NAC, non solo mucolitico

 

RIEPILOGO:

  • NAC NELLA BPCO (Broncopneumopatia Ostruttiva Cronica)
  • ALTRE AZIONI DELLA NAC
    • ANTIDOTO DDI INTOSSICAZIONI DA PARACETAMOLO
    • ANTIVELENO
    • CHELANTE DI METALLI PESANTI E MEZZI DI CONTRASTO
    • COADIUVANTE NELLA DIPENDENZA DA NICOTINA
    • POTENZIAMENTO DEL SISTEMA ANTIOSSIDANTE (GLUTATIONE)
  • AZIONE MUCOLITICA
    • FAVORISCE LA FLUIDIFICAZIONE DEL MUCO E DEL MATERIALE PURULENTO
    • ATTENUA I RISCHI DELLE COMPLICANZE DELLA BPCO
  • AZIONE ANTINFIAMMATORIA
  • AZIONE NEUROPROTETTIVA
    • PARKINSON
    • ALZHEIMER
    • DOLORE NEUROPATICO
    • ICTUS
    • REGOLA LA PERCEZIONE DEL DOLORE
  • AZIONE SULL’INFERTILITA’
  • AZIONE SULLA PELLE
  • AZIONE ANTIBATTERICA SUL BIOFILM INTESTINALE
    • DISBIOSI
    • MALATTIE DELL’INTESTINO
  • AZIONE SUL SISTEMA CARDIOVASCOLARE

Da un post pubblico della dr.ssa M.C. Nocerino

PRINCIPALI AZIONI DELLA N-ACETIL CISTEINA (NAC), NON SOLO MUCOLITICO

L’Acetilcisteina o N-Acetil Cisteina (NAC) è un derivato N-acetilato dell’amminoacido “solforato” cisteina ed è impiegata come mucolitico e coadiuvante nella cura dei pazienti affetti da infiammazioni acute e croniche delle alte e basse vie respiratorie.

La NAC infatti è un mucolitico sulle secrezioni mucose o mucopurulente delle vie respiratorie in quanto essa è in grado di ridurre e scindere i ponti di solfuro (-S-S-) responsabili dell’aggregazione delle proteine e quindi dell’alta viscosità del muco.

L’attività della NAC sull’eventuale componente purulenta delle secrezioni è invece, dovuta alla sua capacità di depolimerizzare gli acidi nucleici. La NAC, modificando positivamente le caratteristiche qualitative e quantitative delle secrezioni delle vie aeree e favorendo il trasporto muco- ciliare, influisce efficacemente sullo stato e sulla evoluzione della broncopneumopatia.
Questo effetto terapeutico clinico è stato supportato da vari studi.

Nelle infezioni delle alte e basse vie respiratorie è stata dimostrata la capacità della NAC, anche in sinergia con gli antibiotici, di inibire la produzione di biofilm da parte di vari ceppi batterici e rinforzare l’azione battericida degli antibiotici.

Altre azioni della NAC

Nel corso degli ultimi decenni la NAC è stata sempre più studiata in vari contesti patologici con il risultato che sono state individuate altre possibili utilità terapeutiche della molecola.

I tossicologi la conoscono come antidoto all’avvelenamento

  • del paracetamolo
  • amanita phalloides,
  • da metalli pesanti,
  • paraquat,
  • acetaldeide,
  • cumarina,
  • interferone

e quindi come salvavita, utilizzata a dosi massicce.

Grazie al suo effetto antiossidante con l’aumento del Glutatione ridotto endocellulare, la NAC presenta effetti protettivi contro

  • la nefrotossicità indotta da mezzi di contrasto,
  • come agente chelante del metil- mercurio
  • in ambito tabaccologico, contro lo stress ossidativo da fumo di tabacco con riduzione delle alterazioni geniche del DNA nel polmone, cuore, reni e aorta.

anti infiammatoria, anti angiogenica ed effetti immunologici.
Relazione della drssa Maria Cristina Nocerino dalla pagina di Pneumologia

Domande e risposte della dottoressa:

Domanda:

Questo farmaco sembra avere una grande importanza per chi soffre di BPCO (e non solo); ma proprio per questo, gentile dott.ssa Maria Cristina Nocerino, può essere usato per lunghi periodi? Anche quando non c’è un discreto espettorato? La ringrazio anticipatamente per la sua cortesia (come sempre!) Buona giornata.

