Supponiamo il caso che abbiate bisogno di ristrutturare casa o costruire un muro e che vi servissero tecnici e specialisti della costruzione, ingegnieri, geometri e muratori e scopriste che questi professionisti avessero a disposizione strumenti di misurazione mal tarati o non funzionanti, vi fidereste a fargli ristrutturare o costruire la vostra casa?
Questo è quello che sta succedendo nel mondo dal 2020 e da un anno a questa parte.
Una pandemia che misura i contagi attraverso un tampone basato su un metodo fallace che da il risultato di molti falsi positivi.
Continuiamo in tanti a dirlo che il test alla PCR non è efficace per diagnosticare il Coronavirus, persino l’ideatore del test, purtroppo deceduto poco prima della pandemia, guarda un pò, lo diceva che non era da usare per fare diagnosi virale, ma… “Show must go on”…
Imperterriti aspettiamo che il castello di carta cadrà prima o poi.
Il test PCR spiegato facile, e perchè i tamponi sono fuorvianti
Quando si tratta di scienza, o di matematica e finanza, mentire diventa un pochino più difficile e quindi si preferisce usare un’altra tecnica: la complicazione ed il mascheramento dietro a concetti fatti passare come troppo ostici, inarrivabili, in modo che il cittadino normale, sentendosi inadeguato, preferisca affidarsi ai cosiddetti “esperti” (chi non ha avuto problemi con la matematica o la chimica a scuola?)
Voglio quindi rendere molto semplice, e alla portata di tutti (basta che abbiate dimestichezza con la moltiplicazione per 2) il funzionamento del test PCR, perchè possiate capire quanto è facile imbrogliare l’uomo della strada (per non dire la casalinga di Voghera) rendendo complicate cose che si possono invece spiegare semplicemente.
La storia: PCR sta per Polymerase Chain Reaction, reazione a catena dei polimeri, che fu scoperta negli anni ’70 da Kary Mullis, che vinse addirittura il premio Nobel per la sua “invenzione“.
In parole semplici si tratta di una tecnica per “amplificare” frammenti di DNA in modo da poter disporre di maggiori quantità degli stessi, una sorta di “fotocopiatrice“.
Come spiegato più diffusamente in questo articolo, il DNA viene sottoposto a più cicli di riscaldamento e raffreddamento durante i quali la catena si “apre“, e le due parti della scala (la famosa scala attorcigliata del DNA) si ricombinano per riformare due elementi (a partire dal singolo originale) della stessa sequenza di DNA. Una fotocopia, una moltiplicazione per due di un frammento iniziale, insomma.
Ora, al di là dei meccanismi per cui questo avviene, credo che la cosa più interessante sia la matematica. Se prendiamo un numero qualsiasi e lo moltiplichiamo per 2 per un certo numero di volte, il risultato finale dipenderà ovviamente dal numero di volte in cui questa operazione è stata effettuata. Giusto per dare un po’ di tappe intermedie, possimo ricordare le potenze di 2:
- 2 X 2 = (2 alla 2) =4
- 2 X 2 X 2 = (2 alla 3) = 8
- 2 X 2 X 2 X 2 = (2 alla 4) = 16
- …
- 2 alla 10 = 1024
- 2 alla 20 = 1 Milione
- 2 alla 30 = 1 Miliardo
- 2 alla 40 = 1000 Miliardi
Quindi, se il numero di cicli supera i 30, anche qualunque sostanza si trovasse all’interno del campione da misurare in parti inferiori al miliardesimo, si potrebbe ritrovare nel risultato finale. E siccome il numero di cicli non è un parametro univoco, ma anzi varia da laboratorio a laboratorio (chi ne fa 30, chi 35, chi 40, di cicli), e da stato a stato, quale significato può avere un test che rintraccia la presenza di sostanze dopo una amplificazione che porta ad un aumento di 1000 miliardi di volte un campione iniziale? Forse è per questo che lo stesso premio Nobel Kary Mullis sosteneva che la tecnologia PCR NON doveva essere usata a fini diagnostici, e testimoniò anche in un famoso processo per omicidio, per sostenere appunto l’inefficacia di tale tecnologia?
Il test PCR non dà risultati univoci. Dipende dal numero di test effettuati, dalla preparazione dei campioni, dalla purezza dei composti, ecc. Ricordate quando il presidente dell’Uganda mandò tamponi di Papaye e altre piante, e i laboratori restituirono risultati positivi?
