La biopsia può essere dannosa e dare un vantaggio al tumore?

La ricerca scientifica fornisce la prova inconfutabile del pericolo che rappresenta la biopsia sistematica in particolare a livello del seno e della prostata.

viene stimolata l’angiogenesi (formazione di nuovi vasi sanguigni) per rivascolarizzare il tessuto danneggiato e consentire la sua ricostruzione.

Questi ultimi secernono delle proteine che partecipano alla ricostruzione dei tessuti danneggiati (EGF, MMP, VEGF). Queste proteine sono fattori di crescita.

L’infiammazione agisce come un potente promotore tumorale.

Inoltre, degradando la matrice extracellulare, i macrofagi, attratti da un fattore infiammatorio il PDGF emesso dalle cellule tumorali, favoriscono l’infiltrazione delle cellule tumorali nel tessuto sano che attiva la progressione del tumore verso uno stadio invasivo.

Infine, il tumore crea un ambiente locale che impedisce la risposta immunitaria antitumorale.
Fonte:



L’ago diagnostico, introdotto per raggiungere i tessuti da esaminare e asportarne un frammento, può disseminare cellule cancerogene durante la procedura di estrazione? C’è inoltre chi parla del processo infiammatorio, riconducibile alla piccola lesione causata dall’introduzione dell’ago, come vantaggio di crescita per il tumore.

Sono questi alcuni degli interrogativi che sempre più frequentemente vengono sollevati su uno degli esami diagnostici più largamente utilizzati, che consiste nel prelievo e nell’analisi di una porzione di tessuto biologico per escludere o confermare un sospetto di malattia. Possiamo anche affermare che le pubblicazioni scientifiche che troviamo sulla questione hanno avuto scarsa diffusione, e quasi inesistente in paesi come l’Italia.

Nel 1974, il dottor Philip Rubin dell’Università di Rochester scrisse che le biopsie chirurgiche possono contribuire, in alcuni casi, alla diffusione del cancro. Ad affermarlo anche il John Wayne Cancer Institute di Santa Monica, California, che ha condotto uno studio su 663 donne con cancro al seno:

la metà aveva subito biopsia mammaria, mentre nei restanti casi si era provveduto all’asportazione chirurgica della massa tumorale senza effettuare biopsia.

I risultati riportati nella pubblicazione scientifica ‘Manipulation of the primary breast tumor and the incidence of sentinel node metastases from invasive breast cancer‘, hanno evidenziato che nelle pazienti che avevano subito la biopsia, prima dell’asportazione chirurgica della mammella, c’era il 50% in più di probabilità di diffusione del cancro attraverso il linfonodo sentinella.

Circa dieci anni dopo, nel 2014, lo studio è stato ripreso con una nuova pubblicazione effettuata dagli scienziati K. Shyamala, H. C. Girish, Sanjay Murgod del Department of Oral and Maxillofacial Pathology, Rajarajeswari Dental College and Hospital, Bengaluru, Karnataka, India: ‘Risk of tumor cell seeding through biopsy and aspiration cytology‘.

Come suggerito dal titolo della pubblicazione gli scienziati affrontano il problema del rischio di disseminazione delle cellule tumorali attraverso la biopsia e l’aspirazione citologica. Le cellule tumorali, riporta lo studio, oltre che riprodursi in maniera incontrollata, perdono la coesione e la sistematicità dal tessuto normale, staccandosi così dal tumore primario e iniziando a viaggiare sino a creare colonie altrove.

Le cellule neoplastiche mancando di coesione, proprio per la loro capacità di migrare e colonizzare, rischiano quindi di disseminarsi durante la biopsia o un intervento chirurgico o durante una semplice procedura di ago aspirato.

Per ulteriori spunti sulla questione vi invitiamo alla lettura di questa ulteriore pubblicazione scientifica: ‘Prevention of tumour cell dissemination in diagnostic needle procedures‘ (Prevenzione della diffusione delle cellule tumorali nelle procedure ago diagnostiche).

Nell’abstract si legge:

«un effetto collaterale delle biopsie diagnostiche è la possibilità di diffondere cellule tumorali nella traccia dell’ago, che può causare preoccupazione in alcuni tipi di tumore maligno».

Fonte:

Emanuele/Associazione per la Ricerca di Rossella Puccio



TUMORE ALLA PROSTATA E BIOPSIE

Il tumore alla prostata è uno di quelli con cui di solito si muore, non di cui si muore.

Il problema, come mostrano tantissime ricerche mediche che apparentemente non riescono a raggiungere gli oncologi, è che anche la biopsia ha un margine di errore enorme, e riporta molto spesso falsi positivi, portando così al passo ancora successivo: operazione chirurgica ed asportazione della prostata.

Operazione che molto spesso lede il nervo che passa intorno alla prostata, portando ad incontinenza ed incapacità di ottenere un salve regina, cosa che ad alcuni maschietti potrebbe dispiacere.
Ma perché mai ridurre il numero di pazienti che rimarranno quasi sicuramente pazienti a vita?

Fonte:

  • Anonimo Nutrizionista

Bibliografia

  1. Al-Leswas D, O’Reilly DA, Poston GJ (2008) Biopsy of solid liver tumors: adverse consequences. Hepatobiliary Pancreat Dis Int 7: 325–327 [PubMed] []
  2. Boutin C, Rey F, Viallat JR (1995) Prevention of malignant seeding after invasive diagnostic procedures in patients with pleural mesothelioma. A randomized trial of local radiotherapy. Chest 108: 754–758 [PubMed] []
  3. Buscarini E, Buscarini L (2004) Radiofrequency thermal ablation with expandable needle of focal liver malignancies: complication report. Eur Radiol 14: 31–37 [PubMed] []
  4. Espinoza S, Briggs P, Duret JS, Lapeyre M, de Baere T (2005) Radiofrequency ablation of needle tract seeding in hepatocellular carcinoma. J Vasc Interv Radiol 16: 743–746 [PubMed] []
  5. Herts BR, Baker ME (1995) The current role of percutaneous biopsy in the evaluation of renal masses. Semin Urol Oncol 13: 254–261 [PubMed] []
  6. Intra M, Mazzarol G, Rietjens M, Diaz Brito JA, Gennari R, Soteldo J, Rodriguez J, Bassani G, Bassi F (2005) Extramammary recurrence of DCIS after total mastectomy: an iatrogenic displacement following needling procedures? Breast J 11: 297–300 [PubMed] []
  7. Jones OM, Rees M, John TG, Bygrave S, Plant G (2005) Biopsy of resectable colorectal liver metastases causes tumour dissemination and adversely affects survival after liver resection. Br J Surg 92: 1165–1168 [PubMed] []
  8. Liang P, Wang Y, Yu X, Dong B (2009) Malignant liver tumors: treatment with percutaneous microwave ablation – complications among cohort of 1136 patients. Radiology 251: 933–940 [PubMed] []
  9. Micames C, Jowell PS, White R, Paulson E, Nelson R, Morse M, Hurwitz H, Pappas T, Tyler D, McGrath K (2003) Lower frequency of peritoneal carcinomatosis in patients with pancreatic cancer diagnosed by EUS-guided FNA vs percutaneous FNA. Gastrointest Endosc 58: 690–695 [PubMed] []
  10. Murakami R, Yoshimatsu S, Yamashita Y, Matsukawa T, Takahashi M, Sagara K (1995) Treatment of hepatocellular carcinoma: value of percutaneous microwave coagulation. AJR Am J Roentgenol 164: 1159–1164 [PubMed] []
  11. Rodgers MS, Collinson R, Desai S, Stubbs RS, McCall JL (2003) Risk of dissemination with biopsy of colorectal liver metastases. Dis Colon Rectum 46: 454–458;discussion 8–9 [PubMed] []
  12. Thurfjell MG, Jansson T, Nordgren H, Bergh J, Lindgren A, Thurfjell E (2000) Local breast cancer recurrence caused by mammographically guided punctures. Acta Radiol 41: 435–440 [PubMed] []
  13. Vaghefi H, Magi-Galluzzi C, Klein EA (2005) Local recurrence of prostate cancer in rectal submucosa after transrectal needle biopsy and radical prostatectomy. Urology 66: 881 [PubMed] []
  14. Wiksell H, Löfgren L, Schässburger KU, Grundström H, Janicijevic M, Lagerstedt U, Leifland K, Nybom R, Rotstein S, Saracco A, Schultz I, Thorneman K, Wadström C, Westman L, Wigzell H, Wilczek B, Auer G, Sandstedt B (2010) Feasibility study on the treatment of small breast carcinoma using percutaneous US-guided preferential radiofrequency ablation (PRFA). Breast 19: 219–225 [PubMed] []




CRIOTERAPIA: Terapia del freddo, perché fa bene

Che cos’è la Crioterapia

Sottoporsi a docce fredde o a bagni in acque gelide con finalità salutistiche rientra nella cosiddetta terapia del freddo (o crioterapia).

I rischi sono maggiori nelle persone con malattie cardiache o altre condizioni croniche, che ancor più di altre dovrebbero assicurarsi di consultare il medico prima di sperimentare questi trattamenti.

I potenziali benefici delle docce e dei bagni freddi includono l’aumento della combustione dei grassi, il rinforzo del sistema immunitario, il miglioramento dell’umore, la riduzione del dolore e dell’infiammazione, e persino una maggiore durata della vita.


A CHE COSA SERVE

A che cosa Serve

Per secoli, le temperature fredde sono state utilizzate dall’uomo per scopi terapeutici, sanitari e di recupero sportivo.

2.

3.

Altre forme di crioterapia che non tratteremo in questo articolo comprendono la criolipolisi e la criochirurgia.

  • La criolipolisi è un trattamento di medicina estetica che permette di ridurre il grasso localizzato attraverso l’uso del freddo. Per approfondire, leggi il nostro articolo sulla crioterapia estetica »
  • La criochirurgia o crioablazione è una procedura minimamente invasiva, usata per distruggere un tessuto anormale o malato (ad es. verruche o cellule infette e cancerose nei sistemi di organi, specialmente nel rene e nella prostata) 4, 5, 6.

COME FUNZIONA

Come Funziona

Il corpo di un adulto lavora costantemente per mantenere una temperatura interna che varia da 36,4 a 37,1°C 7.

Pertanto, l’esposizione al freddo intenso innesca tutta una serie di reazioni adattative per mantenere la temperatura corporea all’interno di questo range di normalità.

Nel dettaglio, si innescano due tipi fondamentali di reazioni 8:

  • cambiamenti metabolici: che si traducono in un aumento del tasso metabolico per produrre calore extra attraverso reazioni di disaccoppiamento.

sollevano l’umore e riducono la sensibilità dolorifica.

8.


DIMAGRIRE

Docce Fredde per Dimagrire

Come spiegato nel capitolo precedente, l’esposizione al freddo innesca delle risposte adattative per mantenere costante la temperatura corporea interna.

Alcune di queste reazioni comportano un aumento del tasso metabolico per produrre calore. In pratica, l’organismo brucia più calorie e questo si traduce in un’azione dimagrante 9.

Entrando più nel dettaglio, gli esseri umani possiedono piccoli depositi di tessuto adiposo bruno (BAT). A differenza del più abbondante tessuto adiposo bianco, che è deputato a immagazzinare energia, il grasso bruno brucia grassi per generare calore 10, 11.

L’esposizione al freddo aumenta quindi l’attività del tessuto adiposo bruno, che a sua volta porta a un aumento del dispendio calorico.

  • In uno studio, soggetti esposti allo stress da freddo hanno avuto un aumento dell’80% del loro dispendio energetico totale 12.
  • In un altro studio, i ratti esposti al freddo hanno mangiato il 50% in più rispetto ai ratti di controllo, ma hanno mostrato comunque un peso inferiore 13. Inoltre, hanno vissuto il 10% più a lungo.
  • 14.

L’esposizione a basse temperature porta anche a un aumento dei livelli di adiponectina, una proteina che aumenta la combustione dei grassi 15, 16, 17.


BENEFICI

Benefici per la Salute

Longevità

Uno studio ha scoperto che le mosche vivevano il doppio del tempo quando venivano mantenute a 21°C anziché a 27°C 18.

Allo stesso modo, la ricerca sui vermi ha rilevato che un calo della temperatura di 5°C ne ha esteso del 75% la durata della vita 19.

Analoghi benefici sono stati osservati negli studi sugli insetti, evidenziando una relazione negativa tra temperatura e durata della vita 20, 21, 22.

Anche i pesci sembrano vivere più a lungo a temperature più basse. Ad esempio, uno studio ha dimostrato che un calo della temperatura di 6°C ne ha aumentato la durata media della vita del 75% 23, 24.

Un altro studio ha abbassato la temperatura interna dei topi di 0,3°C (maschi) e 0,34°C (femmine), ottenendo un aumento della durata media della vita rispettivamente del 12 e del 20% 25.

Si ritiene che i benefici del freddo sulla longevità derivino da un processo noto come Ormesi.

L’Ormesi è un fenomeno in cui si ottiene una risposta benefica somministrando una bassa dose di una sostanza che a dosi più elevate stressa e danneggia l’organismo.

Altri ricercatori sostengono che una temperatura più bassa promuova la longevità rallentando i vari processi metabolici. Questo si tradurrebbe in una minore generazione di sottoprodotti tossici del metabolismo ossidativo, come le specie reattive dell’ossigeno (ROS) 11.

Un ulteriore teoria sostiene che l’aumento della longevità dovuto all’esposizione al freddo possa dipendere da una modulazione di determinati geni, come TRPA-1 e DAF-16 26. 


INFIAMMAZIONE E DOLORE

Infiammazione e Dolore

La crioterapia locale associata alla compressione fornisce un importante sollievo dal dolore associato a lesioni muscoloscheletriche 27.

Quando il corpo è esposto a un raffreddamento estremo, i vasi sanguigni si restringono e riducono il flusso sanguigno nelle aree infiammate.

Due revisioni della letteratura sulla crioterapia full body supportano le affermazioni secondo cui il freddo può aiutare a ridurre il dolore, l’infiammazione e migliorare il recupero 28, 29.

L’esposizione a basse temperature aumenta anche l’adiponectina, una proteina che combatte l’infiammazione 30.


EMICRANIA

Emicrania

Una doccia fredda potrebbe essere efficace anche nel ridurre il dolore associato agli attacchi di emicrania 31.

A tal proposito, una revisione sistematica e meta-analisi ha rilevato che gli interventi basati sul freddo possono alleviare il dolore acuto dell’emicrania a breve termine (fino a 30 minuti), ma non a medio termine (1-2 ore dopo) e lungo termine (24 ore dopo) 31a.


GLICEMIA

Glicemia

L’Adiponectina è una proteina prodotta dal tessuto adiposo, che svolge un ruolo importante nella protezione contro l’insulino-resistenza, il diabete, l’aterosclerosi e altre malattie legate all’età.

L’esposizione al freddo sembra aumentare la produzione di adiponectina 16.

Ad esempio, uno studio ha rilevato che i livelli di adiponectina aumentano del 70% dopo l’esposizione al freddo 32, 16, 17.

Probabilmente grazie all’adiponectina, le basse temperature possono migliorare la risposta del corpo all’insulina, consentendo un migliore controllo della glicemia 34.

Negli studi sui ratti, ad esempio, l’esposizione al freddo ha aumentato l’assorbimento del glucosio nei tessuti periferici 33.

Anche nell’uomo ripetute immersioni in acqua fredda durante i mesi invernali hanno aumentato significativamente la sensibilità all’insulina 35, 36, 37.


SPORTIVI

Benefici per gli Sportivi

L’esposizione al freddo ha un effetto positivo sugli enzimi legati al danno muscolare (es. creatina chinasi e lattato deidrogenasi) 38.

Nel corso di diversi studi, è stato riscontrato che docce e bagni freddi possono ridurre la percezione della fatica e il dolore muscolare dopo l’allenamento, migliorando il recupero dallo sforzo 39, 40.

Un piccolo studio ha rilevato che ciclisti sottoposti a sessioni di allenamento intense avevano ridotto il dolore post-allenamento dopo essersi immersi in acqua fredda per 10 minuti 41.

In un altro studio, gli atleti che si sono immersi in acqua fredda (da 12°C a 15°C) hanno riportato meno dolori muscolari rispetto a quelli che non hanno seguito l’idroterapia dopo l’esercizio 42.

Quando si considera l’uso della crioterapia nello sport, è tuttavia importante comprendere la distinzione tra recupero soggettivo e recupero funzionale.

In una revisione del 2014, è stato riscontrato che la crioterapia ha portato a una riduzione del dolore e dell’indolenzimento post-esercizio (sensazioni soggettive), mentre esistono poche prove di un suo beneficio nella riparazione effettiva del tessuto e nel miglioramento della performance (funzionale) 38.

Dello stesso parare è anche una recente meta-analisi di 20 studi pubblicata nel 2023 38.

45.


S.IMMUNITARIO

Sistema Immunitario

In uno studio su 15 giovani attivi, 10 sessioni di crioterapia di tutto il corpo hanno aumentato il numero di globuli bianchi (in particolare linfociti e monociti) 46.

Un altro studio clinico ha esaminato gli effetti di 6 settimane di immersione in acqua fredda (14°C per 1 ora) sul sistema immunitario. Dopo il trattamento, i partecipanti avevano livelli aumentati di IL-6, CD3, CD4, CD8 e linfociti T e B attivati, suggerendo un sistema immunitario più attivo 47.