Drssa Nocerino:

Può usarlo tranquillamente in cicli mensili di 15/20 giorni senza problemi e anche per periodi più lunghi, proteggono dal rischio di riacutizzazione della BPCO.

Domanda:

Buonasera, molti anni fa feci un aereosol con fluimucil ed essendo asmatica mi provocò un attacco d’asma molto forte da allora non l’ho più usato. Recentemente mi è stato prescritto da prendere saltuariamente per bronchiettasie ed enfisema, dicendomi che in bustine non dovrei avere problemi. Ma ho molta paura che mi venga un alto attacco. Potrei avere una sua conferma? Grazie molte!

Drssa Nocerino:

Certamente i mucolitici per aerosol sono controindicati negli asmatici. Meno rischiosa è la somministrazione orale perciò può seguire la prescrizione consigliata.


N-ACETIL CISTEINA (NAC) NON SOLO UN MUCOLITICO

NAC rientra, insieme al glutammato e alla glicina, nella sintesi del più potente antiossidante a nostra disposizione: il Glutatione.

Già di per sé, la NAC assume proprietà antiossidanti, ma la capacità dimostrata di incrementare i livelli endogeni di Glutatione fa di questo integratore uno dei più efficienti combattenti del danno ossidativo.

neurodegenerative e tumorali, oltre che alle proprietà antinfluenzali e mucolitiche.
AZIONE MUCOLITICA E NELLA MPCO (MALATTIE POLMONARI CRONICO OSTRUTTIVE)

un mucolitico derivato da un amminoacido naturale “solforato” ad azione fluidificante sulle secrezioni mucose o mucopurulente delle vie respiratorie.
evoluzione e la risoluzione delle broncopneumopatie attenuando il rischio di complicanze da diminuzione di secreto e da insufficiente aerazione del polmone.

antiossidante rappresentato dal tripeptide Glutatione (GSH), uno dei più importanti meccanismi di difesa intracellulare.

effetti immunitari, particolarmente desiderabili in caso di malattie respiratorie sostenute da virus e batteri. Nei confronti di questi ultimi, l’Acetilcisteina è in grado di ridurre significativamente l’adesività alle cellule della mucosa e, promuovendo la sintesi cellulare del Glutatione, è anche in grado di inattivare composti istolesivi quali le polveri e gli inquinanti atmosferici che vengono frequentemente inalati.

proteggere l’apparato respiratorio.

I ricercatori del Kwong Wah Hospital di Hong Kong hanno raccolto 120 pazienti con MPCO in fase stabile, somministrando loro 600 mg di NAC o un placebo 2 volte al giorno per 1 anno.
Nel corso dello studio i soggetti che avevano assunto NAC hanno sperimentato minori episodi di peggioramento (50 contro 96 del placebo), un minor numero di ricadute (0.5 contro 0. e di giorni di ricovero in ospedale (1.8 contro 4.2).
Questi risultati sembrano essere correlati a una riduzione della resistenza delle piccole vie aeree, evidenziata dal cambiamento del flusso espiratorio forzato (25%-75%), che è passato dallo 0.7 allo 0.8 nel gruppo della NAC, ma che è rimasto invariato nel placebo.

AZIONE NEUROPROTETTIVA

La letteratura più recente indica la possibilità della NAC di contrastare malattie degenerative e mentali grazie al suo potenziale neuroprotettivo.
Come antiossidante la NAC è in grado di neutralizzare i radicali liberi prima che possano danneggiare la cellula e aumenta il livello di cisteina/Glutatione nelle cellule.
La sua azione consiste nel ristabilire il potenziale antiossidante nelle cellule, colmando la perdita di GSH causata dall’eccessiva produzione di radicali liberi e spazzando via le specie reattive dell’ossigeno (ROS).

Grazie a queste promettenti qualità, la NAC ha suscitato un crescente interesse per valutare i suoi effetti nelle malattie neurodegenerative. In questo studio l’attenzione si focalizza sui potenziali effetti e applicazioni nel morbo di Parkinson e di Alzheimer, nel dolore neuropatico e nell’ictus.