Ora, se pensate al terrorismo mediatico alimentato dalla positività dei tamponi (eh già, non essendoci più malati si è scatenata la caccia all’asintomatico, nuova definizione di malato/untore da cui guardarsi bene), capirete perchè è importante capire questa cosa:
il tampone PCR non ha alcuna validità scientifica per determinare la presenza o meno di un “presunto” virus
(visto poi che questo virus non è mai stato isolato e purificato ufficialmente) .
Ma questo non gli ha impedito di chiuderci a casa per mesi e mandare a gambe all’aria un’intera economia.
Lo studio
COVID19 PCR Tests are Scientifically Meaningless
I test PCR COVID19 sono scientificamente privi di significato
Sebbene tutto il mondo si affidi alla RT-PCR per “diagnosticare” l’infezione da Sars-Cov-2, la scienza è chiara: non sono adatte allo scopo
Da Torsten Engelbrecht e Konstantin Demeter
I blocchi e le misure igieniche in tutto il mondo si basano sul numero di casi e sui tassi di mortalità creati dai cosiddetti test SARS-CoV-2 RT-PCR utilizzati per identificare i pazienti “positivi”, per cui “positivo” è solitamente equiparato a “infetto”. “
Ma guardando da vicino i fatti, la conclusione è che questi test PCR sono privi di significato come strumento diagnostico per determinare una presunta infezione da un presunto nuovo virus chiamato SARS-CoV-2.
continua a leggere l’articolo qui
Coronavirus, quando la scienza contraddice sè stessa
Riporto una semplice ma interessante osservazione dell’amico Daniele di Luciano sul fatto che i contagi (termine da predere sempre con le pinze, perchè, nell’immaginario collettivo induce a pensare a malati, quando questo è tutt’altro che vero) sono aumentati di più nel periodo di “lockdown” (=arresti domiciliari e precauzioni al massimo) che non adesso, periodo di relativa libertà e socialità ritrovata.
Così come anche nella teoria HIV -> AIDS, che fa acqua da tutte le parti, anche qui si vuole, da una parte, zittire i critici e gli oppositori con la parola “scienza“, dall’altra non ci si preoccupa di essere coerenti con la stessa scienza (che, come sapete, io non condivido in particolare nella parte relativa a germi, batteri e virus, ma che almeno, per essere credibile, dovrebbe avere la caratteristica della coerenza), ad esempio per quanto riguarda i principi di Koch sugli elementi patogeni.
La gente si contagia di più durante il lockdown che quando va al mare.
Il Ministero della Salute c’informa che «il periodo di incubazione rappresenta il periodo di tempo che intercorre fra il contagio e lo sviluppo dei sintomi clinici. Si stima attualmente che vari fra 2 e 11 giorni, fino a un massimo di 14 giorni».
Questo significa che mediamente, se vogliamo essere generosi, il periodo d’incubazione dura 8 giorni.
Il 9 marzo Mister Lockdown ha messo 60 milioni di italiani agli arresti domiciliari.
La gente usciva solo per necessità con mascherine, guanti, disinfettanti vari e mantenendo le distanze. Alcuni, grazie ai post di Zingaretti, hanno iniziato pure a lavarsi le mani.
Anche un affetto da cojonavirus capirebbe che il picco dei contagi non si sarebbe potuto verificare dopo il 9 marzo.
Se per assurdo ponessimo che il picco dei contagi ci fosse stato proprio il 9 marzo, considerando il periodo medio di incubazione di 8 giorni, quando avremmo dovuto avere il picco dei positivi?
Il 17 marzo i nuovi positivi sono stati 3.526.
Il 16 aprile (un mese dopo) 3.786 nuovi positivi in un giorno.
Considerando il tempo medio di incubazione, significa che l’8 aprile (quando la gente era rinchiusa in casa da un mese), ci sarebbero stati più contagi dell’8 marzo (quando la gente ancora usciva senza lavarsi le mani e si divertiva a starnutirsi addosso).
I dati paradossali non finiscono qui. Siete stati al mare ultimamente? Io sì, di passaggio. Avete visto quanta gente stretta stretta che gioca a si diverte senza mascherina e senza guanti? È così almeno da luglio.
Ci raccontano che il virus continua a circolare e che non è mutato. Allora perché dopo almeno 30 giorni di cotanta promiscuità abbiamo sempre 200 nuovi positivi al giorno?
Gli esperti non si sono accorti (o ci vorrebbero far credere) che nel mese di luglio il virus sia riuscito a contagiare meno persone che dal 9 marzo al 9 aprile.
Quindi i dati ufficiali porterebbero a questa conclusione: la gente si contagia di più durante il lockdown che quando va al mare.
Chissà se nel futuro gli esperti spiegheranno perché nel 2020 gli esseri umani erano così idioti.
Tratto da Ingannati