Per testare la teoria secondo cui le docce fredde rafforzano il sistema immunitario, uno studio clinico randomizzato ha arruolato più di 3.000 partecipanti, suddividendoli in 4 gruppi di prova: un gruppo ha fatto solo docce calde, mentre 3 gruppi hanno fatto docce calde e hanno incluso un getto di acqua fredda per 30, 60 o 90 secondi alla fine della doccia.

Alla conclusione dello studio, i ricercatori hanno scoperto che coloro che includevano getti di acqua fredda dopo la doccia avevano una riduzione del 29% dei giorni di malattia rispetto a coloro che facevano solo docce calde 48. 


DORMIRE BENE

Qualità del Sonno

Le fluttuazioni naturali della temperatura giornaliera sono un importante regolatore dei cicli del sonno 49.

La National Sleep Foundation raccomanda di mantenere la temperatura nella camera da letto tra 15,5 e 19°C.

D’altro canto, una revisione sistematica del 2019 ha rilevato che fare una doccia o un bagno caldo (da 40 a 42°C) per almeno 10 minuti da 1 a 2 ore prima di coricarsi migliorava la qualità del sonno dei partecipanti 50.


SALUTE MENTALE

Umore e Salute Mentale

È noto che l’esposizione al freddo attiva il sistema nervoso simpatico e aumenta i livelli di endorfine e noradrenalina nel sangue e nel cervello. In questo modo, docce fredde regolari possono aumentare i livelli di energia, con effetti simili alla caffeina.

In uno studio clinico, è stato dimostrato che fare una doccia fredda (a 20°C per 2-3 minuti, preceduta da un adattamento graduale di 5 minuti), da 2 a 3 volte a settimana, aiuta ad alleviare i sintomi depressivi. È tuttavia importante notare che nessuno dei partecipanti allo studio era affetto da depressione 51.

Un caso studio ha riportato l’esperienza di una donna che soffriva di ansia e depressione dall’età di 17 anni. A 24 anni, iniziò un programma di prova di nuoto settimanale in acque libere. Nel corso del tempo, i suoi sintomi sono diminuiti in modo così significativo che è stata in grado di interrompere l’assunzione di farmaci per curarli 52.

In uno studio preliminare privo di un gruppo di controllo, 23 adulti affetti da depressione hanno ricevuto sessioni di crioterapia per tutto il corpo mentre continuavano il loro piano terapeutico prescritto. Il trattamento ha ridotto tutti i sintomi della depressione, ad eccezione delle fluttuazioni dell’umore giorno-notte 53.

In un altro studio su 60 pazienti, 120-180 secondi di crioterapia a corpo intero (da -110 a -160°C) in ogni giorno lavorativo per un periodo di 3 settimane, hanno migliorato i sintomi di depressione e ansia, e aumentato la soddisfazione generale della vita 54, 55.


EMICRANIA

Suggerimenti e precauzioni

aumentare gradualmente l’esposizione al freddo.

Si potrebbe iniziare abbassando il riscaldamento e facendo brevi passeggiate all’aperto nei mesi freddi con vestiti un po’ più leggeri del necessario.

Quando si vuole passare alle docce o ai bagni freddi, è bene seguire alcune raccomandazioni:

  • gradualità: evitare di sottoporsi immediatamente all’acqua fredda; piuttosto, iniziare con l’acqua calda per poi abbassarne gradualmente verso il basso la temperatura, procedendo a piccoli scatti;
  • breve durata: per ottenere benefici, la doccia fredda dovrebbe essere di almeno 30 secondi; successivamente, è possibile aumentare il tempo, ma in ogni caso è meglio non superare i 2-3 minuti.

38.

La crioterapia a corpo intero (WBC) prevede l’immersione del corpo in una camera fredda, che emette vapori a temperature estremamente basse, che vanno da -110°C a -160°C, di solito per un intervallo da 2 a 4 minuti 56, 57.

Quando si trovano nella camera criogenica, gli individui vengono spogliati ad eccezione di biancheria intima, calze e guanti per proteggere le estremità 58. Il tempo ottimale per ogni sessione dovrebbe essere di circa 2 minuti, ma l’evidenza è debole 59.

Controindicazioni

L’esposizione al freddo restringe i vasi sanguigni e aumenta la pressione e la frequenza cardiaca. In questo modo, sottoporsi a bagni o docce molto freddi può causare aritmie (battiti cardiaci irregolari), specialmente in pazienti con problemi cardiaci.

Per questo motivo, la crioterapia è da ritenersi generalmente controindicata per chi ha seri problemi cardiaci o polmonari, salvo diverso consiglio medico.

Risulta inoltre controindicata nelle donne in gravidanza e allattamento, nei bambini e in soggetti molto anziani.

fonte:

Magaxine X115

“La Forza nel Freddo”
LIBRO

In questo libro descriviamo un metodo che unisce esercizi di respirazione, addestramento al freddo e dedizione.

Il metodo prende il nome da Wim Hof, perché è lui che ha messo assieme queste tre componenti. Prende il suo nome anche per ragioni pratiche: Hof era già molto famoso per le sue apparizioni in televisione, dove mostrava quello che sa fare con il freddo.

Tutti riusciamo a sollevare la mano destra e a grattarci il naso con il dito indice. Tuttavia, nessuno riesce per esempio a combattere dei batteri iniettati nel braccio. Hof ci riesce. È in grado di influenzare e controllare il suo sistema nervoso autonomo. Ed è questo sistema a governare cose come la temperatura corporea, la frequenza cardiaca, la pressione del sangue e il respiro, oltre a determinare se i vasi sanguigni si dilatano o si contraggono. In altre parole, tutto ciò che succede nel corpo senza che noi ne siamo consapevoli.

Nel 2014 è stato dimostrato che aveva ragione. Uno studio scientifico condotto al Radboud University Medicai Centre su 24 soggetti ha rivelato che chi aveva messo in pratica il metodo Hof riusciva a controllare il sistema nervoso autonomo.

Una scoperta che cambierà il mondo

Se davvero dimostriamo di riuscire a controllare il nostro corpo, le possibilità che si profilano sono infinite. Finora abbiamo citato solo malattie gravi, ma secondo Hof il suo metodo può anche essere usato per curare i normali postumi di una bevuta dopo una serata fuori. Può inoltre trasmettere molta più energia. Anche se siamo perfettamente sani.

Con queste parole Hof si riferisce alla capacità fisica che già abbiamo nel nostro corpo. Dobbiamo semplicemente trovare la chiave per riscoprire questo potenziale. Per farlo, non dobbiamo fare che due cose: esercizi di respirazione e addestramento al freddo.

Tuttavia, per svolgerle in maniera adeguata ci occorre una ferma dedizione. Queste tre componenti (esercizi di respirazione, addestramento al freddo e dedizione) costituiscono ciò che chiamiamo il Wim Hof Method (WHM).

Descriviamo le tre componenti in tre capitoli distinti e ovviamente forniamo gli esercizi che potete svolgere da voi. A casa. E potete cominciare subito, oggi.

Vi diamo inoltre qualche informazione di base sugli esercizi. In che modo capirete che stanno funzionando? E come vi influenzano fisiologicamente?

Per questo motivo vi raccontiamo di persone che già usano il WHM. Alcune di loro hanno storie straordinarie da riferire. Per esempio, Marianne Peper in passato assumeva dodici tipi di farmaci per i suoi reumatismi e non riusciva nemmeno a vestirsi da sola dal dolore. Oggi non prende più farmaci e si sente perfettamente in salute.

Ci auguriamo che storie come questa vi stimolino a cominciare con gli esercizi. La semplice combinazione di esercizi di respirazione e addestramento al freddo può produrre risultati incredibili. Inoltre, se siete scettici e increduli di fronte alle nostre strabilianti storie ne siamo felici. Fintanto che rimanete scettici, sarete anche curiosi e vorrete saperne di più.

Hof ha anche dei nemici che non sono scettici, sono cinici. Lo chiamano ciarlatano. Tuttavia, se lo scetticismo si trasforma in cinismo, non sarete più in grado di vedere cosa funziona e cosa è possibile. Pertanto, leggete questo libro con una sana dose di riserva, ma non permettete a voi stessi di diventare troppo cinici.

Conosciuto come “The Iceman”, Wim Hof detiene 20 record mondiali, tra cui quello della più lunga immersione in una vasca di ghiaccio. Ha scalato montagne innevate vestito solo con un paio di pantaloncini, sviluppando attraverso il potere della mente la capacità di regolare a piacimento la sua temperatura corporea. Il Guinness Record per l’immersione più lunga nel ghiaccio è attualmente di due ore, stabilito da Hof.

 




Il Metodo del Ghiaccio

Il Metodo del Ghiaccio

Come attivare al massimo il tuo potenziale fisico e mentale

 

Wim Hof ha imparato non solo a controllare il proprio corpo in condizioni di freddo estremo, sopportando temperature intorno al punto di congelamento, ma ha anche sviluppato un sistema che permette a chiunque di ottenere strabilianti miglioramenti per la salute, grazie alla combinazione di particolari tecniche di respirazione e di esposizione controllata a temperature di poco inferiori ai valori abituali.

Il metodo Wim Hof è stato testato e confermato dalla facoltà di Medicina dell’Università di Rotterdam.

Wim Hof non si ammala mai e non deve far ricorso ad alcuna medicina per mantenersi in salute. Per dimostrare l’efficacia del suo metodo, è in grado di immergersi in vasche colme di cubetti di ghiaccio, correre a piedi nudi sulla neve o nuotare in acque gelide, senza la minima conseguenza per il suo corpo.

Disciplina e forza di volontà possono sconfiggere le malattie del benessere, dovute a un sistema immunitario indebolito, e sono in grado di condurci ben oltre i limiti che ci siamo autoimposti. Tuttavia, per imparare il metodo Wim Hof e ottenere i primi significativi risultati non è necessario praticare sport estremi o dedicarsi a pericolose avventure. Facili esercizi di respirazione, abbinati a una serie di usi controllati dell’acqua fredda in casa propria, sono i primi passi che permettono di acquisire una salute ottimale e una invidiabile resistenza al freddo.

In questo libro: 

  • Rafforzare il sistema immunitario
  • Sentirsi pieni di energia
  • Ottenere un sensibile dimagrimento
  • Risolvere problemi infiammatori
  • Bilanciare gli ormoni in modo naturale
  • Aumentare il livello di serotonina
  • Tornare a dormire come bambini

Il freddo come terapia: è il metodo Wim Hof. A Gubbio un corso per sperimentarlo




OMEGA 3: gli Acidi Grassi Essenziali

Gli acidi grassi omega 3 fanno parte dei nutrienti più importanti per l’organismo e hanno un effetto molto positivo sulla salute.

Vedremo insieme benefici per l’organismo, conseguenze di una carenza di Omega 3 nell’organismo, dosi consigliate ed effetti collaterali.

Generalità

Che cosa Sono

Cosa sono gli acidi grassi essenziali omega- 3?

Gli acidi grassi omega-3 appartengono al gruppo degli acidi grassi essenziali. Questo significa che il nostro corpo non può produrli da solo, per cui dobbiamo apportarli all’organismo attraverso l’alimentazione, visto che contribuiscono alla prevenzione di diverse malattie.

  • Sono acidi grassi poliinsaturi che dobbiamo includere quotidianamente nella nostra dieta.
  • Sono indispensabili per avere un sistema cardiovascolare sano e conservare il metabolismo in ottimo stato.
  • Hanno molte proprietà benefiche per l’organismo, fra le quali si evidenziano i loro effetti sulla pelle, sul cervello, sul sistema muscoloscheletrico e sul sistema immunitario.
  • Riducono la formazione di sostanze pro-infiammatorie e rafforzano la vista e il cervello.
  • È di vitale importanza assicurarci di ingerire nella nostra alimentazione quantità sufficienti di omega-3, sia a partire da fonti naturali e/o integratori che contengano questi acidi grassi essenziali.

    Tuttavia, le fonti alimentari di omega 3 sono abbastanza limitate. Per questo motivo, le persone che seguono una dieta occidentale standard tendono a non assumere abbastanza omega 3 1.

    Uno studio che ha analizzato le abitudini alimentari di oltre 45.000 americani ha scoperto che l’assunzione di omega-3 era inferiore alle quantità raccomandate in tutti i gruppi di età. Ciò dimostra che l’insufficienza di omega-3 è comune negli Stati Uniti 9.

    I cibi ricchi di omega 3 includono pesce, olio di pesce, alghe e microalghe (es. spirulina, clorella), semi di lino, olio di lino, olio di perilla, olio di noci, olio di ribes nero, olio di kiwi e semi di chia.


QUALI SONO

Quali Sono

I tre principali acidi grassi omega-3 sono chiamati:

  • ALA: acido alfa-linolenico → presente in alcuni semi e oli vegetali;
  • EPA: acido eicosapentaenoico → presente nel pesce;
  • DHA: acido docosaesaenoico → presente nel pesce.

All’interno dell’organismo, l’ALA viene convertito in EPA e DHA 2.

Tuttavia, questa capacità di conversione è limitata. Uno studio ha rilevato che nell’organismo adulto 3:

  • solo il 5% dell’ALA assunto viene convertito in EPA
  • meno dello 0,5% dell’ALA assunto viene convertito in DHA.

In uno studio su 56 partecipanti con malattie croniche, un’integrazione giornaliera di 3 grammi di ALA (da olio di semi di lino) è comunque riuscita ad aumentare i livelli di EPA nel sangue del 60% dopo 12 settimane rispetto al placebo 50.

A Cosa Servono

  • L’ALA viene usato dall’organismo per produrre energia. Risulta pressoché privo di attività biologiche ma l’organismo può convertirlo in EPA e DHA 4.
  • L’EPA è utile soprattutto per la sintesi di molecole di segnalazione chiamate eicosanoidi, che possono ridurre l’infiammazione 5.
  • Il DHA funge da componente strutturale nelle membrane cellulari, in particolare nelle cellule nervose del cervello e degli occhi 6.

PROPRIETA'

Proprietà degli acidi grassi omega 3 sull’organismo

Gli acidi grassi omega 3 agiscono in molti modi, per cui hanno un esteso spettro di attività. Una delle loro proprietà consiste nel proteggere le cellule contro l’invecchiamento prematuro, questo è dovuto al fatto che sono potenti antiossidanti che possono attraversare anche la barriera ematoencefalica.

Perché gli acidi grassi omega-3 hanno un impatto così forte sugli acidi grassi poliinsaturi essenziali, il DHA e l’EPA?

L’acido eicosapentaenoico (EPA) e l’acido docosaesaenoico (DHA) sono acidi grassi polinsaturi essenziali che sono presenti in tutte le membrane cellulari. Sono fondamentali per la comunicazione tra le cellule, ad esempio nel sistema nervoso, dove i messaggi devono raggiungere rapidamente tutte le parti del corpo. [3][4]

Gli omega 3 stimolano la produzione di prostaglandine, che sono ormoni che controllano molte funzioni fondamentali del corpo, come la risposta ai processi infiammatori e immunitari.[5]

Praticamente ogni parte del nostro corpo ha bisogno di un apporto adeguato di omega 3 per il suo corretto funzionamento. Ecco perché è così importante includere nella nostra dieta, in modo abituale, gli alimenti che li contengono e che proteggono le nostre membrane cellulari, poiché così le nostre funzioni corporee funzioneranno in modo ottimale.


Patologie come la pelle secca, asma e/o allergie sono comuni anche in bambini durante queste età. Livelli ottimali di EPA in questo momento possono aiutare a ridurre l’infiammazione associata con questi problemi.

CHE COSA FANNO acidi grassi omega-3 SUL NOSTRO organismo?