I suoi effetti sulla neurotrasmissione indicano che la NAC è in grado di modulare alcuni neurotrasmettitori chiave, come il glutammato, che ha funzione eccitatoria, che sono coinvolti nello sviluppo di alcuni disturbi neuropsichiatrici, come la schizofrenia e le dipendenze, in cui le disfunzioni del glutammato hanno un ruolo preponderante.

Approfondendo queste tematiche, il risultato suggerisce che la NAC possa regolare direttamente e indirettamente la neurotrasmissione glutammatergica. Ricordiamo che il glutammato è estremamente importante per il sistema nervoso centrale perché regola la percezione del dolore, il controllo del tono dell’umore, dell’apprendimento, della memoria e della funzione motoria. Questo fa sì che alla NAC possa essere attribuita un’azione curativa, considerando il ruolo cruciale del glutammato nelle malattie neuropsichiatriche e neurodegenerative.

Negli USA sono stati condotti recentemente alcuni studi clinici, qualcuno già completato, altri in tuttora corso, che possono confermare il ruolo coadiuvante della N-acetil L-cisteina in disturbi come il morbo di Parkinson e di Alzheimer (600-6000 mg/die) e il dolore neuropatico (2400 mg/die).

AZIONE SULL’INFERTILITA’

Lo studio clinico condotto da Jannatifar e colleghi ha approfondito gli effetti della supplementazione con NAC sulla qualità spermatica, sull’integrità della cromatina e sui livelli di stress ossidativo negli uomini infertili.

Quanto emerso dallo studio è decisamente promettente: la supplementazione con NAC, dopo 3 mesi, ha significativamente migliorato i parametri spermatici (conta, motilità e normale morfologia) rispetto ai valori definiti prima del trattamento. Il miglioramento ha riguardato anche il profilo ormonale e la capacità antiossidante.

I pazienti hanno quindi tratto beneficio dall’integrazione con NAC, probabilmente a causa dell’effetto positivo della sostanza sulle difese antiossidanti. Sembra quindi che la terapia antiossidante sia un valido aiuto nell’ambito dell’infertilità.

Nella riflessione finale, gli studiosi sottolineano che tale disturbo è spesso associato ad un ridotto consumo di alcuni nutrienti antiossidanti, tra cui emergono, oltre alla NAC, anche le vitamina A, C ed E, la carnitina, i folati, lo zinco e il selenio.

BELLEZZA DELLA PELLE

AZIONE ANTIBATTERICA

https://parafarmaciaovf.it/7099-ovf-nac-regular-60-cps.html

DR Fabrizio Marrone
Farmacista esperto in Nutraceutica





Il cannabidiolo e le sue proprietà antidolorifiche: come interagisce con il corpo e come controlla il dolore?

Il CBD per il dolore cronico, neuropatico e infiammatorio

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Gli esseri umani sono dotati di una “rete” composta da milioni di recettori capaci di interagire con i cannabinoidi: sostanze che possono essere prodotte all’interno dell’organismo (e che in questo caso si chiamano endocannabinoidi) o che possono provenire dall’esterno (e che in questo caso si chiamano fitocannabinoidi). 

Questa rete di recettori è conosciuta con il nome di “sistema endocannabinoide”.

Il cannabidiolo é un fitocannabinoide che agisce  indirettamente sui recettori di questo sistema. Il CBD esercita la propria azione tramite molti meccanismi diversi: non agisce su una particolare patologia ma interviene a seguito di uno squilibrio del nostro sistema endocannabinoide provocato da uno stimolo, come nel caso del dolore. 

  • Alcuni studi hanno evidenziato come il cannabidiolo sia in grado di influire  sui processi chimici caratteristici dell’endocannabinoide chiamato anandamide, una delle molecole neuro-modulatrici associate anche alla percezione del dolore.
  • Altri studi riportano che il CBD è in grado di attivare recettori coinvolti con la trasmissione e la cronicizzazione del dolore. Il cannabidiolo è risultato infine essere promettente per il trattamento di due particolari tipi di dolore cronico, quello neuropatico e quello dovuto a un’infiammazione.

Il dolore neuropatico

Per dolore neuropatico si indica il dolore provocato da quelle condizioni (malattie o disfunzioni) che colpiscono il sistema nervoso centrale.

