Anche FederSalus, l’associazione che riunisce le maggiori aziende italiane produttrici di integratori alimentari, ritiene utile la vitamina C per abbassare la pressione quando alta, lo fa segnalando una ricerca svolta dall’Università della California di Berkeley e pubblica un articolo titolato
Milano, 27 gennaio 2009 – In Italia esistono 15 milioni di ipertesi, ma almeno 3 milioni non sanno di esserlo. Le conseguenze sono allarmanti: ogni anno nel nostro Paese di pressione alta muoiono 240 mila persone (fonte World Hypertension League). Un dato che fa riflettere e che dimostra come l’ipertensione sia uno dei mali più diffusi nel XXI secolo.
Il segreto per contrastare tale patologia?
Al primo posto l’alimentazione: varia ed equilibrata, seguita da ritmi di vita che devono essere il più regolari possibile, per non affaticare l’organismo. Meglio poi integrare la propria dieta con elementi quali vitamine e sali minerali.
A questo proposito l’Osservatorio Federsalus, la federazione italiana dei produttori di prodotti salutistici, segnala un recente studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università della California di Berkeley, pubblicato voga tra i più giovani. L’aumento dell’assunzione di questi cibi ha coinciso con un miglioramento dei valori medi della pressione arteriosa».
Insomma se i giovani non vogliono vedere la loro pressione salire negli anni farebbero bene a dare la giusta attenzione alla dieta, aumentando il consumo di frutta e verdura e riducendo quello di grassi e cibi salati. Non meno importante una regolare attività fisica nonché evitare cattive abitudini, a partire dalle sigarette.
Anche un recente studio condotto in Italia ha dimostrato che un’iniezione di vitamina C può abbassare la pressione del sangue. La Dott.ssa Rosa Maria Bruno dell’Università di Pisa ha dichiarato “…la nostra ricerca ha dimostrato per la prima volta che è possibile ridurre l’iperattività del sistema nervoso simpatico e di conseguenza la pressione del sangue…”. Il sistema nervoso simpatico (SNS) è parte del sistema nervoso centrale che controlla anche la pressione sanguigna.
Lo studio ha coinvolto 12 pazienti ai quali sono stati somministrati 3 grammi di vitamina C e ai quali è stata successivamente monitorata la pressione del sangue e l’attività del SNS. I risultati dimostrano un calo dell’attività del sistema nervoso simpatico dell’11% e la pressione del sangue risulta essere diminuita del 7%.
Anche i nutrizionisti riconfermano i benefici effetti della vitamina C: “La vitamina C è una delle vitamine solubili più importanti per il nostro organismo, che però non è in grado di sintetizzarla e va quindi assunta con la dieta – premette Michele Carruba, direttore del Centro studi e ricerche sull’obesità dell’Università di Milano.
Questa vitamina non si accumula per cui per mantenere stabili i suoi livelli durante la giornata occorre assumere costantemente alimenti che la contengono, dagli agrumi alle verdure a foglia verde in generale. Se per esempio una persona assume al mattino un integratore di vitamina C, non è detto che i suoi livelli rimangano stabili per tutta la giornata.
Detto questo, non penso che gli effetti benefici dell’acido ascorbico sulla pressione sanguigna evidenziati nella ricerca siano il risultato di un effetto diretto, ma piuttosto la conseguenza di uno stile di vita più salutare. I livelli di vitamina C nel sangue potrebbero infatti essere la spia di una dieta migliore, più ricca di frutta e verdura, con evidenti ricadute sulla pressione”.
Ma dove si trova la vitamina C?
È contenuta in quantità diversa in molti alimenti tra cui kiwi, fragole, agrumi, peperoni, cavoli, crauti, malto, pomodori, verdure verdi a foglia come rucola, ma soprattutto anche se pochi lo sanno, nei peperoni piccanti e nell’uva.