LEGGI QUI I BENEFICI
  • Riducono tutti i tipi di infiammazione. Pertanto, si consigliano per prevenire e alleviare le allergie l’asma e l’eczema.
  • Riducono i livelli di trigliceridi e aumentano i livelli di colesterolo buono o HDL, che riduce il pericolo di soffrire di infarto.
  • Riducono la probabilità di soffrire patologie cardiovascolari o infarti, meglio di qualsiasi altro farmaco con cui siano stati confrontati.
  • Prevengono contro la comparsa di infarti.[6]
  • Migliorano la salute della cartilagine e delle articolazioni.
  • Favoriscono la salute oculare e permettono di vedere meglio, sia in adulti, come nella crescita del feto dentro l’utero e nello sviluppo oculare dei bambini.
  • Svolgono un ruolo importante nello sviluppo del cervello. Uno studio clinico realizzato su bambini piccoli ha dimostrato che i bambini che prendono omega 3 aumentano la propria capacità mentale e visiva, che rende questi bambini più intelligenti rispetto a quelli che non li prendono.
  • Aiutano a trattare l’Alzheimer.
  • Aumentano il rendimento intellettuale, il quoziente intellettivo e aiutano le persone anziane a conservare la memoria in buono stato.
  • Aiutano le persone che soffrono di sclerosi multipla.
  • Riducono nei bambini i sintomi dell’ADHA (sindrome da deficit di attenzione).[7]
  • Preservano la permeabilità delle pareti cellulari.
  • Favoriscono l’equilibrio ormonale, che contribuisce ad avere un sonno profondo e riparatore e a svegliarsi riposati e con vitalità.
  • Diminuiscono la pressione arteriosa elevata. A differenza di altri medicinali che forzano la pressione sanguigna all’interno di un range normale, gli omega 3 riducono la pressione sanguigna in modo naturale e la mantengono ad un livello salutare. Sebbene ci voglia un po’ di più per regolare la pressione arteriosa, il vantaggio è che non hanno effetti collaterali, come avviene con i medicinali.
  • Prevengono la comparsa di problemi cardiovascolari, il deposito di grassi nelle arterie e la formazioni delle placchette nelle cellule endoteliali (il rivestimento delle arterie consiste in cellule endoteliali).
  • Riducono l’aderenza delle placchette e la probabilità di soffrire ictus causati dai coaguli di sangue nel cervello.
  • Riducono la produzione delle citochine, associate con le reazioni infiammatorie che aumentano le possibilità di soffrire arteriosclerosi.
  • Aumentano l’attività delle prostaglandine prodotte dalle cellule endoteliali e aiutano a rilassare e dilatare le arterie.
  • Aumentano la concentrazione degli eicosanoidi buoni (prostaglandina F2α e trombossano B2) e, allo stesso tempo, riducono i trigliceridi nocivi.[8]
  • Sono degli antiossidanti molto potenti e dei pochi che possono attraversare la barriera ematoencefalica.
  • Migliorano l’umore, aumentano l’ottimismo e riducono lo sviluppo delle malattie mentali.
  • Sono un antidepressivo naturale molto efficace.
  • Equilibrano il livello di testosterone.
  • Aiutano a ridurre la crescita delle cellule cancerogene e sono efficaci per trattare il cancro alla prostata[9], il cancro al seno e il cancro del colon-retto.
  • Sono l’integratore perfetto per prevenire contro l’invecchiamento, visto che migliorano il livello ormonale e la salute delle articolazioni. Inoltre, sono un fantastico complemento sportivo, dato che accelerano il recupero dopo il duro allenamento.
  • Riducono l’infiammazione nei polmoni e servono anche per trattare allergie, asma ed eczema. (studio)
  • Riducono l’obesità e migliorano la capacità delle cellule per rispondere all’insulina e stimolare l’espulsione di leptina. Questo ormone regola l’ingestione degli alimenti, il peso e il metabolismo corporeo, relazionato con la quantità di adipociti (cellule grasse).

CARENZA DI OMEGA 3

Quali patologie si producono per una carenza di acidi grassi Omega 3?

  • Sviluppo di malattie cardiovascolari
  • Depressione e altri disturbi neurologici
  • Maggior probabilità di soffrire di reumatismi e altre patologie infiammatorie
  • Pelle secca e squamosa
  • Alta pressione arteriosa
  • Diminuzione della vista
  • Sistema immunitario debilitato
  • Diminuzione del flusso sanguigno

Perché è importante assumere Omega 3

Aldilà della funzione energetica, il corpo utilizza l’EPA e il DHA per produrre molecole di segnalazione chiamate eicosanoidi.

riducono l’infiammazione 17.

Gli eicosanoidi vengono talvolta chiamatiresolvine“, proprio per questa loro capacità di “risolvere” l’infiammazione 18, 19.

  • Un ridotto consumo di alimenti ricchi di omega 3 – soprattutto se associato a una dieta ricca di zuccheri, grassi trans e cibi trasformati – potrebbe quindi instaurare uno stato di infiammazione cronica 20.
  • Numerosi studi suggeriscono che l’infiammazione cronica di basso livello svolge un ruolo importante nell’insorgenza e nella gravità di malattie cardiache, cancro, sindrome metabolica, obesità, morbo di Alzheimer e varie altre malattie degenerative 21, 22, 23, 20.

Dove sono gli OMEGA3

Quanto Omega-3 Assumere

Di seguito, riportiamo gli apporti di omega-3 consigliati da varie organizzazioni nazionali e internazionali. Poiché la loro lettura e applicazione può risultare complicata, risulta opportuno tradurre queste raccomandazioni in termini pratici:

è possibile soddisfare i fabbisogni di omega-3:

  • includendo nella propria dieta cibi ricchi di acido α-linolenico (ALA), come noci, semi di lino e olio di canola.
  • per i vegetariani esistono anche omega 3 di derivazione algale.
  • In gravidanza, sotto consiglio e controllo medico, può essere suggerita un’integrazione specifica di DHA, a dosi di 200 mg al giorno 7, 8
DOSAGGIO OMEGA 3

L’assunzione giornaliera consigliata di omega 3 è la seguente:

  • Adulti sani normali: Approssimativamente 650 milligrammi di EPA e DHA al giorno
  • Persone con alcune malattie cardiovascolari o con possibilità di soffrirne: 1 grammo al giorno
  • Persone che vogliano ridurre i propri livelli di trigliceridi: 2 grammi al giorno
  • Se desideri ridurre i livelli di colesterolo, è importante prendere una dose maggiore di omega 3, visto che una dose troppo bassa non produrrà l’effetto desiderato.

INTEGRATORI

INTEGRATORI di OMEGA 3:

Confezioni da 50, 100, 250, 500 perle softgel

3 perle contengono 900 mg di Omega (EPA-DHA)

SCONTO 10% su tutti i prodotti Prinfit usando il codice sconto: Vitamineral


120 perle

4 perle contengono 2880 mg

 


Altri articoli sugli OMEGA 3

BIBLIOGRAFIA

Fonti bibliografiche:

  • 1. Swanson D, Block R, Mousa SA. Omega-3 fatty acids EPA and DHA: health benefits throughout life. Adv Nutr. 2012 Jan;3(1):1-7. doi: 10.3945/an.111.000893. Epub 2012 Jan 5.
  • 2. Maghsoumi-Norouzabad L, Mansoori A, Abed R, Shishehbor F. Effects of omega-3 fatty acids on the frequency, severity, and duration of migraine attacks: A systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. Nutr Neurosci. 2017 Jun 30:1-10. doi: 10.1080/1028415X.2017.1344371.
  • 3. J Neubronner, J P Schuchardt, G Kressel, M Merkel, C von Schacky and A Hahn. Enhanced increase of omega-3 index in response to long-term n-3 fatty acid supplementation from triacylglycerides versus ethyl esters. Eur J Clin Nutr. 2011 Feb
  • 4. Welma Stonehouse, Cathryn A Conlon, John Podd, Stephen R Hill, Anne M Minihane, Crystal Haskell, and David Kennedy. DHA supplementation improved both memory and reaction time in healthy young adults: a randomized controlled trial. The American journal of clinical nutrition. 2013 May;97(5):1134-43.
  • 5. de Wilde MC, van der Beek EM, Kiliaan AJ, Leenders I, Kuipers AA, Kamphuis PJ, Broersen LM. Docosahexaenoic acid reduces amyloid-β(1-42) secretion in human AβPP-transfected CHO-cells by mechanisms other than inflammation related to PGE₂. J Alzheimers Dis. 2010;21(4):1271-81.
  • 6. Black HS, Thornby JI, Gerguis J, Lenger W. Influence of dietary omega-6, -3 fatty acid sources on the initiation and promotion stages of photocarcinogenesis. Photochem Photobiol. 1992 Aug;56(2):195-9.
  • 7. Bélanger SA, Vanasse M, Spahis S, Sylvestre MP, Lippé S, L’heureux F, Ghadirian P, Vanasse CM, Levy E. Omega-3 fatty acid treatment of children with attention-deficit hyperactivity disorder: A randomized, double-blind, placebo-controlled study. Paediatr Child Health. 2009 Feb;14(2):89-98.
  • 8. Zulyniak MA, Perreault M, Gerling C, Spriet LL, Mutch DM. Fish oil supplementation alters circulating eicosanoid concentrations in young healthy men. Metabolism. 2013 Aug;62(8):1107-13. doi: 10.1016/j.metabol.2013.02.004.
  • 9. Mara M. Epstein et al. Dietary Fatty Acid Intake and Prostate Cancer Survival in Örebro County, Sweden. Am J Epidemiol. 2012 Aug 1; 176(3): 240–252.
  • 10. Mozaffarian D, Wu JH. Omega-3 fatty acids and cardiovascular disease: effects on risk factors, molecular pathways, and clinical events. J Am Coll Cardiol. 2011 Nov 8;58(20):2047-67. doi: 10.1016/j.jacc.2011.06.063.
  • 11. Block RC, Dorsey ER, Beck CA, Brenna JT, Shoulson I. Altered cholesterol and fatty acid metabolism in Huntington disease. J Clin Lipidol. 2010 Jan-Feb;4(1):17-23. doi: 10.1016/j.jacl.2009.11.003.
  • 12. Curado Borges M et al. Omega-3 fatty acids, inflammatory status and biochemical markers of patients with systemic lupus erythematosus: a pilot study. Rev Bras Reumatol Engl Ed. 2017 Nov – Dec;57(6):526-534. doi: 10.1016/j.rbre.2016.09.014.
  • 13. Shidfar F, Keshavarz A, Hosseyni S, Ameri A, Yarahmadi S. Effects of omega-3 fatty acid supplements on serum lipids, apolipoproteins and malondialdehyde in type 2 diabetes patients. East Mediterr Health J. 2008 Mar-Apr;14(2):305-13.
  • 14. Morris MC, Evans DA, Tangney CC, Bienias JL, Wilson RS. Fish consumption and cognitive decline with age in a large community study. Arch Neurol. 2005 Dec;62(12):1849-53. Epub 2005 Oct 10.
  • 15. Mori TA. Omega-3 fatty acids and cardiovascular disease: epidemiology and effects on cardiometabolic risk factors. Food Funct. 2014 Sep;5(9):2004-19. doi: 10.1039/c4fo00393d.
  • 16. Bell GA, Kantor ED, Lampe JW, Kristal AR, Heckbert SR, White E. Intake of long-chain ω-3 fatty acids from diet and supplements in relation to mortality. Am J Epidemiol. 2014 Mar 15;179(6):710-20. doi: 10.1093/aje/kwt326.
  • 17. Jain AP, Aggarwal KK, Zhang PY. Omega-3 fatty acids and cardiovascular disease. Eur Rev Med Pharmacol Sci. 2015;19(3):441-5.
  • 18. Mori TA. Marine OMEGA-3 fatty acids in the prevention of cardiovascular disease. Fitoterapia. 2017 Nov;123:51-58. doi: 10.1016/j.fitote.2017.09.015.
  • 19. Saremi A, Arora R. The utility of omega-3 fatty acids in cardiovascular disease. Am J Ther. 2009 Sep-Oct;16(5):421-36. doi: 10.1097/MJT.0b013e3180a5f0bb.
  • 20. Leaf A. Historical overview of n-3 fatty acids and coronary heart disease. Am J Clin Nutr. 2008 Jun;87(6):1978S-80S.
  • 21. Soumia Peter, Sandeep Chopra, and Jubbin J. Jacob. A fish a day, keeps the cardiologist away! – A review of the effect of omega-3 fatty acids in the cardiovascular system. Indian J Endocrinol Metab. 2013 May-Jun; 17(3): 422–429.
  • 22. Dangardt F, Osika W, Chen Y, Nilsson U, Gan LM, Gronowitz E, Strandvik B, Friberg P. Omega-3 fatty acid supplementation improves vascular function and reduces inflammation in obese adolescents. Atherosclerosis. 2010 Oct;212(2):580-5. doi: 10.1016/j.atherosclerosis.2010.06.046.
  • 23. Larson MK, Tormoen GW, Weaver LJ, Luepke KJ, Patel IA, Hjelmen CE, Ensz NM, McComas LS, McCarty OJ. Exogenous modification of platelet membranes with the omega-3 fatty acids EPA and DHA reduces platelet procoagulant activity and thrombus formation. Am J Physiol Cell Physiol. 2013 Feb 1;304(3):C273-9. doi: 10.1152/ajpcell.00174.2012. Epub 2012 Nov 21.
  • 24. Pirillo A, Catapano AL. Omega-3 polyunsaturated fatty acids in the treatment of atherogenic dyslipidemia. Atheroscler Suppl. 2013 Aug;14(2):237-42. doi: 10.1016/S1567-5688(13)70004-7.
  • 25. Gan RW et al. The association between omega-3 fatty acid biomarkers and inflammatory arthritis in an anti-citrullinated protein antibody positive population. Rheumatology (Oxford). 2017 Dec 1;56(12):2229-2236. doi: 10.1093/rheumatology/kex360.
  • 26. Philip C. Calder. Omega-3 Fatty Acids and Inflammatory Processes. Nutrients. 2010 Mar; 2(3): 355–374.
  • 27. Simopoulos AP. Omega-3 fatty acids in inflammation and autoimmune diseases. J Am Coll Nutr. 2002 Dec;21(6):495-505.
  • 28. Maroon JC, Bost JW. Omega-3 fatty acids (fish oil) as an anti-inflammatory: an alternative to nonsteroidal anti-inflammatory drugs for discogenic pain. Surg Neurol. 2006 Apr;65(4):326-31.
  • 29. Miles EA, Calder PC. Influence of marine n-3 polyunsaturated fatty acids on immune function and a systematic review of their effects on clinical outcomes in rheumatoid arthritis. Br J Nutr. 2012 Jun;107 Suppl 2:S171-84. doi: 10.1017/S0007114512001560.
  • 30. Judge MP. Omega-3 Consumption During Pregnancy to Support Optimal Outcomes. J Obstet Gynecol Neonatal Nurs. 2017 Jul 20. pii: S0884-2175(17)30313-1.
  • 31. Drewery ML, Gaitán AV, Thaxton C, Xu W, Lammi-Keefe CJ. Pregnant Women in Louisiana Are Not Meeting Dietary Seafood Recommendations. J Pregnancy. 2016;2016:1853935. doi: 10.1155/2016/1853935. Epub 2016 Jul 18.
  • 32. Juliana dos Santos Vaz, Gilberto Kac, Pauline Emmett, John M. Davis, Jean Golding, and Joseph R. Hibbeln. Dietary Patterns, n-3 Fatty Acids Intake from Seafood and High Levels of Anxiety Symptoms during Pregnancy: Findings from the Avon Longitudinal Study of Parents and Children. LoS One. 2013; 8(7): e67671.
  • 33. Souied EH, Aslam T, Garcia-Layana A, Holz FG, Leys A, Silva R, Delcourt C. Omega-3 Fatty Acids and Age-Related Macular Degeneration. Ophthalmic Res. 2015;55(2):62-9. doi: 10.1159/000441359. Epub 2015 Nov 27.
  • 34. Lawrenson JG, Evans JR. Omega 3 fatty acids for preventing or slowing the progression of age-related macular degeneration. Cochrane Database Syst Rev. 2015 Apr 9;(4):CD010015. doi: 10.1002/14651858.CD010015.pub3.
  • 35. Seddon JM, George S, Rosner B. Cigarette smoking, fish consumption, omega-3 fatty acid intake, and associations with age-related macular degeneration: the US Twin Study of Age-Related Macular Degeneration. Arch Ophthalmol. 2006 Jul;124(7):995-1001.
  • 36. Wu J et al. Dietary intake of α-linolenic acid and risk of age-related macular degeneration. Am J Clin Nutr. 2017 Jun;105(6):1483-1492.
  • 37. Kiecolt-Glaser JK, Belury MA, Andridge R, Malarkey WB, Glaser R. Omega-3 supplementation lowers inflammation and anxiety in medical students: a randomized controlled trial. Brain Behav Immun. 2011 Nov;25(8):1725-34. doi: 10.1016/j.bbi.2011.07.229.
  • 38. Kiecolt-Glaser JK, Epel ES, Belury MA, Andridge R, Lin J, Glaser R, Malarkey WB, Hwang BS, Blackburn E. Omega-3 fatty acids, oxidative stress, and leukocyte telomere length: A randomized controlled trial. Brain Behav Immun. 2013 Feb;28:16-24.
  • 39. Stacey Ageranioti Bélanger, MD PhD, Michel Vanasse, MD, Schohraya Spahis, MSc, Marie-Pierre Sylvestre, MSc, Sarah Lippé, PhD, François l’Heureux, MSc, Parviz Ghadirian, PhD, Catherine-Marie Vanasse, PhD, and Emile Levy, MD PhD. Omega-3 fatty acid treatment of children with attention-deficit hyperactivity disorder: A randomized, double-blind, placebo-controlled study. Paediatr Child Health. 2009 Feb; 14(2): 89–98.
  • 40. Bos DJ, Oranje B, Veerhoek ES, Van Diepen RM, Weusten JM, Demmelmair H, Koletzko B, de Sain-van der Velden MG, Eilander A, Hoeksma M, Durston S. Reduced Symptoms of Inattention after Dietary Omega-3 Fatty Acid Supplementation in Boys with and without Attention Deficit/Hyperactivity Disorder. Neuropsychopharmacology. 2015 Sep;40(10):2298-306. doi: 10.1038/npp.2015.73. Epub 2015 Mar 19.
  • 41. Bloch MH, Qawasmi A. Omega-3 fatty acid supplementation for the treatment of children with attention-deficit/hyperactivity disorder symptomatology: systematic review and meta-analysis. J Am Acad Child Adolesc Psychiatry. 2011 Oct;50(10):991-1000. doi: 10.1016/j.jaac.2011.06.008. Epub 2011 Aug 12.
  • 42. Howe P, Buckley J. Metabolic health benefits of long-chain omega-3 polyunsaturated fatty acids. Mil Med. 2014 Nov;179(11 Suppl):138-43. doi: 10.7205/MILMED-D-14-00154.
  • 43. Smith GI, Julliand S, Reeds DN, Sinacore DR, Klein S, Mittendorfer B. Fish oil-derived n-3 PUFA therapy increases muscle mass and function in healthy older adults. Am J Clin Nutr. 2015 Jul;102(1):115-22. doi: 10.3945/ajcn.114.105833. Epub 2015 May 20.
  • 44. Schaefer EJ, Bongard V, Beiser AS, Lamon-Fava S, Robins SJ, Au R, Tucker KL, Kyle DJ, Wilson PW, Wolf PA. Plasma phosphatidylcholine docosahexaenoic acid content and risk of dementia and Alzheimer disease: the Framingham Heart Study. Arch Neurol. 2006 Nov;63(11):1545-50.
  • 45. Greg M. Cole, Ph.D., Qiu-Lan Ma, M.D., Ph.D., and Sally A. Frautschy, Ph.D. Omega-3 fatty acids and dementia. Prostaglandins Leukot Essent Fatty Acids. Author manuscript; available in PMC 2014 May 13.
  • 46. Bauer I, Hughes M, Rowsell R, Cockerell R, Pipingas A, Crewther S, Crewther D. Omega-3 supplementation improves cognition and modifies brain activation in young adults. Hum Psychopharmacol. 2014 Mar;29(2):133-44.
  • 47. Paul Montgomery, Jennifer R Burton, Richard P Sewell, Thees F Spreckelsen, and Alexandra J Richardson. Fatty acids and sleep in UK children: subjective and pilot objective sleep results from the DOLAB study – a randomized controlled trial. J Sleep Res. 2014 Aug; 23(4): 364–388.
  • 48. Sarter B, Kelsey KS, Schwartz TA, Harris WS. Blood docosahexaenoic acid and eicosapentaenoic acid in vegans: Associations with age and gender and effects of an algal-derived omega-3 fatty acid supplement. Clin Nutr. 2015 Apr;34(2):212-8. doi: 10.1016/j.clnu.2014.03.003. Epub 2014 Mar 14.
  • 49. Saunders AV, Davis BC, Garg ML. Omega-3 polyunsaturated fatty acids and vegetarian diets. Med J Aust. 2013 Aug 19;199(4 Suppl):S22-6.
  • 50. Simopoulos AP. The importance of the ratio of omega-6/omega-3 essential fatty acids. Biomed Pharmacother. 2002 Oct;56(8):365-79.