Il dolore infiammatorio

Si tratta del dolore provocato da un’infiammazione, una reazione difensiva del nostro organismo in risposta a stimoli nocivi.
Alcuni studi hanno dimostrato l’efficacia del CBD nell’intervenire sull’infiammazione provocata dall’artrite, contribuendo così a ridurre il dolore.

CBD e dolore neuropatico

Il meccanismo d’azione dei cannabinoidi è stato studiato nel contesto di varie patologie e condizioni che portano a una condizione di dolore cronico di natura neuropatica, come nel caso della nevralgia trigeminale o dei cicli di chemioterapia. Gli studi fin ora condotti hanno dimostrato l’ottima efficacia del cannabidiolo nell’intervenire sul dolore neuropatico. 

Mentre altri principi attivi della cannabis vengono già impiegati in ambito oncologico per la loro efficacia nell’attenuare la nausea, il cannabidiolo, nello specifico, si è rivelato promettente nei confronti del dolore neuropatico periferico provocato dai farmaci chemioterapici.

Il CBD, inoltre, riduce quelle complicazioni spesso associate al dolore cronico come ansia e depressione. Secondo alcuni studi il CBD, attraverso la sua interazione con i recettori del sistema serotoninergico, riduce queste comorbidità e aiuta il paziente ad affrontare la sua condizione.

CBD e dolore infiammatorio

Il cannabidiolo viene impiegato anche per il trattamento del dolore provocato da un’infiammazione. Vari studi scientifici hanno indagato l’efficacia del cannabidiolo su molte condizioni infiammatorie, come nel caso dell’artrosi. È dimostrato che l’assunzione di CBD protegge le articolazioni contro danni gravi e riduce l’infiammazione.

C’è ancora molta strada da percorrere ma, ad oggi, il cannabidiolo può considerarsi a tutti gli effetti un valido alleato per alleviare la sofferenza provocata da una condizione di dolore cronico. Sempre più medici, infatti, ne suggeriscono l’utilizzo in parallelo con altre terapie per accompagnare la quotidianità di tutte quelle persone che si trovano costrette a convivere con il dolore. 

Lo stato della ricerca medico-scientifica sul cannabidiolo

Gli ultimi anni hanno visto un rinnovato interesse da parte della comunitá scientifica per il cannabidiolo grazie alla scoperta della sua attivitá antiossidante, antinfiammatoria e neuroprotettiva che si verifica per la maggior parte dei casi indipendentemente dalla diretta interazione con i recettori per i cannabinoidi.

Questo rende il CBD un composto “multitarget” e coinvolto in piú meccanismi biochimici alla base di diversi processi patologici. Il CBD fa valere questa sua versatilità, riuscendo ad agire su vari tipi di dolore, fra cui quello neuropatico e quello infiammatorio.

Il report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblicato a marzo 2018 ha presentato al pubblico l’attuale stato della ricerca scientifica sul cannabidiolo . Secondo il report dell’OMS il cannabidiolo non provoca effetti collaterali sulla nostra salute ma, piuttosto, le attuali evidenze indicano chiaramente la sua potenziale applicazione in ambito medico. 

Secondo il rapporto il cannabidiolo (CBD) è sicuro e ben tollerato negli esseri umani (e negli animali), e non è associato ad alcun effetto negativo sulla salute pubblica. 

La ricerca suggerisce che piú che definire il Cannabidiolo sostanza non psicoattiva bisognerebbe  definirla non inebriante, questo perché non altera le percezioni ed è privo di quelle caratteristiche che potrebbero trasformarlo in una sostanza in grado di dare fenomeni di abuso o dipendenza.

Tutte le proprietà del CBD

Vediamo quali sono queste proprietà terapeutiche, e poi andremo a capire come mai gli effetti del CBD sono così ad ampio raggio e diversi tra loro.

