Lockdown inutile: studio dell’Istituto Superiore di Sanità lo aveva previsto già nel 2006

Studio dell’ISS effettuato allo scopo di realizzare il piano pandemico nazionale, che dimostra l’inefficacia della misura della sola quarantena (lockdown) a prevenire la diffusione del virus influenzale.
Il modello ha previsto l’introduzione di misure restrittive attraverso:

  • chiusura delle scuole per 3 settimane, con una riduzione del 75% dei contatti tra bambini e ragazzi della stessa età;
  • chiusura degli uffici pubblici non legati ai servizi essenziali e di pubblica utilità per 4 settimane, con una riduzione del 16% dei contatti tra persone in età lavorativa (19-64
    Anni);
  • introduzione di misure di restrizione per cinema, teatri, palestre, chiese e altri luoghi di culto per 8 settimane, con una riduzione del 50% dei contatti al di fuori dell’ambiente scolastico o lavorativo.

È stato ipotizzato che le tre misure di quarantena sopra descritte vengano attivate contemporaneamente, stimando il loro effetto a seconda che siano avviate rispettivamente dalla seconda, quarta o ottava settimana a partire dalla comparsa dei primi casi in italia.

I risultati in tabella: nessuna riduzione del contagio significativa.


Riportiamo le conclusioni dello studio, ma è impressionante leggere a distanza di 14 anni dallo studio suddetto, da quanto tempo stanno studiando le misure restrittive dei piani pandemici, i virus, le probabili vaccinazioni e persino il tipo di vaccino antigenico.

Dal grafico sopra si evince che ad ogni inizio delle chiusure non si rilevato nessuna variazione significativa della curva pandemica.

CONCLUSIONI dello studio dell’ISS – © Istituto Superiore di Sanità 2006

In caso di emergenza di un virus influenzale pandemico, sono ipotizzabili molti scenari di diffusione, che dipendono da una serie di fattori imprevedibili (stagionalità, trasmissibilità del virus e origine geografica della pandemia); pertanto un’accurata e dettagliata previsione di quello che potrà accadere in corso di pandemia risulta essere molto complessa.

D’altra parte, i modelli matematici sono largamente usati per prevedere l’impatto di una possibile pandemia e dipendono strettamente dai parametri adottati. La maggioranza degli studi condotti finora hanno utilizzato stime di R0 e tassi di attacco cumulativi derivati dalle tre pandemie verificatesi durante il ventesimo secolo; in accordo con la letteratura, abbiamo quindi ipotizzato un R0 di 1.8, e un tasso di attacco cumulativo del 35% (32).

Come atteso, l’andamento temporale della pandemia da noi ottenuto è simile a quanto ottenuto da altri studi basati su modelli SEIR a livello mondiale (15) o di singole nazioni (14;31), nonché a modelli su base individuale (17;18).

Va inoltre sottolineato che la maggioranza dei modelli SEIR di diffusione pandemica messi a punto finora non tengono conto della componente stocastica, che costituisce un ulteriore punto di forza del modello. L’aver introdotto l’approccio stocastico per introdurre l’effetto della variabilità nel modello, rappresenta, infatti, un fattore del tutto innovativo che permette di predire la variabilità del fenomeno, e consente di calcolare anche i percentili, che aiutano a consolidare le conoscenze acquisite. Va osservato che la stocasticità introdotta nel modello è quella intrinseca dovuta alle fluttuazioni casuali del numero di nuove infezioni avvenute.

Non abbiamo considerato invece diverse ipotesi sul valore dei parametri, che aggiungerebbero una notevole variabilità alle previsioni sull’andamento di una futura pandemia. In assenza di interventi, il picco epidemico verrebbe raggiunto in Italia dopo circa quattro mesi dalla importazione dei primi casi, e, ipotizzando che la diffusione avvenga in un’unica ondata, l’epidemia si estinguerebbe nell’arco di circa 7 mesi.

Di fatto, l’esperienza europea e nazionale delle precedenti pandemie mostra che l’influenza si è diffusa in due ondate, che hanno interessato due stagioni invernali, con il maggiore impatto durante la seconda (33). Tale effetto è probabilmente il risultato dell’applicazione di una quarantena naturale legata alla chiusura delle scuole alla fine di maggio 1968. Quindi, lo scenario di diffusione ottenuto con questo modello, in cui non ci sono interruzioni, rappresenta il caso peggiore (worst case), e ben consente di valutare l’impatto dei possibili interventi (14).

Questo modello rappresenta, infatti, la prima valutazione nazionale di intervento; un precedente studio aveva, infatti, previsto la situazione italiana esclusivamente in termini di impatto (stima dei casi attesi, dei decessi correlati, dei ricoveri ospedalieri e delle visite mediche richieste) (34), ipotizzando che l’andamento temporale della pandemia fosse uguale a quello della stagione influenzale 2004-2005, con una durata complessiva di circa 3 mesi. Per quel che riguarda le possibilità di prevenzione, abbiamo applicato al modello gli interventi previsti dal Piano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzale (22).

Abbiamo inoltre preso in considerazione l’utilizzo di un vaccino basato su un ceppo influenzale antigenicamente simile al pandemico, disponibile in tempi più rapidi e in grado di conferire una protezione verso quest’ultimo. Il risultato principale scaturito dalle simulazioni è la necessità di combinare tra di loro le diverse strategie. Infatti, nessuno degli interventi utilizzati individualmente è risultato davvero efficace nel contenere la pandemia, visto che il tasso di attacco cumulativo diminuisce, nella migliore delle ipotesi (cioè l’associazione del vaccino pre-pandemico e pandemico), dal 35% al 24%.

Al contrario, associando tutte le misure e utilizzando il vaccino pre-pandemico, il tasso di attacco si riduce al 10%, simile, quindi, a quanto osservato durante le epidemie stagionali.

https://tinyurl.com/5ftucejf

Riferimenti

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