HSNStoreBlog

  • Magazine X115

  •  




    Bromelina: proprietà e benefici

    Bromelina o Bromelaina

    La bromelina è una complessa miscela di enzimi proteolitici estratta dall’ananas.

    In natura, abbonda sia nel gambo che nel frutto dell’ananas. Tuttavia, il gambo la contiene in concentrazioni nettamente maggiori. È quindi importante sottolineare che mangiare ananas non produce gli stessi benefici per la salute ottenibili con l’integrazione di bromelina 1.

    La bromelina estratta dal fusto o dal gambo dell’ananas è quella più usata negli integratori perché ha un contenuto maggiore di proteasi (enzimi proteolitici) 2, 3.

    È stato dimostrato che la maggior parte dei benefici non è dovuta a un particolare enzima presente nella bromelina. Piuttosto, ci sono probabilmente molteplici fattori coinvolti nei suoi effetti positivi per la salute umana 4, 5.

    Indice

    • A che cosa serve la Bromelina
    • Benefici ed indicazioni
    • Dosi e Modo d’Uso
    • Effetti Collaterali
    • Chi non deve assumere Bromelina
    • Quali integratori acquistare
    • Cattiva Digestione
    • Artrosi e Infiammazione
    • Azione Antiedemigena
    • Attività Antibiotica
    • Azione Miorilassante
    • Attività Antitumorale
    • Guarigione delle Ferite
    • Malattie Cardiovascolari
    • Bromelina e Covid-19

    A che Cosa Serve la Bromelina

    da artrosi e interventi chirurgici. Infatti, la Bromelina:

    • combatte l’infiammazione
    • favorisce il riassorbimento di edemi e infiltrati nei tessuti, formatisi a seguito di ferite o di interventi chirurgici.

    Inoltre, promuove la guarigione delle ustioni e aiuta a ridurre le infiammazioni delle prime vie respiratorie (sinusiti, otiti, riniti, tracheiti, tonsilliti).

    In flebologia, può essere sfruttata nel trattamento dei sintomi di insufficienza venosa, varici ed emorroidi (anche associandola a principi attivi vaso-protettori, come gli estratti di mirtillo, rusco e centella).

    Oltre ai suoi usi medicinali, la bromelina è stata utilizzata in molti altri settori come l’industria alimentare e della birra, nonché nei settori dell’abbigliamento, cosmetico e farmaceutico.

    Benefici e Indicazioni

    In base ai dati attualmente disponibili, l’uso della bromelina potrebbe risultare utile come:

    • cicatrizzante.

    Dosi e Modo d’Uso

    Ci sono due modi di assumere integratori a base di Bromelina:

    1. al pasto per favorire i processi digestivi.
    2. lontano dai pasti in tutti gli altri casi, ad es. quando si desidera favorire il drenaggio dei liquidi, contrastare l’infiammazione e sostenere e la funzionalità del microcircolo.

    È importante attenersi alle istruzioni d’uso riportate nel prodotto.

    Che quantità consumare?

    La dose più comunemente prescritta nelle informazioni fornite dagli specialisti varia tra i 500 e gli 800mg di questi prodotti al giorno. Le dosi di Bromelina a seconda della condizione che si sta trattando sono:

    • 400mg al giorno per artrite
    • 1.000mg al giorno per allergie
    • 500mg per 3 volte al giorno per il recupero da operazioni e/o lesioni

    Si consiglia di prendere prodotti di questo tipi a stomaco vuoto, eccetto quando si cerchi un miglioramento digestivo, caso in cui si devono assumere con i pasti.

    Assorbimento e Biodisponibilità

    Le caratteristiche farmacocinetiche della bromelina rappresentano sicuramente un punto forte dell’integrazione con questo enzima. Della quota assunta, infatti, oltre il 40% è misurabile nel plasma nelle successive 10 ore, con un’emivita che può tranquillamente raggiungere le 48 ore.

    Effetti Collaterali

    Nonostante siano state utilizzate sperimentalmente dosi anche molto elevate di Bromelina, gli effetti collaterali registrati sembrano clinicamente poco rilevanti.

    Nausea, vomito, diarrea, metrorragia e menorragia rappresenterebbero le reazioni avverse più frequentemente osservate.

    Chi non deve prendere Bromelina?

    La Bromelina ha dimostrato di essere generalmente sicura se assunta in dosi moderate, anche se le informazioni preliminari collega un aumento della frequenza cardiaca in relazione all’uso di questi prodotti.

    Non devono assumerla:

    • Persone con una infiammazione al rivestimento dello stomaco
    • Donne incinta o in allattamento
    • Bambini
    • Persone con malattie renali o epatiche
    • Precauzione nei casi in cui si assumono farmaci anticoagulanti

    farmaci fluidificanti del sangue. Si consiglia cautela anche quando la si utilizza in combinazione con altri integratori che possono fluidificare il sangue, come l’olio di pesce, il ginkgo biloba o la vitamina E.

    Di diversa natura e sicuramente più gravi risultano le reazioni avverse legate all’ipersensibilità verso il frutto o l’enzima.

    La Bromelina non deve quindi essere utilizzata da persone allergiche all’ananas o ad altre sostanze che potrebbero provocare una reazione allergica al frutto (reattività crociata). Queste sostanze includono:

    • polline d’erba
    • lattice
    • sedano
    • finocchio
    • carote
    • frumento.

    Quali integratori acquistare.
    Vitamineral ve ne propone 4 con sola Bromelina, ed un altro con la Curcuma che ha una azione sinergica.

    Integratore di bromelina da Ananas con funzione drenante e digestiva

    Viridian by Natur

     


    Nutriva

    Alta biodisponibilità di bromelina,utile per mantenere la funzionalità del microcircolo
    e aiutare il drenaggio dei liquidi in eccesso.

    Integratore con Bromelina estratta da ananas utile per favorire la digestione e il drenaggio dei liquidi corporei


    Ottenuta da ananas

  • Supporta la funzione gastrointestinale
  • Allevia i dolori osteo-muscolari
  • Sostiene una sana digestione
  • Migliora la sintesi proteica

    • Sostegno per il tessuto articolare
    • Antifiammatorio e antiossidante
    • Supporta uno stato emotivo sano
    • Cattiva Digestione

    L’attività proteasica della bromelina si è rivelata potenzialmente utile come sostituto dei classici enzimi digestivi quali la tripsina e la pepsina.

    In questo senso, l’assunzione di bromelina immediatamente prima di un pasto potrebbe facilitare i processi digestivi, soprattutto in quei pazienti con deficit enzimatico legato, ad esempio, a un’insufficienza pancreatica.

    Uno studio ha dimostrato che i partecipanti con insufficienza pancreatica hanno sperimentato una migliore digestione dopo aver assunto un integratore di enzimi digestivi contenente bromelina, rispetto all’assunzione dello stesso integratore di enzimi digestivi senza bromelina 6.

    Un altro studio ha dimostrato che la bromelina, in combinazione con alginato di sodio, bicarbonato di sodio e oli essenziali, ha migliorato significativamente i sintomi della dispepsia (cattiva digestione) 7.

    Infine, la combinazione di bile di bue, pancreatina e bromelina si è dimostrata efficace nel ridurre l’escrezione di grasso nelle feci nei pazienti con steatorrea pancreatica, con conseguente miglioramento sintomatico del dolore, della flatulenza e della frequenza di evacuazione 8.

    Artrosi e Infiammazione

    Numerosi studi hanno descritto l’attività antinfiammatoria della bromelina.

    Più precisamente, a questo enzima vengono attribuite attività proteolitiche e fibrinolitiche in ambiente infiammatorio, e un’attività inibitoria sulla sintesi di prostaglandine infiammatorie.

    L’azione antinfiammatoria della bromelina può rivelarsi preziosa nel controllo dell’evoluzione flogistica in differenti patologie, anche di natura osteo-articolari.

    • La bromelina ha ridotto il gonfiore dei tessuti, il dolore e la rigidità articolare in 2 studi clinici su 117 persone con artrosi del ginocchio. In uno di essi, si è dimostrata efficace quanto il farmaco antidolorifico diclofenac 9, 10.
    • In 77 pazienti con artrite reumatoide o osteoartrosi, la bromelina (400 mg) ha migliorato i sintomi generali, ridotto la rigidità e migliorato la funzione fisica 9.

    Diversi studi hanno dimostrato che la bromelina può ridurre l’infiammazione, il gonfiore, i lividi e il dolore che si manifestano dopo l’intervento chirurgico. Sembra anche ridurre i marker di infiammazione 11.

    Azione Antiedemigena

    La Bromelina aiuta a ridurre l’edema infiammatorio (accumulo di liquidi), a riassorbire l’ematoma e a risolvere il processo infiammatorio.

    In questo modo velocizza il ripristino delle condizioni fisiologiche e la ripresa della funzionalità della zona lesa in seguito a traumi o interventi chirurgici.

    Quest’azione antiedemigena può essere spiegata sulla base dell’attività fibrinolitica e in parte proteasica della Bromelina.

    Infatti, la possibilità di rimodellare adeguatamente la matrice, impedendo la formazione di macromolecole osmoticamente attive, risulterebbe preziosa nell’impedire l’accumulo di liquidi extracellulari e nel prevenire il conseguente edema post-infiammatorio (gonfiore).

    L’attività antiedemigena della Bromelina si rivela clinicamente preziosa in corso di tromboflebite, cellulite, trombosi venosa profonda, ecchimosi ed edema traumatico o post-chirurgico.

    Ad esempio, uno studio ha descritto che la Bromelina è stata utile nel trattamento della tromboflebite acuta, diminuendo la compromissione della deambulazione e i sintomi dell’infiammazione (come dolorabilità, edema e dolore) 12.

    13.

    Attività Antibiotica

    L’attività antibiotica della Bromelina risulterebbe per lo più indiretta, aumentando sia i livelli sierici di svariati antibiotici che la biodisponibilità tissutale degli stessi 14.

    La bromelina può aumentare l’assorbimento di penicillina e tetracicline (antibiotici che combattono le infezioni batteriche). Potrebbe anche aiutare a ridurre i loro effetti collaterali 1, 15, 16, 17.

    18, 19.

    Nell’uomo sono stati osservati benefici:

    • associando Serenoa repens, Selenio, Licopene, Bromelina e Metilsulfonilmetano, come terapia aggiuntiva in pazienti con prostatite batterica cronica 20.

    Negli studi su animali, l’integrazione di Bromelina ha dimostrato di proteggere dalla diarrea causata da patogeni intestinali come Escherichia coli e Vibrio cholerae 21. In tal senso, la bromelina agirebbe ostacolando l’adesione dei patogeni alle pareti intestinali 22, 23.

    Azione Miorilassante

    Nonostante i meccanismi molecolari non siano ancora del tutto noti, differenti studi dimostrano come la Bromelina possa espletare un’attività spasmolitica degna di nota, riducendo ad esempio l’intensità dei dolori in pazienti con dismenorrea.

    Anche in questo caso sembrerebbe tuttavia intervenire l’attività antinfiammatoria, in particolare la riduzione della concentrazione ematica di PGE2.

    La Bromelina può avere proprietà antinfiammatorie e antidolorifiche, sebbene non vi siano prove concrete a sostegno della sua efficacia per alleviare i crampi mestruali e il mal di testa 24, 2.

    Attività Antitumorale

    Numerosissimi studi stanno cercando di comprendere al meglio le potenziali attività antitumorali della Bromelina, osservate in vitro nei confronti di carcinomi dello stomaco, mesoteliomi e altre patologie oncologiche.

    Nonostante non vi siano ancora evidenze cliniche degne di nota, le ipotesi più accreditate sembrerebbero prevedere da un lato l’induzione del processo apoptotico, e dall’altro il potenziamento dell’attività antitumorale dei chemioterapici.

    Studi in provetta hanno dimostrato che la Bromelina potrebbe aiutare a combattere il cancro 25, 26. Studi in vitro e su animali hanno scoperto che la Bromelina può stimolare il sistema immunitario a produrre molecole che rendono i globuli bianchi più efficaci nel sopprimere la crescita delle cellule tumorali ed eliminarle 26.

    Sono chiaramente necessarie ulteriori ricerche basate sull’uomo prima di poter trarre conclusioni.

    Guarigione delle Ferite

    Le prove suggeriscono che la bromelina può aiutare ad accelerare la guarigione delle ustioni profonde.

    Oltre agli enzimi che degradano le proteine, gli estratti di ananas contengono un enzima (escarasi) che aiuta a rimuovere i tessuti morti e ad accelerare la guarigione della ferita 27.

    Per questo motivo, il debridement a base di Bromelina ha dimostrato di essere un efficace agente per lo sbrigliamento della ferita e la rimozione delle cellule necrotiche.

    In 5 studi clinici su oltre 350 persone con ustioni profonde, il trattamento enzimatico con Bromelina ha guarito le ferite con un’efficacia simile ai trattamenti convenzionali e ha ridotto la necessità di un intervento chirurgico 28, 29, 30, 31, 32.

    Malattie Cardiovascolari

    Diversi studi indicano che la Bromelina può ridurre o minimizzare i sintomi associati a varie malattie cardiovascolari 33.

    In particolare, la Bromelina:

    • 36, 37;
    • usata per lunghi periodi svolge anche un ruolo antiipertensivo 2.

    La Bromelina provoca quindi la distruzione di trombi e diminuisce la viscosità del sangue. In questo modo aiuta a ridurre l’incidenza di angina pectoris e attacchi di cardiomiopatia transitoria 1. Può anche favorire la dissoluzione della placca aterosclerotica, riducendo così il rischio di malattia aterosclerotica.

    tromboflebite acuta a cui è stata somministrata Bromelina in combinazione con antidolorifici hanno manifestato una significativa diminuzione dei sintomi infiammatori come dolore, gonfiore e febbre alta 38.

    Nei ratti, la somministrazione di Bromelina ha ridotto i danni causati da un insufficiente apporto di sangue (ischemia). Di conseguenza, la bromelina ha ridotto la morte delle cellule cardiache e ha migliorato il recupero dopo un infarto o un ictus 34.

    Bromelina e Covid-19

    La Bromelina è stata più volte indicata come un potenziale aiuto naturale nel trattamento di supporto della malattia da coronavirus COVID-19.

    Agendo attraverso diversi meccanismi (antiossidanti, antinfiammatori, proteolitici immunomodulatori), la Bromelina potrebbe infatti inibire o comunque contrastare l’infezione da SARS-CoV-2 39.

    Ad esempio, potrebbe ridurre la capacità del virus di legarsi alle cellule e infettarle 40, 39, 34.

    3, 41.