Tuttavia non è affatto facile stabilire quanto ciò che mangiamo sia fresco e perciò ricco di vitamine. Spesso, infatti, l’acido ascorbico, si ossida in presenza di ossigeno. Per questa ragione viene distrutto facilmente quando è esposto all’aria o alla luce, anche se conservato in frigo. Inoltre essendo idrosolubile se ne va nei liquidi di cottura. Non solo. Il Fumo, gli effetti dell’inquinamento, l’alcool, così come lo stress sono responsabili di un consumo notevolmente maggiore di vitamina C da parte del nostro corpo.
Di recente sulla rivista Nutrition Journal
La ricerca ha dimostrato come assumere quotidianamente una ricca quantità di vitamina C aiuti ad abbassare la pressione del sangue nelle giovani donne.
Un progetto che ha coinvolto per più di dieci anni 242 ragazze di età compresa tra i 18 e i 21 anni, arruolate nel National Heart, Lung, and Blood Institute Growth and Health Study e ha mostrato che nelle donne che presentavano livelli maggiori di vitamina C nel plasma si assisteva mediamente a una riduzione di 4,66 mmHg nella pressione sistolica e di 6,04 nella pressione diastolica. Nelle ragazze, invece, che presentavano livelli più bassi di vitamina C è stato evidenziato il fenomeno opposto, ovvero un aumento nei valori pressori.
Che la prevenzione dell’ipertensione parta dallo stile di vita e, nel caso specifico, da una corretta educazione alimentare lo sottolineano anche alcune considerazioni degli autori della ricerca: «Nel corso dello studio – segnala la ricercatrice Gladys Block – uno degli obiettivi è stato quello di educare le ragazze a una corretta alimentazione: la loro dieta è stata arricchita con frutta e verdura che, generalmente, non sono alimenti molto in voga tra i più giovani.
L’aumento dell’assunzione di questi cibi ha coinciso con un miglioramento dei valori medi della pressione arteriosa». Insomma se i giovani non vogliono vedere la loro pressione salire negli anni farebbero bene a dare la giusta attenzione alla dieta, aumentando il consumo di frutta e verdura e riducendo quello di grassi e cibi salati. Non meno importante una regolare attività fisica nonché evitare cattive abitudini, a partire dalle sigarette.
Anche un recente studio condotto in Italia ha dimostrato che un’iniezione di vitamina C può abbassare la pressione del sangue.
La Dott.ssa Rosa Maria Bruno dell’Università di Pisa ha dichiarato
“…la nostra ricerca ha dimostrato per la prima volta che è possibile ridurre l’iperattività del sistema nervoso simpatico e di conseguenza la pressione del sangue…”. Il sistema nervoso simpatico (SNS) è parte del sistema nervoso centrale che controlla anche la pressione sanguigna.
Lo studio ha coinvolto 12 pazienti ai quali sono stati somministrati 3 grammi di vitamina C e ai quali è stata successivamente monitorata la pressione del sangue e l’attività del SNS.
I risultati dimostrano un calo dell’attività del sistema nervoso simpatico dell’11% e la pressione del sangue risulta essere diminuita del 7%.
Anche i nutrizionisti riconfermano i benefici effetti della vitamina C:
“La vitamina C è una delle vitamine solubili più importanti per il nostro organismo, che però non è in grado di sintetizzarla e va quindi assunta con la dieta – premette Michele Carruba, direttore del Centro studi e ricerche sull’obesità dell’Università di Milano.
Questa vitamina non si accumula per cui per mantenere stabili i suoi livelli durante la giornata occorre assumere costantemente alimenti che la contengono, dagli agrumi alle verdure a foglia verde in generale. Se per esempio una persona assume al mattino un integratore di vitamina C, non è detto che i suoi livelli rimangano stabili per tutta la giornata.
Detto questo, non penso che gli effetti benefici dell’acido ascorbico sulla pressione sanguigna evidenziati nella ricerca siano il risultato di un effetto diretto, ma piuttosto la conseguenza di uno stile di vita più salutare. I livelli di vitamina C nel sangue potrebbero infatti essere la spia di una dieta migliore, più ricca di frutta e verdura, con evidenti ricadute sulla pressione”.
Ma dove si trova la vitamina C?
