Insonnia da addormentamento. I risvegli precoci sono un vero problema?
Il Sonno Polifasico

 

IL SONNO BIFASICO : UN DONO ANTICO

a cura del dr Fabio Farello

Il sonno bifasico definisce l’abitudine a segmentare il sonno in due fasi della notte separate da un periodo di veglia.

Il sonno bifasico si distingue dal monofasico che invece non è interrotto da una veglia. Il sonno è generalmente polifasico nel neonato, bifasico nel bambino che dorme a lungo anche il pomeriggio e diventerebbe monofasico nell’adulto. In realtà l’uomo inserito in un contesto naturale praticava un riposo notturno bifasico.

I nostri antenati dormivamo in due periodi più brevi intervallati da attività.

Tutto il sonno accadeva entro un lasso di tempo maggiore che iniziava con 3 o 4 ore di riposo profondo, seguito da una fase in cui si era attivi e poi si dormiva di nuovo fino al mattino. Anche nei mammiferi dai quali l’uomo discende il sonno è bifasico, suggerendo che si tratta di un adattamento sensato e naturale.

Il monte ore nel sonno bifasico è sempre di circa otto ore, ma la efficienza del riposo è ben maggiore, perché consente due fasi di sonno profondo invece che una. Anche l’intervallo di veglia è un periodo particolarmente fecondo.

Le ore centrali della notte, tra i due sonni, sono caratterizzate pace e interiorizzazione. In tali ore l’essere umano sviluppa maggiormente le sue potenzialità. Questo è il periodo da dedicare alla meditazione, alla propria cura e alla espansione della coscienza. Il sonno bifasico ha risolto nella evoluzione umana anche diverse problematiche concrete.

Dalla conoscenza del fuoco un poi, la metà della notte era da dedicare alla cura del fuoco, dal quale dipendeva la sopravvivenza del clan come protezione termica e come protezione contro i predatori. Anche dopo lo sviluppo di nuclei abitativi complessi, il fuoco doveva essere curato a metà notte. Gli incidenti dovuti al fuoco sono stati a lungo la principale causa di morte domestica. Tra questi dominava oltre al raffreddamento, l’incendio e il soffocamento. Risvegliarsi a metà notte è stato pertanto non solo utile allo sviluppo della coscienza, ma garantiva per motivi diversi la sopravvivenza stessa degli esseri umani. Pertanto un sonno bifasico è da considerarsi il sonno naturale e come tale è codificato anche per l’uomo moderno.

Il trasferimento dalle campagne verso i centri urbani, l’illuminazione delle strade e il riscaldamento centralizzato a carbone hanno comportato una modifica di questo ritmo naturale. La sera divenne dedicata alla socialità invece che al riposo, determinando la scomparsa della veglia notturna con tutti i problemi che ne derivano.

L’insonnia nel mezzo della notte, la forma più comune d’insonnia, ha iniziato ad essere interpretata come malattia, mentre in precedenza, veniva considerata qualcosa di assolutamente naturale.

Il ripristino di un sonno bifasico, arretrando ovviamente il primo addormentamento al calare del sole potrebbe avere un ruolo da verificare per il trattamento di molte malattie.

Per quanto riguarda il tempo di veglia tra i due sonni, questo spazio prezioso dovrebbe essere dedicato alla cura del sé, alla libertà dalle sofferenze della vita quotidiana e alla propria elevazione, consentendo la realizzazione di umanità anche in contesti difficili.

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Il sonno bifasico è un sistema che consente di distribuire il sonno in due o più momenti durante una giornata, anziché dormire solo durante la notte. Alcuni prediligono questo metodo per recuperare le energie, mentre altri preferiscono un’unica sessione di sonno. Ecco cosa c’è da sapere sul sonno bifasico.

La differenza tra sonno monofasico, bifasico e polifasico

A questo punto, scopriamo quali sono le differenze tra sonno bifasico, polifasico e monofasico. Il sonno bifasico è noto anche con le denominazioni di bimodale, difasico o segmentato. Come già accennato nelle righe precedenti, questa modalità di sonno viene messa in atto quando una persona ha l’abitudine di andare a dormire in due momenti separati durante la giornata. Un chiaro esempio riguarda la prospettiva di andare a dormire di notte e aggiungere un sonnellino rilassante nel corso del pomeriggio.