    BIBLIOGRAFIA

    1. https://www.enbuenasmanos.com/propiedades-de-la-bromelina
    2. “Obtención de bromelina a partir de los deshechos de la piña” Universidad Nacional de Colombia 1992.
    3. https://www.globalhealingcenter.net/salud-natural/bromelina.html
    4. “Biotecnología alimentaria” Noriega Editores 2004
    5. “Técnico especialista en laboratorio de atención primaria” Instituto Catalán de Salud, Editorial: MAD 2006
    6. “La farmacia Natural” James A. Duke, Editorial: Rodale 1997
    7. Kelly, G.S. Bromelain: A Literature Review and Discussion of its Therapeutic Applications. November 1, 1996
    8. Pavan R, Jain S, Shraddha, Kumar A. Properties and therapeutic application of bromelain: a review. Biotechnol Res Int. 2012;2012:976203. doi: 10.1155/2012/976203. Epub 2012 Dec 10.
    9. Maurer HR. Bromelain: biochemistry, pharmacology and medical use. Cell Mol Life Sci. 2001 Aug;58(9):1234-45.
    10. Pillai K, Akhter J, Chua TC, Morris DL. Anticancer property of bromelain with therapeutic potential in malignant peritoneal mesothelioma. Cancer Invest. 2013 May;31(4):241-50. doi: 10.3109/07357907.2013.784777. Epub 2013 Apr 9.
    11. K.Pillai, A.Ehteda, J.Akhter, T.C.Chua, D.L.Morris. Anticancer effect of bromelain alone and in combination with cisplatin or fluorouracil on malignant peritoneal mesothelioma cells. European Journal of Cancer. Volume 50, Supplement 4, May 2014, Page e66.
    12. Hale LP, Greer PK, Trinh CT, Gottfried MR. Treatment with oral bromelain decreases colonic inflammation in the IL-10-deficient murine model of inflammatory bowel disease. Clin Immunol. 2005 Aug;116(2):135-42.
    13. Singh T, More V, Fatima U, Karpe T, Aleem MA, Prameela J. Effect of proteolytic enzyme bromelain on pain and swelling after removal of third molars. J Int Soc Prev Community Dent. 2016 Dec;6(Suppl 3):S197-S204. doi: 10.4103/2231-0762.197192.
    14. Eric R. Secor, Jr., Steven M. Szczepanek, Christine A. Castater, Alexander J. Adami, Adam P. Matson, Ektor T. Rafti, Linda Guernsey, Prabitha Natarajan, Jeffrey T. McNamara, Craig M. Schramm, Roger S. Thrall, and Lawrence K. Silbart. Bromelain Inhibits Allergic Sensitization and Murine Asthma via Modulation of Dendritic Cells. Evid Based Complement Alternat Med. 2013; 2013: 702196. Published online 2013 Dec 5. doi: 10.1155/2013/702196.
    15. Dave S, Kaur NJ, Nanduri R, Dkhar HK, Kumar A, Gupta P. Inhibition of adipogenesis and induction of apoptosis and lipolysis by stem bromelain in 3T3-L1 adipocytes. 2012;7(1):e30831. doi: 10.1371/journal.pone.0030831. Epub 2012 Jan 24.




    Terapia Integrata in Oncologia
    Le vitamine sono fattori di crescita?

    E vedremo anche come risponde il dr Giuseppe Di Bella, ormai conosciuto più a livello internazionale che italiano, ma che noi di Vitamineral riteniamo essere uno dei maggiori esponenti della ricerca che si è invece fermata in altri ambiti più ufficiali.

    Tante le testimonianze di malati ed ex-malati che hanno beneficiato delle cure non convenzionali, da sole o in associazione a chemio e radioterapia. Tante di queste persone sono guarite o hanno migliorato la qualità della vita con l’aiuto di rimedi naturali che non possiamo tacere.

    Crediti immagine a Studio Dentistico Cozzolino

    FONDAZIONE ARTOI è un’organizzazione multidisciplinare no-profit dedicata allo studio, alla divulgazione e all’applicazione di trattamenti oncologici incentrati sul paziente, attraverso l’uso integrato di più azioni terapeutiche. La Fondazione si propone di affiancare il paziente oncologico nel suo intero percorso di cura, combinando terapie oncologiche convenzionali con metodologie provenienti da diverse tradizioni e culture mediche: pratiche mentali e corporee, somministrazioni di prodotti naturali, indicazioni per il miglioramento dello stile di vita.

    LA NOSTRA MISSIONE
    Proteggere la vita in ogni sua espressione, in salute e malattia, attraverso la prevenzione e la cura

    Dal sito ARTOI

    DOMANDE FREQUENTI

    • Che cosa significa terapia integrata nei tumori?
      • l’uso combinato di più presidi terapeutici (farmaci + radioterapia e/o ipertermia)
    • Quali farmaci vengono usati?
      • si possono usare i farmaci antiblastici insieme a sostanze naturali
    • Anche le vitamine?
    • Si dice che le vitamine fanno aumentare il tumore, è vero?
      • i tumori non sono in grado di usare le vitamine per accrescersi, piuttosto usano le calorie e le proteine complesse.
    • I farmaci naturali bloccano o riducono l’attività della chemioterapia?
      • i farmaci naturali aumentano l’effetto della chemioterapia e riducono gli effetti indesiderati della chemioterapia.
    • In quali tipi di tumore è indicata la terapia integrata?
      • in tutti i tipi di neoplasia
    • Ha effetti collaterali?
      • no, nessuno
    • Quali sono le differenze fra terapia classica e terapia integrata?
      • nessuna. Solo che la terapia integrata deve essere continuata anche dopo la fine della chemioterapia
    • Prevenzione e protezione, cosa significano?
      • Prevenzione significa ridurre l’incidenza della neoplasia e delle ricadute. Protezione significa aumentare le difese contro la patologia neoplastica
    • Quali sono in generale i mezzi per prevenire la malattia neoplastica?
      • Fare screening adeguati, vivere in ambienti sani, mangiare sano, attività fisica e ridurre lo stress

    Farmaci naturali

    Da molto tempo è nato un enorme interesse sull’uso di estratti naturali per la prevenzione e cura delle malattie incluso il cancro. Molti componenti della dieta, infatti, contengono “farmaci naturali” ossia molecole (principi attivi) che hanno effetti benefici sulla nostra salute.

    Per farmaci naturali si intendono una serie di medicamenti provenienti dagli alimenti di originale animale o vegetale (fitoterapici) e che aiutano il corpo a mantenersi in salute o a curare malanni e disturbi.

    In ambito medico queste sostanze si sono dimostrate degli ottimi alleati per diversi scopi:

      • contrastare la stanchezza
      • rimettersi in sesto dopo una malattia
      • stimolare il sistema immunitario
      • far passare nausea, cattiva digestione, mal di stomaco, gastrite
      • combattere infezioni
      • riportare negli intervalli di normalità i risultati delle analisi del sangue
      • trattare tosse, mal di gola, raffreddore e influenza
      • ridurre arrossamento della pelle, irritazioni cutanee e dermatiti
      • ritardare i processi di invecchiamento

    Oltre che a scopo terapeutico queste sostanze sono di estrema utilità anche a scopo preventivo.

    In ambito oncologico si sono dimostrati un ottimo ausilio:

      • per ridurre gli effetti collaterali delle terapie antiblastiche
      • per lavorare in sinergia con la chemioterapia e radioterapia contro il tumore

    Le sostanze responsabili di tutti questi effetti sulla salute vengono estratte dalla pianta o animale di origine e si trovano in commercio sotto forma di integratori alimentari che a loro volta hanno diverse formulazioni: capsule, compresse, liquidi o polveri.

    Molto spesso si ritiene che trattandosi di farmaci naturali essi siano completamente esenti da rischio per la salute. Questo non è vero, infatti sono molte le sostanze che se assunte in dosi sbagliate possono dare degli effetti collaterali o addirittura andare ad interferire con farmaci tradizionali (compresi i chemioterapici), aumentandone o riducendone l’effetto farmacologico.

    Nella nostra pratica clinica vengono usati in protocollo i seguenti presidi:

    “La Vitamina B12 non promuove affatto lo sviluppo di tumori ma, al contrario, insieme alle altre vitamine del gruppo B, svolge vitali effetti antitumorali”.

    Dott. Giuseppe Di Bella 19.05,2023

    Metodo Di Bella e Vitaminologia – Video del 20/05/2023 

    Il Dr Di Bella ha parlato anche delle vitamina del Gruppo B molto utili in oncologia e non fattori di crescita come viene diffuso in giro a discredito delle vitamine in generale ma soprattutto delle vitamine del Gruppo B.

    Nutrizione in Oncologia

    L’alimentazione, alla luce delle nuove scoperte scientifiche, gioco un ruolo fondamentale nell’insorgenza del cancro.

    GLI ALIMENTI CHE AUMENTANO IL RISCHIO DI AMMALARSI DI TUMORE

    Un’alimentazione scorretta, oltre a contribuire ad aumentare i processi infiammatori, può influire anche sulla produzione di alcuni fattori di crescita che stimolano la proliferazione cellulare.

    Essendo il cancro una malattia caratterizzata da crescita cellulare incontrollata e da infiammazione cronica, viene da sé che il miglior modo per prevenire e curare tale patologia è tenere bassi i livelli di alcuni fattori di crescita e i livelli di infiammazione.

    Secondo l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e il World Cancer Research Foundation ci sono alcuni alimenti che non sono causa di cancro ma, per le ragioni sopra elencate, potrebbero aumentare il rischio di ammalarsi di tumore. È importante tenere sempre presente che il cancro è una malattia multifattoriale quindi il rischio di ammalarsi dipende anche da tanti altri fattori come ad esempio la predisposizione genetica.

    Ma quali sono gli alimenti più a rischio?

      • Alimenti ad alto indice glicemico come zucchero, farine e alimenti preparati con farine raffinate bianche, dolciumi, alcuni tipi di frutta, patate. Questi sono alimenti che fanno aumentare velocemente la glicemia e la produzione di insulina da parte del pancreas. L’insulina ha lo scopo principale di far entrare il glucosio all’interno e delle cellule per essere utilizzato come fonte energetica, ma quando viene rilasciata in quantità elevate stimola la produzione dell’ormone della crescita GH che a sua volta stimola quella del fattore di crescita IGF-1 coinvolto in alcuni meccanismi di proliferazione cellulare. Chi ha valori elevati di IGF-1 ha un maggior rischio di sviluppare una patologia neoplastica. L’insulina, inoltre, è responsabile della produzione di fattori pro-infiammatori.
      • Carni rosse e conservate. Queste carni sono ricche di ferro eme che in dosi eccessive agisce come agente ossidante facendo aumentare i livelli di radicali liberi. Infine sono carni ricche di acidi grassi saturi e della serie omega-6 ad azione pro-infiammatoria.
      • Nonostante latte e derivati siano un’ottima fonte di calcio e proteine sono anche alimenti che ostacolano il corretto funzionamento dell’insulina e fanno aumentare i livelli di IGF-1.
      • Le poliammine: putrescina, spermina, spermidina e agmatina sono molecole che oltre a stimolare la proliferazione cellulare riducono le difese immunitarie, favoriscono la diffusione metastatica e l’angiogenesi. Fonti alimentari con elevato contenuto in poliammine sono le arance, i pomodori, le melanzane, i peperoni, le banane, i kiwi, i frutti tropicali ed i molluschi bivalvi. Vengono anche prodotte dai batteri intestinali in seguito della putrefazione delle proteine della carne.
      • Soia: contiene fitoestrogeni, ossia sostanze vegetali che a causa della loro struttura chimica mimano l’azione degli ormoni sessuali e stimolando la proliferazione cellulare.
      • Sale e alcool

    Non sono solamente alcuni alimenti ad aumentare il rischio di cancro ma anche gli inquinanti ambientali, i pesticidi utilizzati in agricoltura, gli additivi chimici aggiunti agli alimenti in scatola e gli antibiotici usati negli allevamenti.

      • metalli pesanti sono inquinanti ambientali presenti soprattutto nelle acque potabili e in alcuni tipi di pesce: arsenico, mercurio, cadmio, piombo, diossina sono sostanze dotate di potere genotossico ossia sono in grado di indurre modificazioni all’interno del DNA e provocare la trasformazione neoplastica della cellula.
      • Gli additivi chimici sono sostanze che vengono aggiunte agli alimenti, soprattutto in scatola o in barattolo o in latta, per aumentarne la conservazione, preservarli da contaminazioni microbiche e migliorarne il sapore, l’aspetto e la consistenza. Ad oggi le ricerche scientifiche hanno mostrato che la stragrande maggioranza degli additivi alimentari non sono correlati con lo sviluppo del cancro e non rappresentano un pericolo per la salute umana. Fanno eccezione però i nitriti e i nitrati utilizzati come conservanti soprattutto in carne ed insaccati: di per sé non sono cancerogeni però all’interno del nostro organismo possono andare incontro ad una serie di modificazioni che li convertono in nitrosammine che invece sono sicuramente cancerogene
      • pesticidi sono sostanze chimiche utilizzate in agricoltura per far crescere meglio e più velocemente le piante. Quelli ai quali bisogna fare maggiore attenzione sono glifosato, malathion, diazinon, parathion e tetrachlorvinphos in quanto sono stati inseriti dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) nel gruppo delle sostanze probabilmente e possibilmente cancerogene per l’essere umano.
      • Gli antibiotici sono farmaci in grado di uccidere i microrganismi. Il loro utilizzo negli allevamenti intensivi ha diversi scopi: curare gli animali malati e prevenire che gli animali si ammalino. Questo sistema si traduce in un vero e proprio abuso di antibiotici con la conseguenza che tutti questi farmaci in eccesso raggiungono le nostre tavole. L’ingestione di una quantità eccessiva di antibiotici legata all’eccessivo consumo di carne di allevamento rischia di rendere inefficaci i farmaci che utilizziamo per curarci a causa dell’antibiotico-resistenza (sopravvivenza al trattamento farmacologico) che i batteri hanno sviluppato.

    metodo di cottura che usiamo incide sull’insorgenza del cancro. Da evitare sono soprattutto frittura e grigliatura:

      • Durante la frittura in olio avvengono una serie di complesse reazioni chimiche che portano alla formazione di composti dannosi. Il più importante tra questi è l’acrilamide, sostanza riconosciuta dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) come probabile cancerogeno per l’uomo.
      • La grigliatura della carne porta alla formazione di idrocarburi policiclici aromatici (benzopirene e antracene) e nitrosammine che sono composti riconosciuti dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) come cancerogeni per l’uomo.

    Ad incidere non è solo cosa mangiamo ma anche quanto mangiamo. L’eccessivo introito calorico, infatti, aumenta il rischio di sviluppare diverse patologie tra cui quelle oncologiche. La restrizione calorica permette di vivere più a lungo e con meno danni fisici.

    GLI ALIMENTI CHE RIDUCONO IL RISCHIO DI AMMALARSI DI TUMORE

    Gli alimenti, proprio come rappresentano una causa della malattia, allo stesso tempo possono essere un forte aiuto nella prevenzione e cura della stessa.

    Una corretta alimentazione infatti aiuta a vivere meglio e a ridurre il rischio di ammalarsi di tumore.

    Gli alimenti che non dovrebbero mai mancare nelle nostre tavole, in quanto fonte di nutrienti essenziali per la salute, sono:

     

      • Cereali e pseudo-cereali integrali ricchi di fibre e a basso indice glicemico (frumento integrale, riso integrale, farro, orzo, segale, grano khorasan, miglio, amaranto, avena, grano saraceno)
      • Legumi (fagioli, ceci, lenticchie, piselli, fave) ricchi di proteine, vitamine e sali minerali, a basso indice glicemico.
      • Verdure di stagione ricca di vitamine, sali minerali, fibra, fitochimici e a basso indice glicemico
      • Spezie (curcuma, zenzero, pepe, cannella, peperoncino, curry…) ricca di fitochimici
      • Erbe aromatiche (prezzemolo, rosmarino, timo, origano…) ricche di fitochimici
      • Frutta di stagione ricca di vitamine, sali minerali, fibra e fitochimici
      • Tè verde ricco di fitochimici
      • Acqua
      • Frutta secca ricca di omega-3, vitamine e sali minerali
      • Olio extravergine di oliva ricco di acido oleico e vitamine che gli conferiscono proprietà antiossidanti e antinfiammatorie
      • Semi oleosi (chia, sesamo, zucca, lino, canapa…) ricchi di omega-3, sali minerali e vitamine.
      • Pesce non di allevamento (merluzzo, spigola, sogliola, rombo, palombo, pagello, persico, ombrina, sgombro, orata, scorfano…) ricco di proteine ad alto valore biologico, omega-3, sali minerali e vitamine.

    Beta-carotene a dosi normali Non è pericoloso per i fumatori


    Impact of antioxidant supplementation on chemotherapeutic efficacy: a systematic review of the evidence from randomized controlled trials

    TRADUZIONE
    Astratto

    Disegno: sono state effettuate ricerche nei database MEDLINE, Cochrane, CinAhl, AMED, AltHealthWatch ed EMBASE. Nel conteggio finale sono stati inclusi solo studi clinici randomizzati e controllati che hanno riportato sopravvivenza e/o risposta al tumore. Le ricerche bibliografiche sono state eseguite in doppio seguendo un protocollo standardizzato. Non è stata effettuata alcuna meta-analisi a causa dell’eterogeneità dei tipi di tumore e dei protocolli di trattamento utilizzati negli studi che soddisfacevano i criteri di inclusione.

    Risultati: degli 845 articoli considerati, 19 studi soddisfacevano i criteri di inclusione. Gli antiossidanti valutati erano: glutatione (7), melatonina (4), vitamina A (2), una miscela antiossidante (2), vitamina C (1), N-acetilcisteina (1), vitamina E (1) e acido ellagico (1 ). I soggetti della maggior parte degli studi presentavano malattia avanzata o recidivante.