  • Proprietà analgesiche e anti-infiammatorie: è probabilmente la sua funzione più importante, ed è oggetto di questo articolo, che svilupperemo quindi a seguire nel dettaglio.
    Il Cannabidiolo mitiga la percezione del dolore grazie alla sua interazione con i recettori del sistema endocannabinoide presente nel corpo umano.
  • Proprietà ansiolitiche: è stato dimostrato che mitiga i sintomi associati al Disturbo Post Traumatico da Stress (DPTS) e al Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC), che secondo diverse ricerche sono causati anche da una carenza di anandamide nel sistema endocannabinoide umano.
    Proprietà antipsicotiche: ricollegandosi a quanto detto sopra, vengono riconosciute al CBD anche proprietà antipsicotiche.  Alcune prove scientifiche suggeriscono che il cannabidiolo aiuta a trattare la schizofrenia ed altri problemi di salute mentale, come il disturbo bipolare.
    Uno studio condotto dalla Western University of California ha concluso che il CBD può essere importante nel trattamento della schizofrenia in relazione alle tipologie di psicosi. Lo studio condotto da Justine Renard, dottoranda del Dipartimento di Anatomia e Biologia Cellulare della Schulich School of Medicine and Dentistry, ha individuato il percorso neurale attraverso il quale il CBD produce impatti antipsicotici che riducono le psicosi associate alla schizofrenia.
  • Proprietà neuroprotettive: Il cannabidiolo ha dimostrato avere una potenziale azione di riduzione dello stress ossidativo che può colpire le cellule cerebrali, grazie anche alle sue proprietà antinfiammatorie.
    I risultati di uno studio pubblicato sul Journal of Neurochemistry, hanno dimostrato che il CBD ha avuto una serie di effetti più che positivi per quanto riguarda la neuroprotezione e l’azione antiossidante.
    Nel caso di malattie neurodegenerative specifiche, come nel caso della sindrome di Alzheimer, alcuni risultati “singoli” hanno portato la comunità scientifica a valutare l’impiego del cannabidiolo.
  • Proprietà energizzanti e antiossidanti: noto per i suoi effetti calmanti, il CBD offre anche proprietà energizzanti, grazie alla sua azione detossinanate e alla capacità di rafforzare le cellule del corpo umano, contribuendo alla loro corretta rigenerazione. È anche un ottimo antiossidante, secondo uno studio del 2008, addirittura migliore delle vitamine C e E.
  • anticonvulsivanti ed antiepilettiche, in grado di trattare particolari e gravi forme di epilessie farmaco-resistenti come la Sindrome di Dravet, e infine anche effetti miorilassanti, contribuendo a ridurne la rigidità e la tensione.

Bibliografia

  1. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4851925/
  2. https://www.journalofsurgicalresearch.com/article/S0022-4804(18)30626-7/fulltext
  3. https://www.jpsmjournal.com/article/S0885-3924(09)00787-8/fulltext
  4. https://www.ean.org/amsterdam2017/fileadmin/user_upload/E-EAN_2017_-_Cannabinoids_in_migraine_-_FINAL.pdf
  5. https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fphar.2018.01259/full

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Sintesi, assorbimento e metabolismo della Vitamina D
I benefici sul Dolore

 

PDF da VitaminDWiki. Quanto segue è stato estratto dal PDF

Sommario

  • Introduzione
  • 2. Vitamin D
  • Sintesi, assorbimento e metabolismo della vitamina D
  • 3. Dolore
  • 4. interfacce di dolore e vitamina D
    • 4.1 Dolore associato alla demineralizzazione ossea correlata alla vitamina D
      4.2 Dolore associato a carenza di vitamina D e debolezza muscolare

      • 4.3.1 La vitamina D come steroide neuroattivo
        4.3.2 Vitamina D e neurotrofine
        4.3.3 Vitamina D e prostaglandine
        4.3.4 Effetti della vitamina D sulle vie infiammatorie
        4.3.5 Vitamina D e ossido nitrico sintasi
        4.3.6 Vitamina D e cellule T helper
        4.3.7 Recettore della vitamina D (VDR) e 1a-idrossilasi
  • 5. Vitamina D associata a comorbilità dolorose (sonno e depressione)
    • 8. Conclusione
    • Riferimenti

    Introduzione

    2. Vitamin D

    Sintesi, assorbimento e metabolismo della vitamina D

    Da 10.000 a 20.000 UI di vitamina D possono essere prodotte in 30 minuti di esposizione di tutto il corpo alla luce solare. Questa vitamina D prodotta endogenamente entra nel sangue e si lega alla proteina legante la vitamina D (DBP), facilitando il trasporto al fegato [1,5]. La vitamina D può essere ottenuta anche da un numero limitato di fonti alimentari. La vitamina D2 (ergocalciferolo) è prodotta da alcuni tipi di piante e animali quando l’ergosterolo viene alterato dall’irradiazione ultravioletta. Tuttavia, pochi alimenti hanno livelli sostanziali di vitamina D2 presenti in natura per renderlo una fonte significativa di vitamina D negli esseri umani.

    ulteriormente metabolizzata nei reni e possibilmente in un’ampia varietà di tessuti extra-renali dall’enzima 25-idrossivitamina D-1 a-idrossilasi (CYP27B1) nella sua forma attiva, vale a dire 1,25-diidrossi – vitamina D [1,25 (OH) 2 D3].