È contenuta in quantità diversa in molti alimenti tra cui kiwi, fragole, agrumi, peperoni, cavoli, crauti, malto, pomodori, verdure verdi a foglia come rucola, ma soprattutto anche se pochi lo sanno, nei peperoni piccanti e nell’uva.
Tuttavia non è affatto facile stabilire quanto ciò che mangiamo sia fresco e perciò ricco di vitamine. Spesso, infatti, l’acido ascorbico, si ossida in presenza di ossigeno. Per questa ragione viene distrutto facilmente quando è esposto all’aria o alla luce, anche se conservato in frigo. Inoltre essendo idrosolubile se ne va nei liquidi di cottura. Non solo. Il Fumo, gli effetti dell’inquinamento, l’alcool, così come lo stress sono responsabili di un consumo notevolmente maggiore di vitamina C da parte del nostro corpo.
Juraschek SP 1 , Guallar E , Appel LJ , Miller ER 3rd .
Johns Hopkins School of Medicine, Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health e Welch Center for Prevention, Epidemiology e Clinical Research, Johns Hopkins Medical Institutions, Baltimora, MD 21205, USA.
Astratto
SFONDO:
Negli studi osservazionali, l’assunzione aumentata di vitamina C, l’integrazione di vitamina C e le più alte concentrazioni ematiche di vitamina C sono associate a una pressione sanguigna più bassa (PA). Tuttavia, l’evidenza di effetti che abbassano la pressione sanguigna della vitamina C negli studi clinici è incoerente.
OBBIETTIVO:
L’obiettivo era condurre una revisione sistematica e una meta-analisi di studi clinici che esaminassero gli effetti dell’integrazione di vitamina C sulla Pressione Arteriosa.
DESIGN:
Abbiamo cercato i database Medline, EMBASE e Central dal 1966 al 2011. I criteri di inclusione prespecificati erano i seguenti:
- uso di un progetto di prova controllato randomizzato;
- gli effetti riferiti dallo studio sulla pressione sistolica (SBP) o diastolica (DBP) o entrambi;
- prova utilizzata vitamina C orale e gruppi di controllo concomitanti; e
- la prova ha avuto una durata minima di 2 sett. Gli effetti della PA erano raggruppati in modelli a effetti casuali, con prove ponderate per varianza inversa.
RISULTATI:
Ventinove studi hanno soddisfatto i criteri di ammissibilità per l’analisi primaria.
La dose mediana era di 500 mg/die, (n.d.r. troppo pochi!!) la durata mediana era di 8 sett. E le dimensioni del test andavano da 10 a 120 partecipanti. Le variazioni aggregate in SBP e DBP erano di -3,84 mm Hg (IC 95%: -5,29, -2,38 mm Hg; P <0,01) e -1,48 mm Hg (IC 95%: -2,86, -0,10 mm Hg; P = 0,04 ), rispettivamente. Negli studi condotti su partecipanti ipertesi, le corrispondenti riduzioni di SBP e DBP erano di -4,85 mm Hg (P <0,01) e -1,67 mm Hg (P = 0,17). Dopo l’inclusione di 9 studi con effetti BP imputati, gli effetti della PA sono stati attenuati ma sono rimasti significativi.
CONCLUSIONI:
Vitamina C e malattie cardiovascolari: un aggiornamento
Astratto
I potenziali effetti benefici delle proprietà antiossidanti della vitamina C sono stati studiati in una serie di condizioni patologiche. In questa recensione, valutiamo studi clinici e preclinici che valutano il ruolo della vitamina C nei disturbi cardiaci e vascolari, tra cui malattia coronarica, insufficienza cardiaca, ipertensione e malattie cerebrovascolari. Vengono anche discusse le insidie e le controversie nelle indagini sulla vitamina C e sui disturbi cardiovascolari.