La maggior parte delle persone tende, come abitudine o per necessità, a fare un sonno monofasico. Questo sistema prevede un solo periodo della giornata dedicato al sonno, di solito la notte. Ovviamente, chi lavora in orari notturni è costretto a muoversi di conseguenza. In ogni caso, nell’età moderna e industrializzata, di norma le persone riescono a dormire per un arco di tempo compreso tra le sei e le otto ore.

Inoltre, è possibile affidarsi al metodo del sonno polifasico, che tende a innescarsi nelle persone in maniera automatica. La vera differenza rispetto al sonno bifasico coincide con la distribuzione dei momenti di riposo durante tutta la giornata, senza alcuno schema prestabilito. Alcuni ritengono che queste due modalità possano risultare più produttive ed efficaci rispetto al sonno monofasico, con la chance di lasciare spazio a numerose attività durante la giornata.

Tuttavia, in circostanze specifiche, il sonno bifasico può scaturire da situazioni non dipendenti dalla propria volontà. Infatti, può essere anche la manifestazione tangibile di un disturbo del sonno o di una qualsiasi disabilità. C’è chi considera sonno polifasico anche la sindrome da ciclo sonno-veglia, che colpisce persone che tendono a dormire e svegliarsi con una certa intermittenza. Un meccanismo del genere provoca un scarso senso di riposo per gran parte della giornata.

Gli esempi principali di sonno bifasico

Il sonno bifasico è molto diffuso culturalmente in Spagna e Grecia, ma ha preso piede anche in Italia. Molte persone lo trovano estremamente utile per soddisfare al meglio le loro esigenze. In linea di massima, questa tecnica può essere attuata mediante due modalità. Eccole di seguito.

  • Il primo esempio di sonno bifasico prevede un sonno di circa sei ore a notte, al quale aggiungere un sonnellino pomeridiano dalla durata di 20-30 minuti.
  • Il secondo esempio, invece, prevede un sonno di circa cinque ore a notte, con sonnellino pomeridiano di un’ora o anche un’ora e mezza.

Si pensa che un sistema del genere possa garantire una quantità maggiore di energie da distribuire lungo tutta la giornata. Ad ogni modo, la scienza è divisa su una pratica del genere e sembra non esistere una scienza esatta riguardo a un corretto sonno notturno.

Cosa pensa la scienza sul sonno bifasico

Quali sono le opinioni scientifiche riguardo al sonno bifasico e ai suoi eventuali benefici? Le ricerche non sono assolutamente concordi in merito. Alcuni esperti del settore ritengono che questa modalità garantisca benefici alla salute, mentre altri ne sottolineano i possibili danni. Secondo quanto riportato da vari articoli, diverse culture hanno scelto di adottare il modello monofasico da otto ore per adattarsi in maniera ottimale al periodo industriale.

Si dice che piccoli sonnellini pomeridiani dalla durata fino a un quarto d’ora possano incrementare le capacità cognitive. In ogni caso, l’orientamento scientifico non è ancora ben definito e gli studi sembrano contrastarsi a vicenda. Altri scienziati ritengono che sonnellini frammentati mettano a rischio lo sviluppo cognitivo dei bambini, oltre a indurre gli adulti a una carenza o una privazione del sonno stesso. Tali situazioni possono condurre a obesità, malattie cardiovascolari, difficoltà cognitive e diabete di tipo due.

Unendo tutti gli elementi, si può dire che il sonno bifasico provochi più benefici che danni. In alcune occasioni, garantisce la massima produttività quotidiana senza mettere a repentaglio il sonno notturno. Inoltre, agevola le funzioni cognitive e incrementa la lucidità. La situazione va comunque analizzata in base alla persona e l’aiuto del proprio medico curante risulta sempre opportuno. Infatti, cambiare modello di sonno senza alcun obiettivo o motivo può generare diversi rischi per la salute.


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