    3. Dolore

    Esistono due ampie categorie di dolore, vale a dire il dolore nocicettivo acuto che funge da segnale di avvertimento precoce e il dolore patologico persistente, che è essenzialmente un falso allarme in corso [16,17].
    I neuroni del secondo ordine trasmettono le informazioni attraverso tratti specifici che raggiungono il talamo dove si verifica la sensazione di dolore.
    I neuroni del terzo ordine che collegano il talamo alla corteccia somatosensoriale vengono attivati, determinando la percezione del dolore [16,20].

    “dolore che persiste oltre il normale tempo di guarigione dei tessuti”. Questo è considerato (in assenza di altri criteri) 3 mesi [21]. Tuttavia, alcuni disturbi del dolore cronico sono caratterizzati da brevi episodi acuti ricorrenti ed esacerbazioni come la nevralgia del trigemino e l’artrite reumatoide.

    Il passaggio dal dolore acuto a quello cronico non è ben compreso e sembra multifattoriale [29]. Il dolore nocicettivo di solito (ma non sempre) si riduce con la guarigione.
    Mentre il dolore persistente è spesso dovuto a evidenti danni ai nervi (ad esempio lesioni o cancro), ci sono molti casi in cui nessuna patologia fisica può essere verificata oggettivamente, come nella sindrome fibromialgica e nel mal di testa.

    fibromialgia, intestino irritabile, lombalgia e cefalea cronica quotidiana [30]. Le lesioni infiammatorie e nervose sono coinvolte nell’eziologia di molte sindromi dolorose croniche come l’artrosi, la neuropatia diabetica o la nevralgia post-erpetica, ma solo una piccola percentuale di coloro che sono soggetti a tali lesioni sviluppa effettivamente dolore cronico e il grado di gravità del dolore può variare in modo significativo tra i pazienti [31].

    4. interfacce di dolore e vitamina D

    La carenza di vitamina D è stata associata a mal di testa, dolore addominale, al ginocchio e alla schiena, dolore muscoloscheletrico persistente, dolore toracico costo-condritico, sindrome della schiena fallita e fibromialgia [6,45,53,54,55,56,57,58,59 ].

    Tabella 1 – Interfacce della carenza di vitamina D e tipi di dolore persistente:

    • Mal di testa
    • Dolore al cancro
    • Dolore e debolezza muscoloscheletrici persistenti
      (rachitismo, osteomalacia, osteopenia, fibrosi cistica, dolore alla schiena, dolore al ginocchio, dolore toracico costo-condritico)
    • Fibromialgia
    • Dolore addominale
    • Dolore associato a ischemia (anemia falciforme, malattia coronarica)
    • Dolore infiammatorio (artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico)
    • Dolore neuropatico (neuropatia diabetica, neuropatia post-erpetica, sclerosi multipla)

    4.1 Dolore associato alla demineralizzazione ossea correlata alla vitamina D.

    In assenza di mineralizzazione ossea a causa della carenza di vitamina D, le ossa in crescita sotto carico (braccia e gambe) di neonati e bambini si piegano. Nei neonati, il rachitismo può provocare una chiusura ritardata delle fontanelle e deformità della gabbia toracica [3]. La sottile evidenza di rachitismo nei bambini include dolore alle gambe, età ritardata per stare in piedi e camminare e crescita ritardata.