Fisiologia della vitamina C
La vitamina C è una sostanza simile ai carboidrati isolata per la prima volta nel 1928 da Albert Szent-Györgyi da cavoli, paprika e ghiandole surrenali di alcuni animali [ 1 , 2 ]; in seguito si scoprì che era identico al fattore antiscorbutico che era stato isolato dal succo di limone da Sylvester Solomon Zilva nel 1924 [ 3 ]. Originariamente chiamato “acido esuronico” da Györgyi, l’attuale denominazione di vitamina C fu proposta nel 1933 da Walter Norman Haworth [ 4 , 5 ].
Tra le funzioni ampiamente biologiche in cui è coinvolta la vitamina C, come potente antiossidante e scavenger di radicali, protegge i costituenti cellulari dallo stress ossidativo, mediato dalle specie reattive dell’ossigeno (ROS) e dai radicali liberi [ 6 , 7 , 8 ]. Inoltre, il potenziale redox della vitamina C consente il mantenimento della riduzione e la rigenerazione di altri antiossidanti, tra cui glutatione e α – tocoferolo (vitamina E) [ 9 , 10 , 11 ]. È inoltre necessario per la sintesi di diverse biomolecole cruciali poiché funge da cofattore degli enzimi monoossigenasi e diossigenasi [ 12]. Le reazioni enzimatiche vitamina C-dipendenti sono coinvolte nella biosintesi del collagene e nella secrezione di procollagene cellulare, L-carnitina, norepinefrina, epinefrina e per la regolazione della biosintesi di altre molecole [ 13 , 14 ]. Inoltre, l’assunzione di vitamina C da alimenti o integratori può aumentare la biodisponibilità del ferro migliorando l’assorbimento del ferro non eme [ 15 , 16 , 17 , 18 ].
Farmacocinetica e biodisponibilità della vitamina C
La vitamina C è un lattone (C 6 H 8 O 6 ) e può esistere sia in forma ridotta che ossidata: acido L-ascorbico (forma ridotta) e acido deidro-L-ascorbico (forma ossidata), come mostrato inFigura 1. I suoi gruppi idrossilici si trovano nelle posizioni 2 e 3 ionizzano con valori di pK di 4,17 e 11,57. Sebbene entrambe le forme siano biologicamente attive [ 37 , 38 ], nella maggior parte dei fluidi corporei, la vitamina C ridotta è principalmente presente come anione ascorbato [ 39 , 40 , 41 ]. A causa delle sue dimensioni e della sua carica, l’ascorbato non penetra facilmente nel doppio strato lipidico [ 42 , 43 , 44 ]. La maggior parte dell’assorbimento intestinale, della distribuzione tissutale e del riassorbimento renale è mediato dai trasportatori della vitamina C dipendenti dal Na + (SVCT1 e SCVT2), che co-trasportano Na +e ascorbato attraverso le membrane: SVCT1 è ampiamente distribuito, mentre SVCT2 è l’isoforma principale nella ghiandola surrenale e nell’occhio
La vitamina C ingerita viene assorbita principalmente attraverso l’epitelio intestinale dai trasportatori di membrana nella membrana del bordo della spazzola apicale, o come ascorbato tramite i trasportatori SVCT o come acido deidroascorbico attraverso la diffusione facilitata tramite i trasportatori GLUT1 o GLUT3 [ 56 , 57 , 58 ]; una volta all’interno della cellula, l’acido deidroascorbico viene quindi convertito in ascorbato o trasportato nel flusso sanguigno da GLUT1 e GLUT2 nella membrana basolaterale. Nello specifico, SVCT1 si trova principalmente sulla membrana apicale degli enterociti mentre SVCT2 è espressa sulla superficie basolaterale [ 59 , 60 , 61 , 62 , 63 , 64]. SVCT1 è presente anche nell’epitelio dei tubuli renali prossimali [ 50 ], dove orchestra il riassorbimento attivo dell’ascorbato nei reni. Un modello murino privo di SVCT1 ha mostrato un’escrezione frazionata renale significativamente aumentata (18 volte), sebbene l’assorbimento intestinale non fosse ridotto [ 65 ], indicando che il riassorbimento della vitamina C mediato da SVCT1 renale è cruciale nel determinare la sua omeostasi sistemica.
