomery SM. Svantaggio per la salute e il mercato del lavoro: disoccupazione, disoccupazione e insicurezza del lavoro. In: Marmot M,
  • Clemens T, Boyle P, Popham F. Disoccupazione, mortalità e il problema della selezione correlata alla salute: prove degli studi longitudinali scozzesi e di Inghilterra e
  • Articoli simili in PubMed

    • Mortalità a seguito di disoccupazione in Canada, 1991-2001.[BMC Public Health. 2013
    • Status occupazionale e rischio di mortalità per qualsiasi causa tra persone di origine autoctona e straniera in Svezia.[Eur J Public Health. 2018
    • La durata della disoccupazione prevede la mortalità, in modo diverso negli uomini e nelle donne, e per causa di morte: un follow-up di sei anni sulla mortalità della recessione svedese del 1992-1996.[Soc Sci Med. 2012
    • Salute nei disoccupati di lunga durata.[Dtsch Arztebl Int. 2013]
      Citata da altri articoli in PMC
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      • Affrontare i determinanti a monte della salute nella nuova strategia sanitaria globale della Germania: raccomandazioni della piattaforma tedesca per la salute globale[BMJ Global Health. 2019]

      https://jech.bmj.com/content/64/01/22.short