    4.2 Dolore associato a carenza di vitamina D e debolezza muscolare


    Tabella 2 – Meccanismi d’azione della vitamina D sui processi dolorosi

      • La vitamina D regola la sintesi delle neurotrofine che influenzano lo sviluppo, il mantenimento e la sopravvivenza dei neuroni
      • La vitamina D sopprime il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-a) e il fattore stimolante le colonie dei macrofagi (M-CSF) negli astrociti e nella microglia e inibisce le vie del dolore
      • 4.3.1 La vitamina D come steroide neuroattivo

        4.3.2 Vitamina D e neurotrofine

        La vitamina D in aumento regola la sintesi di neurotrofine come il fattore di crescita neurale (NGF), la neurotrofina 3 (NT3) e il fattore neurotrofico derivato dalla linea cellulare (GDNF), mentre la neurotrofina 4 (NT4) è sotto regolata (Tabella 2) [89 , 90,91,92]. Attraverso questo sistema,


        4.3.3 Vitamina D e prostaglandine

        4.3.4 Effetti della vitamina D sulle vie infiammatorie

        4.3.5 Vitamina D e ossido nitrico sintasi

        4.3.6 Vitamina D e cellule T helper

        4.3.7 Recettore della vitamina D (VDR) e 1a-idrossilasi

        5. Vitamina D associata a comorbilità dolorose (sonno e depressione)

        Sembra esserci una considerevole sovrapposizione negli effetti del sonno, del dolore, della depressione e della vitamina D sul sistema immunitario. La vitamina D potrebbe essere collegata alla depressione, al sonno e al dolore cronico mediando gli effetti delle cellule immunitarie come astrociti e macrofagi (Tabella 3) [90,92]. La vitamina D influenza direttamente le risposte delle cellule T inibendo la produzione di IL-2, interleuchina-17 (IL-17) e interleuchina-21 (IL-21) e stimolando la produzione di interleuchina-4 (IL-4) [116].

        [118]. Una quantità di sonno insufficiente può facilitare o esacerbare il dolore attraverso l’aumento dell’interleuchina-6 (IL-6) [122]. Nei disturbi in cui i disturbi del sonno sono comuni, una quantità di sonno insufficiente stessa può stabilire e mantenere la sua concomitanza con il dolore e con l’aumento dell’infiammazione [122]. La carenza di vitamina D potrebbe contribuire a una scarsa qualità del sonno o ai sintomi di una ridotta veglia inducendo un aumento relativo del TNFa circolante e del fattore nucleare kappa-potenziatore della catena leggera delle cellule B attivate (NFkB), entrambi i quali possono provocare una sensazione soggettiva di sonnolenza [123].

        I pazienti con sintomi depressivi e con disturbi del dolore mostrano livelli di citochine aumentati. Questi includono IL-6, proteina C-reattiva (CRP), IL-1 be TNF-a [124]. La depressione maggiore può essere accompagnata da attivazione immunitaria sistemica o da una risposta infiammatoria con coinvolgimento di cellule fagocitiche (monociti, neutrofili), attivazione di cellule T, aumento della secrezione di prostaglandine e aumento della produzione di IL-1p e IL-6 da parte delle cellule mononucleate del sangue periferico 125 ]. Le citochine svolgono anche un ruolo centrale nella generazione e trasmissione del dolore con livelli aumentati di TNF-a e IL-1, IL-2 e IL-6 e livelli ridotti di IL-4 e IL-10 [126,127]. È stato dimostrato che le citochine modulano il metabolismo centrale della serotonina e della dopamina [128].
        serotonina, noradrenalina, sostanza P e dopamina. I livelli di serotonina sono tipicamente bassi nei pazienti depressi [130,131]. La serotonina può avere effetti pronocicettivi o antinocicettivi, a seconda del sottotipo di recettore e della posizione nel sistema nervoso centrale. La serotonina può essere pronocicettiva nella periferia, mentre gli effetti antinocicettivi primari della serotonina si pensa si verifichino attraverso i recettori situati centralmente nelle vie discendenti antinocicettive [132].

        acetilcolina e può potenziare o inibire gli effetti del glutammato ed è stato collegato alla stimolazione del rilascio di adenosina e monoamina, svolgendo così un ruolo nell’omeostasi del sonno [117,119]. IL-1 e TNF interagiscono anche con il sistema serotoninergico per migliorare il sonno non REM [133]. IL-1 riduce la velocità di attivazione dei neuroni serotoninergici attivi nella veglia potenziando gli effetti inibitori dell’acido gamma aminobutirrico (GABA) [134]. L’IL-1 nell’area preottica (POA) dell’ipotalamo e l’adiacente proencefalo basale magnocellulare (BF) sembra essere controllata dai corticosteroidi rilasciati nel sangue dalla corteccia surrenale. I livelli di corticosteroidi dipendono dall’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene che è stimolato dall’attivazione della via della serotonina [117]. Come accennato in precedenza, IL-1 e TNF hanno un’azione diretta sensibilizzando i nocicettori, aumentando le correnti eccitatorie e riducendo le vie del dolore inibitorio [135].