La farmacocinetica non lineare e la compartimentazione unica della vitamina C a livelli fisiologici [ 50 , 66 , 67 , 68 , 69 ] possono essere principalmente attribuite alle differenze tra gli organi in termini di espressione, dipendenza dalla concentrazione e affinità del substrato dei trasportatori SVCT e GLUT [ 49 , 57 , 60 , 61 , 62 , 70 , 71 , 72 ]. A differenza della somministrazione orale, la somministrazione parenterale di vitamina C bypassa il meccanismo di trasporto saturabile che regola il suo assorbimento intestinale [ 73 , 74]. Tuttavia, la somministrazione endovenosa di vitamina C è una modalità di somministrazione poco pratica e comporta rischi di disagio, infezione e flebite. Pertanto, sono state proposte modalità alternative di somministrazione efficace della vitamina C, con l’obiettivo finale di migliorarne la biodisponibilità. A questo proposito, il consumo orale di vitamina C incapsulata nei liposomi può essere promettente. I liposomi sono costituiti da uno o più doppi strati fosfolipidici concentrici simili a membrane che incapsulano un compartimento acquoso [ 75 , 76 , 77 , 78 ]. La dimensione di queste vescicole lipidiche può variare da pochi nanometri a diversi micrometri; i liposomi specificamente applicati per uso medico variano tra 50 e 450 nm [ 78 , 79 ,80 , 81 ].
I liposomi sembrano essere un ideale sistema di trasporto di farmaci, poiché la loro morfologia è simile a quella delle membrane cellulari e per la loro capacità di incorporare varie sostanze, comprese le molecole idrofile. Di conseguenza, diversi studi hanno indicato che i liposomi sono molto utili per fornire vitamina C.
Ad esempio, Davis e colleghi hanno valutato i livelli plasmatici di vitamina C per via orale, endovenosa e liposomiale, dimostrando che la vitamina C liposomiale ha una maggiore biodisponibilità rispetto alla vitamina C non liposomiale, evitando i rischi associati alla somministrazione endovenosa [ 116 ]. Un altro studio recente ha dimostrato che la vitamina C liposomiale aumenta la concentrazione di vitamina C nel sangue quasi raddoppiando la concentrazione ottenibile tramite la forma non liposomiale [ 117 ]. Questi risultati implicano che i liposomi potrebbero essere un eccellente vettore per la vitamina C per raggiungere livelli ematici elevati.
Effetti cardiovascolari della vitamina C: prove pre-cliniche
Una grave carenza di vitamina C porta a una malattia ben consolidata, nota come scorbuto, una condizione patologica caratterizzata da sanguinamento, scarsa guarigione delle ferite, perdita di capelli e denti, dolori articolari e fragilità ossea [ 4 ]. Sebbene lo scorbuto sia una malattia mortale se non trattata tempestivamente, in diversi studi clinici bassi livelli di vitamina C (valutati mediante assunzione alimentare o analisi del plasma) sono stati associati a una serie di condizioni, tra cui ipertensione (PA), disfunzione endoteliale, malattie cardiache, aterosclerosi e ictus.
Diversi studi preclinici hanno studiato il ruolo della vitamina C nella protezione cardiaca e vascolare e nel miglioramento delle condizioni patologiche. Nel 1999, Heller e collaboratori hanno dimostrato che l’acido ascorbico potenzia la sintesi dell’ossido nitrico (NO) in cellule endoteliali umane coltivate, un meccanismo che può preservare i vasi da alterazioni del tono miogenico (vasocostrizione), aterosclerosi e anomalie della coagulazione [ 122 ].
Huang et al., Nel 2000, hanno riportato effetti simili sulla bioattività dell’NO sintasi (eNOS) derivata dall’endotelio, attraverso l’aumento del contenuto di tetraidrobiopterina intracellulare nelle cellule endoteliali dell’aorta suina [ 123]. Questi risultati sono stati poi confermati da Baker et al., Che hanno riportato un significativo aumento dell’attività enzimatica di eNOS nelle cellule endoteliali della vena ombelicale umana (HUVEC) trattate con vitamina C, a seguito dell’aumento del cofattore eNOS tetraidrobiopterina [ 124 ].