    Conclusione:

    nessuno degli studi ha riportato prove di diminuzioni significative dell’efficacia dell’integrazione antiossidante durante la chemioterapia. Molti studi hanno indicato che l’integrazione di antiossidanti ha comportato un aumento dei tempi di sopravvivenza, un aumento delle risposte tumorali, o entrambi, nonché una minore tossicità rispetto ai controlli; tuttavia, la mancanza di un adeguato potere statistico rappresentava una limitazione costante. Sono necessari studi ampi e ben progettati sulla supplementazione di antiossidanti in concomitanza con la chemioterapia.

    https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/17367938/


     




    Il cannabidiolo e le sue proprietà antidolorifiche: come interagisce con il corpo e come controlla il dolore?

    Il CBD per il dolore cronico, neuropatico e infiammatorio

    olio di cbd. (Vai allo sconto)

    Gli esseri umani sono dotati di una “rete” composta da milioni di recettori capaci di interagire con i cannabinoidi: sostanze che possono essere prodotte all’interno dell’organismo (e che in questo caso si chiamano endocannabinoidi) o che possono provenire dall’esterno (e che in questo caso si chiamano fitocannabinoidi). 

    Questa rete di recettori è conosciuta con il nome di “sistema endocannabinoide”.

    Il cannabidiolo é un fitocannabinoide che agisce  indirettamente sui recettori di questo sistema. Il CBD esercita la propria azione tramite molti meccanismi diversi: non agisce su una particolare patologia ma interviene a seguito di uno squilibrio del nostro sistema endocannabinoide provocato da uno stimolo, come nel caso del dolore. 

    • Alcuni studi hanno evidenziato come il cannabidiolo sia in grado di influire  sui processi chimici caratteristici dell’endocannabinoide chiamato anandamide, una delle molecole neuro-modulatrici associate anche alla percezione del dolore.
    • Altri studi riportano che il CBD è in grado di attivare recettori coinvolti con la trasmissione e la cronicizzazione del dolore. Il cannabidiolo è risultato infine essere promettente per il trattamento di due particolari tipi di dolore cronico, quello neuropatico e quello dovuto a un’infiammazione.

    Il dolore neuropatico

    Per dolore neuropatico si indica il dolore provocato da quelle condizioni (malattie o disfunzioni) che colpiscono il sistema nervoso centrale.

    Il dolore infiammatorio

    Si tratta del dolore provocato da un’infiammazione, una reazione difensiva del nostro organismo in risposta a stimoli nocivi.
    Alcuni studi hanno dimostrato l’efficacia del CBD nell’intervenire sull’infiammazione provocata dall’artrite, contribuendo così a ridurre il dolore.

    CBD e dolore neuropatico

    Il meccanismo d’azione dei cannabinoidi è stato studiato nel contesto di varie patologie e condizioni che portano a una condizione di dolore cronico di natura neuropatica, come nel caso della nevralgia trigeminale o dei cicli di chemioterapia. Gli studi fin ora condotti hanno dimostrato l’ottima efficacia del cannabidiolo nell’intervenire sul dolore neuropatico. 

    Mentre altri principi attivi della cannabis vengono già impiegati in ambito oncologico per la loro efficacia nell’attenuare la nausea, il cannabidiolo, nello specifico, si è rivelato promettente nei confronti del dolore neuropatico periferico provocato dai farmaci chemioterapici.

    Il CBD, inoltre, riduce quelle complicazioni spesso associate al dolore cronico come ansia e depressione. Secondo alcuni studi il CBD, attraverso la sua interazione con i recettori del sistema serotoninergico, riduce queste comorbidità e aiuta il paziente ad affrontare la sua condizione.

    CBD e dolore infiammatorio

    Il cannabidiolo viene impiegato anche per il trattamento del dolore provocato da un’infiammazione. Vari studi scientifici hanno indagato l’efficacia del cannabidiolo su molte condizioni infiammatorie, come nel caso dell’artrosi. È dimostrato che l’assunzione di CBD protegge le articolazioni contro danni gravi e riduce l’infiammazione.

    C’è ancora molta strada da percorrere ma, ad oggi, il cannabidiolo può considerarsi a tutti gli effetti un valido alleato per alleviare la sofferenza provocata da una condizione di dolore cronico. Sempre più medici, infatti, ne suggeriscono l’utilizzo in parallelo con altre terapie per accompagnare la quotidianità di tutte quelle persone che si trovano costrette a convivere con il dolore. 

    Lo stato della ricerca medico-scientifica sul cannabidiolo

    Gli ultimi anni hanno visto un rinnovato interesse da parte della comunitá scientifica per il cannabidiolo grazie alla scoperta della sua attivitá antiossidante, antinfiammatoria e neuroprotettiva che si verifica per la maggior parte dei casi indipendentemente dalla diretta interazione con i recettori per i cannabinoidi.

    Questo rende il CBD un composto “multitarget” e coinvolto in piú meccanismi biochimici alla base di diversi processi patologici. Il CBD fa valere questa sua versatilità, riuscendo ad agire su vari tipi di dolore, fra cui quello neuropatico e quello infiammatorio.

    Il report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblicato a marzo 2018 ha presentato al pubblico l’attuale stato della ricerca scientifica sul cannabidiolo . Secondo il report dell’OMS il cannabidiolo non provoca effetti collaterali sulla nostra salute ma, piuttosto, le attuali evidenze indicano chiaramente la sua potenziale applicazione in ambito medico. 

    Secondo il rapporto il cannabidiolo (CBD) è sicuro e ben tollerato negli esseri umani (e negli animali), e non è associato ad alcun effetto negativo sulla salute pubblica. 

    La ricerca suggerisce che piú che definire il Cannabidiolo sostanza non psicoattiva bisognerebbe  definirla non inebriante, questo perché non altera le percezioni ed è privo di quelle caratteristiche che potrebbero trasformarlo in una sostanza in grado di dare fenomeni di abuso o dipendenza.

    Tutte le proprietà del CBD

    Vediamo quali sono queste proprietà terapeutiche, e poi andremo a capire come mai gli effetti del CBD sono così ad ampio raggio e diversi tra loro.

    • Proprietà analgesiche e anti-infiammatorie: è probabilmente la sua funzione più importante, ed è oggetto di questo articolo, che svilupperemo quindi a seguire nel dettaglio.
      Il Cannabidiolo mitiga la percezione del dolore grazie alla sua interazione con i recettori del sistema endocannabinoide presente nel corpo umano.
    • Proprietà ansiolitiche: è stato dimostrato che mitiga i sintomi associati al Disturbo Post Traumatico da Stress (DPTS) e al Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC), che secondo diverse ricerche sono causati anche da una carenza di anandamide nel sistema endocannabinoide umano.
      Proprietà antipsicotiche: ricollegandosi a quanto detto sopra, vengono riconosciute al CBD anche proprietà antipsicotiche.  Alcune prove scientifiche suggeriscono che il cannabidiolo aiuta a trattare la schizofrenia ed altri problemi di salute mentale, come il disturbo bipolare.
      Uno studio condotto dalla Western University of California ha concluso che il CBD può essere importante nel trattamento della schizofrenia in relazione alle tipologie di psicosi. Lo studio condotto da Justine Renard, dottoranda del Dipartimento di Anatomia e Biologia Cellulare della Schulich School of Medicine and Dentistry, ha individuato il percorso neurale attraverso il quale il CBD produce impatti antipsicotici che riducono le psicosi associate alla schizofrenia.
    • Proprietà neuroprotettive: Il cannabidiolo ha dimostrato avere una potenziale azione di riduzione dello stress ossidativo che può colpire le cellule cerebrali, grazie anche alle sue proprietà antinfiammatorie.
      I risultati di uno studio pubblicato sul Journal of Neurochemistry, hanno dimostrato che il CBD ha avuto una serie di effetti più che positivi per quanto riguarda la neuroprotezione e l’azione antiossidante.
      Nel caso di malattie neurodegenerative specifiche, come nel caso della sindrome di Alzheimer, alcuni risultati “singoli” hanno portato la comunità scientifica a valutare l’impiego del cannabidiolo.
    • Proprietà energizzanti e antiossidanti: noto per i suoi effetti calmanti, il CBD offre anche proprietà energizzanti, grazie alla sua azione detossinanate e alla capacità di rafforzare le cellule del corpo umano, contribuendo alla loro corretta rigenerazione. È anche un ottimo antiossidante, secondo uno studio del 2008, addirittura migliore delle vitamine C e E.
    • anticonvulsivanti ed antiepilettiche, in grado di trattare particolari e gravi forme di epilessie farmaco-resistenti come la Sindrome di Dravet, e infine anche effetti miorilassanti, contribuendo a ridurne la rigidità e la tensione.

    Bibliografia

    1. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4851925/
    2. https://www.journalofsurgicalresearch.com/article/S0022-4804(18)30626-7/fulltext
    3. https://www.jpsmjournal.com/article/S0885-3924(09)00787-8/fulltext
    4. https://www.ean.org/amsterdam2017/fileadmin/user_upload/E-EAN_2017_-_Cannabinoids_in_migraine_-_FINAL.pdf
    5. https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fphar.2018.01259/full

    Vitamineral consiglia il CBD di Enecta

    seguendo questo collegamento ottieni uno sconto




    Zenzero – Aiuta ad alleviare l’infiammazione articolare da Artrite Reumatoide

    ZENZERO
    COME ASSORBIRE I BENEFICI EFFETTI ANTIDOLORIFICI DELLO ZENZERO

    • Aggiungere lo zenzero fresco tritato o lo zenzero in polvere nelle zuppe, stufati, fritti (al posto dell’aglio) e altre ricette. Lo zenzero è delizioso in molti piatti sia salati che dolci.
    • Se hai una centrifuga o un estrattore puoi fare dei succhi di zenzero fresco, un concentrato di benessere che si abbina bene con altre verdure e frutta, come carote o mele.
    • Capsule di Zenzero sono un modo semplice di assimilazione per chi è spesso fuori casa. Segui le indicazioni sulla confezione.
    • La Tisana di Zenzero fresco è un altro ottimo modo per assorbire tutte le proprietà dello zenzero. Tuttavia bisogna far bollire a lungo lo zenzero per far uscire tutti i principi attivi. Infatti è consigliato: prendi una radice di 5-6 centimetri ben lavata e tagliata a pezzettini, aggiungila ad un litro di acqua e fai bollire a fuoco bassa per 45 minuti o un’ora.
    • La Tintura di Zenzero permette di assorbire facilmente i principi attivi resi disponibili dalla macerazione idroalcolica. Una dose tipica è di 30 gocce tre volte al giorno.

    Lo zenzero, come molti altri composti della natura, ha curato l’uomo per migliaia di anni ed è per questo che ha fatto parte dell’alimentazione.

    Lo zenzero è una radice di una specie di pianta originaria dell’Asia, un rizoma che viene utilizzato in medicina e cucina tradizionale. Si tratta di una spezia ampiamente utilizzato in molte cucine asiatiche, soprattutto nella cucina indiana.

    In tutti i tempi e in tutte le culture, lo zenzero viene considerato afrodisiaco. In effetti è un ottimo tonico generale, ma oltre a ciò è particolarmente utile in caso di disturbi digestivi.

    Lo zenzero risulta essere un eccezionale antiossidante, addirittura resistente al calore tanto che in cottura aumenta la sua attività regolatoria dell’apparato intestinale. Il consumo di zenzero in associazione con aglio o cipolla creerebbe una sinergia tra i vari composti antiossidanti, con  un conseguente potenziamento dei loro effetti antiossidanti.

    Particolarmente indicato per alleviare il mal di mare, le nausee nelle donne in gravidanza e disturbi digestivi minori. Diversi studi hanno valutato l’effetto antiemetico (la capacità di prevenire o arrestare la nausea e il vomito) attribuito al zenzero. Tutti gli studi dimostrano che il consumo di polvere di zenzero può essere efficace nel trattamento di nausea e vomito.

    Ulteriori studi dimostrano come lo zenzero potrebbe stimolare la secrezione biliare e l’attività degli enzimi digestivi, producendo una digestione più veloce degli alimenti. 

    Le sue proprietà antinfiammatorie e antiossidanti potenziano la sua capacità antitumoraleNegli esseri umani, il consumo di zenzero mostra risultati promettenti per quanto riguarda la riduzione del dolore associato all’artrite e buoni effetti per ciò che riguarda l’Alzheimer.

    Lo zenzero è una fonte eccellente di manganese: questo agisce come cofattore di numerosi enzimi che facilitano un buon numero di processi metabolici. Esso contribuisce anche alla prevenzione dei danni provocati dai radicali liberi.

    Oltre a ciò, a crudo è una fonte di rame, come componente di numerosi enzimi, il rame è necessario per la formazione di emoglobina collagene (proteina per la struttura e la riparazione dei tessuti) nel corpo. 

    Zenzero, più efficace di alcuni farmaci nel trattamento dell’artrite

    da Ambiente Bio

    Abbiamo più volte parlato dello zenzero e in particolare delle proprietà possedute dal rizoma di questa pianta. Abbiamo visto come coltivarlo in casa e come possa essere un eccezionale antiossidante, le cui proprietà resistono anche alla cottura.
    Ottimo rimedio naturale, anche contro le nausee mattutine, risulta essere un antivirale, digestivo e antinfiammatorio.

    Qualche anno fa, alcuni ricercatori dell’Università della Georgia hanno svolto uno studio sul potere antidolorifico dello zenzero, evidenziando la sua capacità di bloccare lo stesso enzima che aspirina, ibuprofene e naprossene bloccano, ma senza i dannosi effetti collaterali che potrebbero avere i farmaci allopatici.
    Ma non è tutto. Lo zenzero è stato protagonista anche di un altro studio, riguardante i possibili benefici sull’artrite e i sintomi a essa collegati. Secondo questo studio, condotto qualche anno fa dall’Università di Copenaghen, questa magnifica spezia sarebbe anche più efficace dei farmaci cortisonici e dell’ibuprofene.

    Gli studiosi hanno esaminato in vitro la risposta delle cellule affette da artrite ad alcuni medicinali, come appunto ibuprofene e cortisone. In più, è stata esaminata la risposta data anche all’estratto di zenzero.
    I risultati hanno suscitato qualche sorpresa: sebbene infatti l’ibuprofene sia in genere utilizzato contro il dolore, lo studio avrebbe dimostrato che non ha effetto sulla produzione di citochine, molecole che possono scatenare effetti infiammatori e quindi dolore. Zenzero e cortisone si sono rivelati invece efficaci al pari merito nella loro funzione di antinfiammatori.

    Considerati i vari effetti collaterali che il cortisone può avere sull’organismo, potremmo dire che, in questo caso, lo zenzero si è dimostrato un rimedio più efficace dei farmaci tradizionali per ridurre le infiammazioni e alleviare il dolore.
    Ma non solo ricerche in vitro. Krishna C. Srivastava, tra i ricercatori della Odense University, ha evidenziato poi come la somministrazione di zenzero a pazienti affetti da artrite possa alleviare in maniera significativa il dolore.

    By Agnese Tondelli on 3 aprile 2015


    Il gonfiore delle articolazioni delle mani e dei piedi, spesso un caso di artrite reumatoide, può causare dolore significativo tra i malati
    GreenMedInfo.

    1. Hanno concluso:
      “Nell’AR come malattia autoimmune, il sistema immunitario è compromesso e sembra che lo zenzero possa migliorare la funzione immunitaria nei pazienti con questa malattia e altre malattie autoimmuni. I risultati hanno mostrato che lo zenzero ha ridotto significativamente l’espressione del gene T-bet”.


      Fonti


      Proposte per ZENZERO

      Lo Zenzero (Ginger) si acquista come tubero fresco in tutti i negozi e supermercati. Oppure in forma di infuso o in polvere, o aggiunto ad altri alimenti ed altre spezie specialmente la Curcuma altra tubero molto utile nelle infiammazioni.

      TISANE E SUCCHI

      INTEGRATORI

      Prodotti mix sinergici con Zenzero




    Infiammazione Cronica Sistemica
    La dieta antinfiammatoria

    Articolo dal sito della drssa Rita Mellace- Biologa e Nurtrizionista

    La dieta antinfiammatoria è un regime alimentare in grado di contrastare l’infiammazione cronica sistemica, principale responsabile dell’insorgenza delle patologie croniche del nostro secolo

    Quando si parla di infiammazione si pensa subito ad un’infiammazione acuta, ovvero una manifestazione dolorosa che colpisce un distretto specifico del nostro organismo (es. un mal di gola, un mal di testa).

    È un meccanismo naturale ed innato che il nostro corpo mette in pratica per far fronte ad un “evento infettivo, virale o batterico, traumatico o tossico, di origine esogena o endogena”.

    È riconosciuto come un evento positivo e benigno per il nostro organismo, la cui funzione è richiamare cellule del sistema immunitario, preposte alla sorveglianza ed alla protezione, ad attaccare e distruggere gli agenti perturbanti, ripulire le cellule danneggiate e riparare i tessuti fino a ripristinare l’equilibrio o, perlomeno, a ridurre al minimo il danno.

    Il discorso cambia quando parliamo di “infiammazione cronica sistemica” (ICS)nota anche come infiammazione cronica sistemica di basso grado o chronic low-grade inflamation.

    La comunità medico scientifica definisce l’infiammazione cronica sistemica come l’nsieme dei processi cellulari che sottendono l’insorgenza delle principali malattie cronico degenerative”, un meccanismo insidioso e silente che riguarda una fetta sempre più ampia di popolazione.