        I pazienti depressi hanno mostrato livelli ridotti di noradrenalina nel liquido cerebrospinale [146]. La noradrenalina ha principalmente un effetto antinocicettivo sugli adrenorecettori alfa-2 nelle vie discendenti del dolore centralmente riducendo la sensibilità dei neuroni del corno dorsale agli stimoli nocivi [147]. Tuttavia, come la serotonina, la noradrenalina può anche avere un minore effetto pronocicettivo alla periferia nel dolore mediato dal simpatico [148].

        La sostanza P ha dimostrato di essere un importante neurotrasmettitore nel dolore e nella depressione [149]. Livelli elevati della sostanza P nel liquido cerebrospinale (CSF) sono stati riscontrati in pazienti con depressione [124]. La sostanza P contribuisce alla sensibilizzazione centrale nel dolore persistente [149,150]. Poiché è stato scoperto che la sostanza P è presente nei sistemi serotoninergici, noradrenergici e dopaminergici centrali, i ricercatori ritengono che possa essere un importante modulatore della depressione e del dolore [124].

        Tabella 3 – Potenziali interfacce di vitamina D, dolore, sonno e depressione

          • Co-localizzazione anatomica e interazione funzionale dei sistemi serotoninergici, noradrenergici e dopaminergici centrali.
          • Inibizione o potenziamento di altri neurotrasmettitori come la sostanza P, acetilcolina, glutammato, adenosina, GABA e monoammina.
          • Mediazione di cellule immunitarie come astrociti, macrofagi e cellule fagocitiche (monociti, neutrofili).
          • (Modulazione del sistema immunitario di mediatori pro-infiammatori come citochine e chemochine, in particolare IL-1beta e TNF-a, e inclusi NFkB, IL-2, IL-6 e CRP.
          • Modulazione del sistema immunitario delle risposte delle cellule T inibendo la produzione di IL-2, IL-17 e IL-21 e stimolando la produzione di IL-4 e IL-10.

        8. Conclusione

        Dichiarazione sul conflitto di interessi e finanziamento
        La vitamina D riduce il dolore ai piedi dovuto a osteoartrite del ginocchio

        (**) Dolore cronico, la supplementazione di vitamina D aiuta


        https://www.vitamineral.it/integratori-di-vitamina-d-colecalciferolo-come-prodotto-biologico/

         

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 L’importante è non morire di Corona Virus

Poi se uno muore di depressione per mancanza di sole,

se uno muore di solitudine perché non ha nessuno in casa con cui scambiare due chiacchiere,

se uno muore per mancanza di ossigeno perché si sente soffocare,

se uno muore perché scannato dal consorte reso ancora più violento da questa reclusione forzata,

se uno muore di follia perché esasperato dall’essere costretto a vivere in un appartamento di 40m quadri,

se uno muore di fame perché la sua attività è stata chiusa e rischia il fallimento.

Se uno muore di rabbia perché non può dare il suo estremo saluto a un caro che muore nell’indifferenza,

se uno muore di angoscia perché vive una situazione difficile che senza “prese d’aria” non può più sostenere,

se uno muore perché non può più praticare lo sport che lo faceva sentire vivo,

se uno muore perché ha troppo bisogno di un abbraccio o di un contatto fisico,

se uno muore denigrato e seppellito dalla cattiveria della gente perché non indossava una inutile mascherina.

Se uno muore perché non ha nemmeno più il conforto della sua pratica religiosa,

se uno muore perché ha perso la cosa più preziosa che è la libertà,

se uno muore di panico perché l’informazione ufficiale non fa che sollecitarlo e nutrirlo e accrescerlo…

ecco se uno muore di altro che non sia il Corona Virus non ha alcuna importanza.

Non gliene importa un fico secco a nessuno.

di Ely Yum


Si può non vivere per non morire?

 

 

 


Tristezza: l’importanza di essere tristi