Simili effetti protettivi della vitamina C sulle funzioni endoteliali vascolari sono stati riportati nel 2002 da d’Uscio et al., Che hanno osservato che l’integrazione con ascorbato aumenta l’attività della tetraidrobiopterina e dell’eNOS nelle aorte di topi con deficit di apoE e di controllo [ 125 ]. Ulteriori prove della protezione endoteliale derivata dalla vitamina C e dalla tetraidrobiopterina sono state fornite in seguito da Yan et al., Che hanno riportato in un modello di ratto che la co-integrazione orale di vitamina C con tetraidrobiopterina e L-arginina aumenta significativamente la perfusione vascolare dopo l’ischemia degli arti posteriori aumentando Attività di eNOS e riduzione dello stress ossidativo e della necrosi dei tessuti [ 126 ].
Nel 2003, Ülker e collaboratori hanno riferito che l’incubazione di aorte da ratti spontaneamente ipertesi con diverse concentrazioni di vitamina C (da 10 a 100 μmol / L) ha migliorato la funzione endoteliale, ridotto l’attività dell’ossidasi NAD (P) H, nonché la produzione di superossido e aumentato Attività di eNOS e generazione di NO ai livelli osservati nelle aorte di ratto di controllo [ 127 ].
Queste osservazioni sono state confermate da Ladurner et al., Che hanno scoperto che l’ascorbato attiva rapidamente eNOS in HUVEC e ha immortalato cellule endoteliali umane, attraverso un’aumentata fosforilazione dose-dipendente di eNOS-Ser 1177 e una concomitante diminuzione della fosforilazione in eNOS-Thr 495 [ 128 ], un pattern di fosforilazione altamente indicativo di una maggiore attività di eNOS [ 129 ].
Il glutatione nella sua forma ridotta (GSH) svolge un ruolo cruciale nella protezione delle cellule dal danno ossidativo, nonché nel mantenimento dell’omeostasi redox cellulare [ 130 , 131]. Il GSH è essenziale per la funzione fisiologica della vitamina C perché è richiesto in vivo per la riduzione del deidroascorbato nelle cavie, incapaci di sintetizzare l’ascorbato [ 132 ]; inoltre, la carenza di GSH nei topi adulti stimola la sintesi di ascorbato nel fegato [ 132 ]. Questi risultati suggeriscono fortemente la presenza di una ridondanza metabolica e una sovrapposizione nelle funzioni di questi due importanti antiossidanti [ 133 ].
Mentre livelli ottimali di vitamina C plasmatica possono essere fondamentali per mantenere il glutatione nella sua forma ridotta, risparmiandolo dall’esaurimento [ 134 , 135 ], l’incremento del glutatione ossidato (GSSG) nel cuore, con la conseguente riduzione del GSH / GSSG ratio, potrebbe portare ad aritmie ventricolari attraverso meccanismi che includono la depolarizzazione mitocondriale nei cardiomiociti [ 136 ].
Nel complesso, queste osservazioni indicano che la vitamina C non esercita la sua funzione antiossidante solo attraverso l’interazione diretta con i ROS ma anche tramite il mantenimento della regolazione redox aumentando i livelli di altri spazzini dei radicali cellulari.
5. Vitamina C e malattie cardiache
Vari studi clinici hanno indagato l’associazione tra integrazione di vitamina C e rischio di malattie cardiovascolari (CVD), insufficienza cardiaca (HF), malattia coronarica (CHD) e altri eventi cardiaci avversi maggiori (Tabella 1 e Tavolo 2), producendo spesso risultati opposti.
Nel 1993, Rimm et al. ha pubblicato uno studio di coorte condotto su 39.910 operatori sanitari statunitensi privi di malattia coronarica o altre condizioni metaboliche diagnosticate al momento dell’arruolamento, e ha valutato mediante questionari dietetici l’assunzione di vitamina C, vitamina E e carotene, dimostrando che la vitamina C (1162 mg / giorno) non lo era associata a un minor rischio di CHD durante un follow-up di 4 anni [ 137 ].