    I quadri clinici più comuni, risultato dell’avanzamento dell’infiammazione cronica sistemica, sono:

    • obesità
    • cancro
    • patologie metaboliche quali diabete di tipo 2 e dislipidemie (es. colesterolo elevato,
      ipertrigliceridemia)
    • patologie cardiovascolari (es. ipertensione, infarto acuto del miocardio, cardiomiopatie)
    • sindrome metabolica (es. ipertensione + glicemia elevata + ipertrigliceridemia + bassi
      livelli di HDL + eccesso di grasso addominale)
    • patologie dell’apparato gastro-enterico (es. morbo di Crohn, sindrome del colon irritabile
      – IBS)
    • patologie neurodegenerative (es. morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson, sclerosi
      multipla)
    • patologie autoimmuni (es. tiroiditi, psoriasi, fibromialgia, artrite reumatoide)
    • depressione e disturbi dell’umore
    • infertilità
    • allergie, intolleranze, dermatiti, cellulite, emicrania, asma bronchiale ecc.

    Le cause principali della larga diffusione dell’ICS sono da ricercare negli stili di vita errati occidentali ed in particolar modo ad:

    • diete ricche di zuccheri semplici, farine raffinate, glutine, proteine animali, grassi saturi e omega 6, spesso ipercaloriche  (con un’eccessiva assunzione di calorie giornaliere)
    • scarsa attività fisica e tendenza alla sedentarietà
    • abuso di farmaci (es. antibiotici)
    • esposizione ad inquinanti ambientali (es. fumo, pesticidi)
    • stress psico-emotivi prolungati
    • alterazione dei ritmi fisiologici (es. insonnia).

    Stili di vita così caratterizzati, protratti per mesi o anni porta gradualmente all’instaurarsi di uno stato infiammatorio cronico con sintomi tipici, spesso ignorati o, al contrario, sottostimati ed associati al fisiologico processo d’invecchiamento. I sintomi più comuni sono:

    • malessere generale
    • dolori articolari
    • astenia (costante sensazione di debolezza/stanchezza)
    • difficoltà di concentrazione
    • sonnolenza diurna
    • insonnia notturna
    • gonfiore addominale
    • alterazioni del transito intestinale
    • intolleranze alimentari.

     

    Senza entrare troppo nel dettaglio dei meccanismi biochimici, è bene sottolineare come l’infiammazione cronica sistemica si instauri a partire da un’alterazione del nostro intestino. L’organo riconosciuto come il nostro secondo cervello rappresenta la più ampia interfaccia del nostro organismo con il mondo esterno, le cui funzioni principali, mediate da sofisticati meccanismi, sono l’assorbimento dei nutrienti ed il blocco del transito e la conseguente eliminazione di molecole potenzialmente nocive.

    È l’organo nel quale risiede l’80% del sistema immunitario ed il microbioma intestinale, “un organo nell’organo”. Localizzato soprattutto nel colon e dal peso di circa un chilogrammo, il microbioma è un grande ecosistema costituito da migliaia di miliardi di microrganismi con i quali viviamo in uno stretto rapporto di mutualistico scambio. Attraverso la dieta forniamo al microbioma i substrati nutritivi necessari alla sua proliferazione ed, in cambio, la comunità di microrganismi:

    • scompone ed elabora diversi residui alimentari (come fibre e composti proteici) e produce sostanze come gli acidi grassi a catena corta (short chain fatty acids – SCFA) che rappresentano la principale fonte di nutrimento per le cellule del colon
    • produce vitamine
    • scompone farmaciagenti cancerogeni
    • contrasta la proliferazione di batteri patogeni
    • contribuisce allo sviluppo e alla maturazione del sistema immunitario, tenendolo in costante allenamento.

    Un equilibrio naturalmente ben strutturato ma estremamente fragile e facilmente alterabile. Un
    microbioma alterato è un microbioma nel quale si creano le condizioni di proliferazione ottimali
    per microrganismi patogeni, ovvero microrganismi che normalmente sono presenti in piccole
    concentrazioni ma che appena si creano le condizioni ottimali iniziano a riprodursi in modo
    esponenziale. Tali microrganismi producono una serie di sostanze tossiche in grado di indebolire il
    sistema immunitario che finisce per “impazzire”, generando una serie di reazioni caotiche che si
    ostacolano vicendevolmente e che culminano con un danneggiamento dell’epitelio intestinale.
    L’alterata integrità dell’epitelio intestinale causa:

    • il malassorbimento di elementi essenziali, con relativa carenza organica (Vitamina B12, Vitamina D, magnesio, ferro ecc.)
    • il riassorbimento di esotossine ed antigeni alimentari
    • il riassorbimento di sostanze tossiche, dovuto al ristagno di rifiuti alimentari,
    • il passaggio di molecole pro-infiammatorie tra i quali i radicali liberi nel circolo sanguigno, e la conseguente migrazione nei vari distretti dell’organismo.

     

    L’alterazione della permeabilità intestinale prende il nome di “Leaky gut syndrome” o “sindrome da intestino gocciolante”. Il termine non indica una lacerazione della membrana intestinale (come invece avviene nella rettocolite ulcerosa o nel morbo di Chron), ma un cedimento strutturale della barriera che questa membrana rappresenta. L’insieme di questi meccanismi generati dall’alterata permeabilità intestinale avviano il processo di infiammazione sistemica cronica.

    Qualora i sintomi non siano evidenti o non si abbia la piena consapevolezza di riuscire a cogliere i segnali che il nostro corpo è in grado di inviare,  e si voglia valutare la gravità dello stato infiammatorio, è
    possibile con un prelievo di sangue dosare alcuni parametri ematici quali:

    • PROTEINA C REATTIVA (PCR): è una proteina prodotta dal fegato che funge da marker biologico stabile per la rilevazione dell’nfiammazione in una fase precoce.
    • INSULINA: oltre ad essere campanello d’allarme per resistenza insulinica e pre-diabete, valori d’insulina superiori a 10 uIU/ml rappresentano un indice di stato infiammatorio sistemico silente.  L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas in risposta all’assunzione di cibo che permette un’adeguata distribuzione di glucosio nelle cellule tissutali. La quantità di insulina prodotta è direttamente proporzionale alla quantità di carboidrati ingeriti ed in particolare alla concentrazione di glucosio nel sangue (maggiore è la quantità di zuccheri semplici introdotti durante un pasto – con alto indice glicemico – e maggiore sarà il picco d’insulina).
    • OMOCISTEINA: è un aminoacido che, quando supera i valori di riferimento, si associa a un quadro infiammatorio grave e ad un rischio significativamente aumentato di patologie cardiovascolari (è un indice predittivo di infarto e ictus di gran lunga superiore al colesterolo), osteoporosi e patologie neurodegenerative.
    • CORTISOLO:  è “l’ormone dello stress”, prodotto in risposta ad uno stress acuto (es. un esame, un colloquio di lavoro, un pericolo), è sempre molto elevato nei soggetti stressati cronici o sotto tensione continua. Risulta essere pericoloso in caso di stress cronico,
      poiché inibisce la risposta immunitaria e attiva la produzione di molecole proinfiammatorie.
    • RAPPORTO omega6/omega3 o ACIDO ARACHIDONICO/ACIDO EICOSAPENTAENOICO (rapporto ω6/ω3 o AA/EPA) : è il rapporto tra la quantità di acido arachidonico (AA) e acido eicosapentaenoico (EPA) presenti nelle membrane cellulari. L’AA è il capostipite dei grassi omega 6 (proinfiammatori), mentre l’EPA è il capostipite e la forma attiva degli omega 3 (antinfiammatori). Il rapporto ottimale (4:1) è “1,5” che corrisponde al valore riscontrato nella popolazione giapponese, quella più longeva al mondo (gli americani hanno un valore medio di 11). Un rapporto AA/EPA troppo elevato indica un livello infiammatorio elevato.

    Ignorare i sintomi o sottovalutare parametri ematici alterati significa accelerare l’invecchiamento

    cellulare ed aprire la strada all’insorgenza delle patologie croniche precedentemente accennate.

    Ricorrere ad antinfiammatori (aspirina, ibuprofene ecc.) dà un aiuto istantaneo ma non nel lungo periodo, tenendo conto anche degli effetti collaterali connessi all’abuso di tali farmaci.

    “Esiste infatti un modo per curare quello stato di malessere generale che pervade e dal quale sembra non esserci scampo. Esiste un modo per prevenire l’insorgenza di patologie legate all’invecchiamento fisiologico. Esiste un modo per tenere sotto controllo i sintomi della patologia cronica che vi affligge, rendere il corpo più ricettivo alle cure.”

    Esiste ed è la dieta antinfiammatoria.

    Una dieta antinfiammatoria bilanciata sulle caratteristiche personali è in grado di:

    • ridurre lo stress ossidativo mitocondriale
    • stimolare il fegato a rigenerarsi e ripulirsi dai rifiuti metabolici
    • modulare il rilascio dei mediatori dell’infiammazione (es. prostaglandine, citochine)
    • inibire l’azione dei radicali liberi
    • modulare la risposta ormonale
    • favorire la perdita di peso, ove necessario.

    La perdita di peso è estremamente importante per amplificare il processo antinfiammatorio della dieta. Il tessuto adiposo è infatti un organo endocrino che rilascia molecole bio-attive note come adipochine in larga parte ad attività pro-infiammatoria.

    Una dieta antinfiammatoria si costruisce puntando sulla riduzione dell’assunzione di alimenti pro-infiammatori e sull’aumento alimenti anti-infiammatori.

    Tra gli alimenti antinfiammatori è importante privilegiare:

    • FRUTTA E VERDURA: rigorosamente di stagione, di tutti i colori ed, ove possibile, km “0” e biologica. Oltre ad essere una grande fonte di fibra e minerali, un vegetale coltivato senza l’impiego di pesticidi o selvatico (es. frutti di bosco, cicoria, tarassaco) contiene elevate quantità di antiossidanti – carotenoidi, polifenoli, catechine, isocianati, vitamina C e vitamina E – in grado si ridurre i radicali liberi. Inoltre,assumendo i vegetali freschi abbiamo la possibilità di fornire al nostro organismo i cofattori vitaminici e minerali utili alla produzione dei nostri antiossidanti endogeni (es. superossido dismutasi, il glutatione, il coenzima Q10) che scarseggiano in presenza di un’infiammazione cronica sistemica.
    • CEREALI INTEGRALI: in chicco o sottoforma di farina, preferendo i cereali antichi recentemente rivalutati, alternando quelli con glutine (frumento, farro, orzo, segale) e quelli senza glutine (riso, mais, avena, grano saraceno, quinoa, amaranto e miglio). Garantiscono stabilità glicemica ed impediscono i picchi insulinici, oltre ad aumentare il transito intestinale e fornire un substrato di crescita per il nostro microbioma “sano”.
    • LEGUMI: ceci, lenticchie, fagioli, piselli, lupini ma anche soia (e derivati – tempeh e tofu-) rappresentano le cosiddette proteine vegetali, fonte di fibra, acido folico e minerali come magnesio, ferro, zinco e potassio. Da preferire quotidianamente alle proteine animali (carni fresche e trasformate – salumi ed affettati – latte, formaggi ecc.)
    • Fonti di OMEGA 3: come precedentemente accennato, la valutazione del rapporto ω6/ω3 è un ottimo indicatore del grado di infiammazione cronica sistemica. In una dieta antinfiammatoria, aumentare notevolmente il consumo di omega 3, sbilanciando notevolmente il rapporto ω6/ω3, significa favorire la produzione di prostaglandine e leucotrieni a sostegno delle reazioni antinfiammatorie. Perciò via libera a:
      • FRUTTA SECCA e SEMI:in particolare noci e semi di lino (ed olio di semi di lino spremuto a freddo) rappresentano una fonte di proteine, fibra alimentare, grassi monoinsaturi e omega-3, acido eicosapentaenoico (EPA), acido docosaesaenoico (DHA) e acido alfa linolenico(ALA). Non fermatevi alle tante calorie: una porzione di 20-30 g è indicata quotidianamente all’interno di un regime alimentare equilibrato.
      • ALGHE: ottima fonte di omega 3 (meglio se di origine europea).
      • PESCE: se gradito, pesce azzurro selvatico di piccola taglia ( alici, sogliole, sarde, acciughe, sgombri ecc.) 2-3 volte alla  settimana può essere sufficiente. Magari introducendo di tanto in tanto, del pesce crudo precedentemente abbattuto per evitare contaminazioni batteriche e garantirsi un maggior assorbimento di ω3 (estremamente termolabili).
    • OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA: costituito per più dell’85% da acidi grassi monoinsaturi (acido oleico) e polinsaturi (acido linoleico ω6 e acido α-linolenico ω3), l’olio extravergine vanta molte micro-molecole essenziali come le vitamine liposolubili, i tocoferoli ed il β-carotene,  dall’alto potere antinfiammatorio, come fitosteroli e polifenoli. Meglio se aggiunto “crudo” dopo la cottura e senza esagerare (ogni cucchiaio di 10 g equivale a circa 100 kcal).
    • TÉ VERDE: ricchissimo di epigallocatechine, potenti antiossidanti, soprattutto se in foglie sfuso.
    • CIOCCOLATO FONDENTE: ricco di antiossidanti, ma deve essere fondente almeno al 70% e di buona qualità. Agli estimatori, consiglio di provare le fave di cacao crude tostate.
    • SPEZIE ED ERBE AROMATICHE: un prezioso supporto antiossidante da usare in cucina, riducendo il consumo di sale. Per le erbe aromatiche alternare quelle fresche da vaso a quelle essiccate (es.origano, rosmarino, basilico, prezzemolo, salvia). Preferire quelle confezionate biologiche e non sfuse (sulle quali spesso non si hanno garanzie di contaminazione e di purezza ). Via libera anche a spezie di tradizione orientale ma che continuano a trovare grande spazio nella cucina mediterranea per il loro potere antiossidante quali zenzero, cannella e curcuma.

    Tra gli alimenti pro-infiammatori, da limitare ed evitare:

     

    • ZUCCHERO: bianco, di canna o grezzo integrale cambia poco. Sempre di un prodotto dall’alto indice glicemico si tratta,  a rapido assorbimento e dal grande potere infiammatorio. Da limitare.
    • CEREALI RAFFINATI: in chicco (perlati) o sottoforma di farina 0 e 00 o derivati (pasta, pane e prodotti da forno) sono alimenti poveri di fibra e micronutrienti, ad alto indice glicemico e decisamente pro-infiammatori.
    • CIBI INDUSTRIALI: cibi ricchi di grassi saturi ed omega 6 – margarine, oli vegetali, olio di girasole, olio di mais, olio di soia -, zuccheri, sale, additivi, coloranti, dolcificanti, esaltatori di sapidità ecc., con un basso valore nutrizionale ed un alto potere infiammatorio. Biscotti, torte, merendine, gelati, snack, patatine, ma anche caramelle, cibi in scatola e precotti, processati o lavorati ad alte temperature quali affettati, insaccati, sottaceti e sottoli, ecc.
    • SOLANACEE e AGRUMI: in caso di un alto livello d’infiammazione sistemica cronica, tra i vegetali solanacee – peperoni, pomodori, melanzane e patate – ed agrumi – arance, pompelmi, mandarini – andrebbero limitati per il loro elevato contenuto di poliammine.
    • LATTE E DERIVATI: qualora lo stato infiammatorio sia elevato, andrebbero limitati il più possibile. Pur non innalzando la glicemia, richiedono una cospicua produzione di insulina e contengono lattosio, ormoni, fattori di crescita ecc.
    • CARNE ROSSA E CARNE PROCESSATA: l’International Agency for Research on Cancer (IARC) ha definito la carne rossa come probabilmente cancerogena (classe 2A) e la carne rossa lavorata (insaccati e salumi) come sicuramente cancerogena (classe 1). Oltre al rischio cancerogeno, è dimostrato l’alto potere acidificante e infiammatorio, strettamente connesso sia alle quantità ingerite sia al modo con cui alcune componenti interagiscono con l’organismo ed in particolar modo:
      • la lavorazione delle carni per la loro conservazione (salumi ed affettati)
      • le modalità di cottura modificano le molecole presenti o ne generano di nuove (nitrosammine)
      • eccessiva presenza di grassi saturi e di ferro del gruppo “eme” (ad alto potere ossidante)

    Se si soffre di dermatite, prurito, gonfiore addominale, manifestazioni tipiche in soggetti molto infiammati, è bene limitare anche gli alimenti ricchi di istamina e gli alimenti istamino-liberatori.

    È bene prestare attenzione anche alle cotture, preferendo quelle più semplici e “dolci” (es. vapore, forno), che non depauperano gli alimenti ma ne preservano le qualità. Quindi niente temperature elevate, cotture alla brace o alla griglia o a contatto diretto con il fuoco.

    Ove necessario, per potenziare l’effetto antinfiammatorio della dieta è possibile prevedere l’impiego  di integratori di qualità come dei probiotici per ripristinare l’equilibrio del microbioma e correggere le disbiosi intestinali, oppure a base di omega 3 o di antiossidanti (vitamina C, E, curcumina, selenio, carotenoidi, coenzima Q10 ecc.).