Tuttavia, nel 2003, uno studio condotto su 85.118 infermiere, sulla base di un questionario sulla frequenza alimentare e utilizzando modelli multivariati per adeguarsi all’età, al fumo e ad altri fattori di rischio cardiovascolare, ha indicato che l’assunzione di integratori di vitamina C era associata a un minor rischio di CHD durante i 16 anni di follow-up [ 138 ].
Questi risultati sono stati confermati nel 2004 in un’analisi aggregata di nove studi prospettici di coorte, dimostrando che l’integrazione di vitamina C (≥700 mg / die) era inversamente associata al rischio di malattia coronarica durante un follow-up medio di 10 anni [ 152 ].
Al contrario, nello stesso anno, uno studio di coorte prospettico (follow-up di 15 anni) (Iowa Women’s Health Study Cohort) ha trovato un’associazione positiva tra mortalità per CHD e supplementazione di vitamina C (≥300 mg / die), valutata attraverso il cibo -questionari di frequenza nelle donne diabetiche in postmenopausa [ 153 ].
Nel 2008, una meta-analisi basata su 14 studi, per un totale di 374.488 individui con un follow-up mediano di ~ 10 anni, ha concluso che la vitamina C nella dieta ha un’associazione inversa con il rischio di CHD, mentre l’assunzione di integratori di vitamina C non ha associazione significativa con il rischio di CHD [ 154 ].
Un altro ampio studio prospettico di coorte condotto per un follow-up mediano di 16,5 anni ha trovato un’associazione inversa tra l’assunzione di vitamina C nella dieta determinata da un questionario sulla frequenza alimentare e la mortalità per malattia coronarica nelle donne giapponesi senza anamnesi di CVD o cancro [ 155].
Nel 2013, una meta-analisi che ha valutato 15 studi per un totale di 188.209 soggetti ha rilevato che la vitamina C (in un intervallo da 120 a 1000 mg) in associazione con vitamina E e beta-carotene non ha avuto effetti significativi sulla malattia coronarica e sugli eventi cardiovascolari maggiori [ 156 ].
Prese insieme, queste analisi indicano che l’associazione tra l’assunzione di vitamina C e il rischio di CHD rimane controversa, con un’associazione variabile a seconda della fonte di vitamina C. i livelli nel sangue non sono lineari, quindi non è opportuno estrapolare i livelli di vitamina C dai questionari sull’assunzione di cibo e sono necessari valori accertati tramite analisi del sangue.
La migliore accuratezza della quantificazione dei livelli di vitamina C dai campioni di sangue rispetto ai questionari sulla frequenza degli alimenti è ulteriormente confermata dall’analisi dei risultati dello studio European Investigation into Cancer and Nutrition (EPIC) -Norfolk, uno studio prospettico che indaga la relazione tra vitamina C e scompenso cardiaco incidente in 20.299 adulti sani.
Dopo un follow-up mediano di ~ 12,8 anni, l’ascorbato è stato inversamente associato a casi incidenti di SC; in particolare, ogni aumento di 20 μmol/L della concentrazione plasmatica di vitamina C era associato a un rischio ridotto del 9% di scompenso cardiaco.
È interessante notare che in questo studio l’assunzione alimentare era la fonte primaria di vitamina C come valutata dal questionario sulla frequenza degli alimenti; tuttavia, i ricercatori non hanno trovato un’associazione significativa tra il consumo segnalato di frutta e verdura e un minor rischio di scompenso cardiaco. Pertanto, i questionari alimentari sono inadeguati per stabilire i livelli esatti di vitamina C di un individuo, quindi è ragionevole considerare i campioni di sangue come una fonte più affidabile.
Nel 2007, lo studio clinico Women Antioxidant Cardiovascular Study ha testato gli effetti della vitamina C, insieme al beta carotene e alla vitamina E, sull’esito combinato di infarto miocardico, rivascolarizzazione coronarica o morte cardiovascolare tra 8171 professionisti sanitari di sesso femminile di età pari o superiore a 40 anni, con una storia di CVD o almeno tre fattori di rischio CVD, seguita per ~ 9,4 anni; lo studio non ha rilevato effetti significativi dell’acido ascorbico (500 mg/die) sugli eventi cardiovascolari.
Allo stesso modo, il Physicians Health Study II (PHS II), un ampio studio condotto su 14.641 soggetti maschi, inclusi 754 uomini (5,1%) con CVD prevalente alla randomizzazione, ha rivelato che la vitamina C (500 mg / die) per circa 8 anni di follow-up -up non ha avuto effetti significativi sulla mortalità cardiovascolare.
Nel 2017, una meta-analisi di otto studi randomizzati controllati con un totale di 15.445 partecipanti, ha trovato prove incoerenti o di bassa qualità (declassate) per una correlazione tra l’integrazione di vitamina C e gli eventi cardiovascolari maggiori o la mortalità cardiovascolare.
Alla luce dei risultati contraddittori qui discussi, sembra che siano necessari studi di migliore qualità per esaminare gli effetti della vitamina C sugli endpoint cardiovascolari, in particolare nei partecipanti con diversi rischi di CVD. Inoltre, i partecipanti allo studio dovrebbero essere testati per escludere il contributo da carenze singole o multiple di micronutrienti, poiché la carenza di vitamina C è comunemente accompagnata da altre carenze di micronutrienti e associata ad altri aspetti confondenti, inclusa una dieta di scarsa qualità [ 32 , 158 ].
7. Conclusioni
I dati preclinici e clinici disponibili in letteratura mostrano che la vitamina C svolge un ruolo fondamentale in una serie di processi coinvolti nella patogenesi della CVD. Tuttavia, si devono prendere in considerazione importanti limitazioni quando si interpretano i risultati degli studi che indagano gli effetti della vitamina C sulla salute umana; ad esempio, i metodi di valutazione dietetica come questionari o diari alimentari mancano di precisione e accuratezza e non abbracciano altre condizioni che possono influenzare i livelli di vitamina C e l’omeostasi; pertanto, questi approcci sono inadeguati per accertare lo stato accurato della vitamina C di un individuo. D’ora in poi, è ragionevole considerare i campioni di sangue come indicatori più affidabili.
Altrettanto importante, il livello plasmatico di vitamina C può fluttuare considerevolmente a seguito dell’ingestione di cibo o integratori. Di conseguenza, le informazioni più affidabili e praticamente disponibili sullo stato della vitamina C possono essere ottenute solo da campioni di sangue prelevati a digiuno.
L’ascorbato viene rapidamente ossidato ex vivo ei prodotti di ossidazione risultanti vengono rapidamente metabolizzati o degradati [ 38], quindi, per ottenere concentrazioni di vitamina C valide e costanti, è essenziale una gestione scrupolosa del campione. Inoltre, l‘uso della vitamina C liposomiale dovrebbe essere preferito ad altre forme poiché i liposomi potrebbero essere un eccellente vettore per la vitamina C per raggiungere livelli ematici elevati.
Pertanto, sono necessari ulteriori studi per chiarire se l’integrazione di vitamina C è effettivamente efficace nella prevenzione o nella cura della CVD. In particolare, sono necessari studi clinici prospettici randomizzati in ampie popolazioni per definire meglio la dose migliore, la via di somministrazione ideale, i target ottimali, nonché il contributo dell’integrazione alimentare di altri elementi antiossidanti; per avere dati standardizzati e riproducibili sarà importante valutare lo stato della vitamina C utilizzando campioni di sangue ottenuti da individui a digiuno.
Altri metodi per tenere sotto controllo l’aumento della Pressione arteriosa è la dieta
Le bevande zuccherate fanno aumentare la pressione sanguigna
Liberatoria (Disclaimer)
Dichiarazione di non responsabilità: questo articolo non è destinato a fornire consulenza medica, diagnosi o trattamento.
Vitamineral non si assume responsabilità per la scelta degli integratori proposti eventualmente nell’articolo.