    Scegliere una dieta antinfiammatoria è possibile a tutte le età, associandola ad uno stile di vita attivo che preveda:

    • della sana attività fisica di tipo aerobico (es. cammino a
      passo sostenuto, corsa, bici ecc.), puntando a coprire quotidianamente i 10.000 passi (un’ app “contapassi” sullo smartphone può tornare utile),
    • attenzione nell’assunzione di farmaci, soprattutto all’ “automedicazione”,
    • coltivare interessi personali,
    • praticare tecniche di rilassamento per combattere lo stress (es. meditazione).

    La dieta antinfiammatoria, alla base di ogni mio trattamento dietetico nutrizionale, ha lo scopo di “curare”  un’infiammazione sistemica di basso grado ma anche di prevenirla. È un regime alimentare da instaurare sin dall’infanzia e consigliabile a tutti coloro i quali siano interessati al benessere del proprio corpo e vogliano prevenire l’insorgenza di malattie.

    “Fa’ che il cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo”

    Per approfondire:

    1. Longo VD et al., Interventions to Slow Aging in Humans: Are We Ready? Aging Cell 2015; 14, pp497–510.
    2. Fontana L et al., Effects of 2-year calorie restriction on circulating levels of IGF-1, IGF-binding proteins and cortisol in nonobese men and women: a randomized clinical trial. Aging Cell 2016: 15, pp22–27.
    3. Sinha R, Cross AJ, Graubard BI, et al. Meat intake and mortality: a prospective study of over half a million people. Arch Int Med. 2009; 169(6):562-571.
    4. Julia C, Assmann KE, Shivappa N et al., Long-term associations between inflammatory dietary scores in relation to long-term C-reactive protein status measured 12 years later: findings from the Supplémentation en Vitamines et Minéraux Antioxydants (SU.VI.MAX) cohort. Br J Nutr. 2017 Jan;117(2):306-314. doi: 10.1017/S0007114517000034. Epub 2017 Feb 7.
    5. Cavicchia PP, Steck SE et al., A New Dietary Inflammatory Index Predicts Interval Changes in Serum High-Sensitivity C-Reactive Protein 1–3 J Nutr. 2009 Dec; 139(12): 2365–2372.
    6. Kaluza J et al., Questionnaire-Based Anti-Inflammatory Diet Index as a Predictor of Low-Grade Systemic Inflammation. Antioxid Redox Signal. 2018 Jan 1;28(1):78-84. doi: 10.1089/ars.2017.7330. Epub 2017 Oct 12.
    7. Kamada N et al., Control of Pathogens and Pathobionts by the Gut Microbiota, Nat Immunol. 2013 Jul; 14(7): 685–690.
    8. Orchard TS et al., Clearing the fog: a review of the effects of dietary omega-3 fatty acids and added sugars on chemotherapy-induced cognitive deficits– Breast Cancer Res Treat. 2017
    9. Ruiz-Canela M et al., The Role of Dietary Inflammatory Index in Cardiovascular Disease, Metabolic Syndrome and Mortality– Int J Mol Sci. 2016 Aug
    10. Amiot MJ et al., Effects of dietary polyphenols on metabolic syndrome features in humans: a systematic review– Obes Rev. 2016 Jul 
    11. http://www.reumatoide.it/1/infiammazione_da_cibo_e_ruolo_dell_intestino_10182694.html
    12. http://www.ilcibodellasalute.com/dieta-anti-infiammatoria-per-la-prevenzione-del-cancro/

     




    I benefici della Serrapeptasi scientificamente provati sulle infiammazioni

     

    Quando si combattono le infezioni, la serrepeptasi può essere molto utile a causa delle sue azioni di rottura dei biofilm, che (in teoria) potrebbero ridurre il rischio di infezioni batteriche. Funziona, essenzialmente, pulendo il sangue dalla materia organica (simile a come il baco da seta/falena dissolve il suo bozzolo).

    Questo articolo di Lifeextension.com descrive alcuni dei suoi possibili benefici e meccanismi di azione.

    “Per i milioni di americani che assumono farmaci antinfiammatori per alleviare il dolore e promuovere la salute cardiovascolare, esiste un integratore che mostra grandi promesse. Il nome di questo integratore è Serrapeptase e i medici in Europa lo hanno prescritto per trattare qualsiasi cosa, dal dolore alle placche aterosclerotiche.

    aiutare a inibire l’accumulo di placca nelle arterie, prevenendo così l’aterosclerosi (indurimento delle arterie) e un conseguente infarto o ictus.

    La serrapeptasi è una proteina unica che ha dimostrato di avere una moltitudine di benefici per il corpo

    grande mole di ricerca che c’è dietro.

    Si ritiene che la serrapeptasi funzioni in tre modi:

    1. Può aiutare ad alleviare il dolore inibendo il rilascio di ammine che inducono dolore chiamate bradichinina.
    2. I Dati

      distorsioni e legamenti strappati,

    3. gonfiore postoperatorio,
    4. trombosi venosa (coaguli nelle gambe),
    5. orecchio, naso e infezioni della gola e
    6. aterosclerosi.
    7. Danzen TM, Aniflazym TM e SerraZyme TM. Negli Stati Uniti è stato utilizzato e commercializzato come Serrapeptase dal 1997.

      Un integratore antidolorifico e antinfiammatorio che ha attività anti-coagulazione senza il rischio di sanguinamento dello stomaco…Sembra troppo bello per essere vero? 

      Oltre 40 studi clinici hanno dimostrato che ha un effetto se assunto per via orale. Sono sicuro che una parte viene digerita, ma questi studi suggeriscono che una quantità sufficiente sopravvive al processo digestivo per essere trasportata in tutto il corpo dove può avere un effetto.

      Diamo un’occhiata alla ricerca.

      Durante la ricerca su PubMed per Serrapeptase, si possono trovare quasi 40 studi clinici, la maggior parte dei quali provengono da ricercatori europei o asiatici. Gli studi, nel complesso, concludono che Serrapeptase può avere enormi benefici.

      • (una raccolta di pus nella cavità tra il polmone e la membrana che lo circonda). Questo studio ha incluso 174 pazienti e non ha mostrato effetti collaterali negativi.
      • La serrapeptasi può aiutare a migliorare la sindrome del tunnel carpale

        La serrapeptasi può aiutare a migliorare la sindrome del tunnel carpale

        • Un piccolo studio (che ha coinvolto 20 pazienti) condotto per un periodo di sei settimane e pubblicato sul Journal of the Association of Physicians in India, ha scoperto che la serrapeptasi può aiutare a migliorare la sindrome del tunnel carpale. Non sono stati osservati effetti collaterali significativi.4

        Serrapeptase e malattia fibrocistica del seno

        Un altro uso per Serrapeptase comporta il trattamento della malattia fibrocistica del seno.

        • Malattie cardiovascolari

          Per quanto riguarda i benefici cardiovascolari della Serrapeptase, le prove a sostegno di ciò sono per lo più aneddotiche e basate in gran parte sulla ricerca del defunto Hans A. Nieper, M.D., un internista di Hannover, in Germania, che è ampiamente conosciuto e considerato anche anti-establishment.

          • Ha studiato gli effetti della serrapeptasi sugli accumuli di placca nelle arterie. Un libro sul lavoro del dottor Nieper, intitolato The Curious Man: The Life and Works of Dr. Hans Nieper (Avery Penguin Putnam, dicembre 1998), fornisce informazioni sui suoi studi.
          • Serrapeptase è efficace e ben tollerato nei pazienti con malattie venose infiammatorie.
            N.d.r.(?!)

          Sicurezza

          DISCLAIMER “Politicamente corretto” da parte di Life Extension:

          Poi prosegue dando accento sulle cause avverse, anche se poi dice che sono rare, ma deve dirlo…

          N.d.r. – Se dal 1997 che la studiano non mi sembra che sia una molecola scoperta ieri e mai usato, cosa vuole dire studi a “lungo termine”?


          TROPPO BELLO PER ESSERE VERO?

          Serrapeptase: “L’Enzima Miracoloso” di Robert Redfern

          scarica qui il suo E-Book (ovviamente da tradurre) e le storie di persone che testimoniano i benefici del serrapeptase

          [1] Molto presto stavo sperimentando dosi sempre più alte (su me stesso) e alla fine ho scoperto che 2.000.000 di UI erano completamente sicure e davano risultati più rapidi per gravi problemi infiammatori.

          Usi e benefici della serrapeptasi

          alcune testimonianze per dare un’idea del numero di condizioni aiutate.

          Quindi, la serrapeptasi funziona?

          [3] Ancora meglio! Se usati insieme, gli enzimi proteolitici serrapeptasi e nattokinasi possono migliorare la salute del cervello per modulare con successo alcune caratteristiche della malattia di Alzheimer.

          [4] La ricerca supporta anche i benefici della serrapeptasi per:

          • Ingorgo mammario [5]
          • Sindrome del tunnel carpale [6]
          • Asma cronico e bronchite [7,8]
          • Muco [9]
          • Sinusite [10]
          • Gonfiore [11]
          • Guarigione delle ferite [12]

          Serrapeptase: l’enzima antinfiammatorio è sicuro?

          I medici con una conoscenza della terapia nutrizionale prescrivono regolarmente la serrapeptasi rispetto ai farmaci da prescrizione.
          Serrapeptase ha un ampio uso clinico in tutta Europa e in Asia che copre più di 50 anni.

          Il dosaggio esatto della terapia dipende dalle condizioni di salute, anche se normalmente vengono assunte tre capsule di massima potenza con buoni risultati.

          Sudi scientifici come prova:


          L’enzima serrapeptasi

          Usi:
          1. Malattie cardiovascolari
          2. Artrite
          3. Artrite reumatoide
          4. Problemi polmonari
          5. Problemi agli occhi
          6. Problemi di naso che cola e sinusite
          7. Lesioni sportive
          8. Infiammazioni di qualsiasi tipo

          Studi istologici rivelano potenti effetti antinfiammatori di questo enzima presente in natura.

          Un potente enzima proteolitico

          La risposta infiammatoria è un meccanismo importante per proteggere il corpo dagli attacchi di organismi invasori e cellule difettose. In caso di disregolazione immunitaria, il corpo perde la sua capacità di distinguere tra sostanze innocue e potenzialmente pericolose. Questo meccanismo difettoso provoca una vasta gamma di malattie autoimmuni come allergie, psoriasi, artrite reumatoide, colite ulcerosa, uveite, sclerosi multipla e alcune forme di cancro.

          I FANS ovvero gl Antinfiammatori Non Steroidei (Non corticonici)

          Serrapeptase – Informazioni tecniche e studi

          Il baco da seta ha una relazione simbiotica con i microrganismi Serratia nel suo intestino.

          , i ricercatori in Germania hanno utilizzato SP per l’aterosclerosi. SP aiuta a digerire la placca aterosclerotica senza danneggiare le cellule sane che rivestono la parete arteriosa. Oggi i ricercatori considerano l’aterosclerosi una condizione infiammatoria simile ad altre malattie degenerative.

          SP è stato ammesso come trattamento standard in Germania e in altri paesi europei per il trattamento di gonfiori infiammatori e traumatici.

          • In uno studio in doppio cieco sulla SP condotto da Esch et al presso il German State Hospital di UIm, 66 pazienti con rottura recente del legamento laterale trattato chirurgicamente sono stati divisi in tre gruppi randomizzati. Nel gruppo che ha ricevuto la sostanza in esame, il gonfiore era diminuito del 50% in terza giornata postoperatoria, mentre negli altri due gruppi di controllo (elevazione della gamba, riposo a letto, con o senza applicazione di ghiaccio), nessuna riduzione in gonfiore si era verificato in quel momento. La differenza era di grande significato statistico. La diminuzione del dolore è correlata per la maggior parte con la riduzione del gonfiore.
            I pazienti che hanno ricevuto SP sono diventati liberi dal dolore più rapidamente rispetto ai gruppi di controllo.
            Entro il decimo giorno, tutti i pazienti erano liberi dal dolore nel gruppo trattato con SP. La dose terapeutica giornaliera era di 1-2 compresse (5 mg) 3 volte al giorno.
          • malattia cistica del seno. Questi pazienti sono stati divisi casualmente in un gruppo di trattamento e un gruppo placebo. SP è risultato superiore al placebo per quanto riguarda il miglioramento del dolore mammario, del gonfiore mammario e dell’indurimento, con l’85,7% delle pazienti trattate con SP che hanno riportato un miglioramento da moderato a marcato. Non sono state segnalate reazioni avverse con l’uso di SP.

          orecchio, del naso e della gola ha ottenuto negli ultimi anni un crescente sostegno.

          • eccellenti o buone per il 97,3% dei pazienti trattati con SP rispetto a solo il 21,9% di quelli trattati con placebo.

            • SP riduce la viscosità del muco nasale a un livello al quale può essere raggiunto il massimo trasporto. riduzione dei fenomeni essudativi e in una inibizione del rilascio dei mediatori infiammatori. Questa peptidasi induce la frammentazione degli aggregati fibrinosici e riduce la viscosità degli essudati, facilitando così il drenaggio di questi prodotti della risposta infiammatoria e favorendo così il processo di riparazione tissutale.

              Gli studi suggeriscono che SP ha un effetto modulatore su specifiche proteine della fase acuta che sono coinvolte nel processo infiammatorio. Ciò è confermato da un rapporto di significative riduzioni del complemento C3 e C4, aumenti della proteina opsonizzante e riduzioni delle concentrazioni di aptoglobulina, che è una proteina scavenger che inibisce la proteasi lisosomiale.

              Tunnel Carpale

              B2 e B6è efficace. L’uso di approcci nutrizionali non invasivi al trattamento di questa condizione comune diventerà più importante man mano che una generazione di operatori di tastiera si avvicinerà al pensionamento.

              repressione dell’edema e la repressione della permeabilità dei vasi sanguigni indotta dall’istamina o dalla bradichinina.

              Questi enzimi influenzano anche il sistema callicreina-chinina e il sistema del complemento, modificando così la risposta infiammatoria. Studi in vitro e in vivo rivelano che SP ha un effetto antinfiammatorio specifico, superiore a quello di altri enzimi proteolitici.

              Riferimenti:

              1. Kee WH. Tan SL, Lee V. Salmon YM. The treatment of breast engorgement with Serrapeptase (Danzen): a random ized double-blind controlled trial. Singapore Med J. 1989:30(1):48-54.
              2. M izukoshi, D. et al. A double-blind clinical study of serrapeptase in the treatment of chronic sinusitis. Igaku Ayrni 109:50-62.1979.
              3. Carratu, L. et al. Physio-chemical and rheological research on mucolytic activity of serrapeptase in chronic broncho-pneumopathies. Curr. Ther. Res. 28(6):937-951. 1980.
              4. Braga, P.C. et al. Effects of serrapeptase on muco-ciliary clearance in patients with chronic bronchitis. Curr. Ther. Res. 29(5):738-744,1981.
              5. Mazzonie, A. et al. Evaluation of serrapeptase in acute or chronic inflammation of otorhinolaryngology pathology: a multicentre, double-blind randomized trial versus placebo. J. int. Med. Res. 18(5):379-388,1990.
              6. Kakinumu, A. et al. Regression of fibrinolysis in scalded rats by administration of serrapeptase. Biochem. Pharmacol. 31:2861-2866,1982.
              7. Marly, M. Enzymotherapie anti-inflammatoire a l’aide de la serrapeptase: resultats cliniques en traumatologie et en ORL. C RTherapeut. 3:9-19,1985.
              8. Odagiri, J. et al. Clinical applications of serrapeptase in sinusitis. Med. Consult. New Remedy 6:201-209, 1979
              9. Yamazaki, J. et al. Anti-inflammatory activity of TSP, a protease produced by a strain of Serratia. Folia Pharmacol. Japon. 6^302-314,1967.
              10. Harad~, Y. Clinical efficacy of serrapeptase on buccal swelling after radical operation for chronic sinusitis. Igaku Ayumi 123:768-778.1982.
              11. Matsudo, A. et at. Effect of serrapeptase (Danzen) on inflammatory edema following operation for thyropid disease. Med. Consult. New Remedy 18:171-175, 1981.
              12. Fujitani, T. et al. Effect of anti-inflammatory agent on transfer of antibiotics to the maxillary sinus mucosa in chronic sinusitis. Otorhinolaryngol. Clin. North Am. 66:557-565. 1976.
              13. Tago. T. and Mitsui, S. Effects of serrapeptase in dissolution of sputum, especially in patients with bronchial asthma. Jap. Clin. Exp. Med. 49:222-228, 1972.
              14. Mazzonie, A. et al. Evaluation of serrapeptase in acute or chronic inflammation of otorhinolaryngology pathology: a multicentre, double-blind randomized trial versus placebo. J. int. Med. Res. 18(5):379-388,1990.
              15. Kase, Y. et al. A new method for evaluating mucolytic expectorant activity and its application. II. Application to two proteolytic enzymes, serrapeptase and seaprose. Arzneimittelforschung 32:374-378,1982.
              16. Marriott, C. Modification of the rheoloaical properties of mucus by drugs. Adv. Exp. Med. Biol. 144^75-84, 1982.
              17. Majima. Y. et al. Effects of orally administered drugs on dynamic viscoelasticity of human nasal mucus. Am. Rev. Respit. Dis. 141:79-83.1990.
              18. Miyata, K. Intestinal absorption of serrapeptase. J ApplBiochem. 1980:2:111-16.
              19. Aso T. et al. Breast engorgement and its treatment: Clinical effects of Danzen (serrapeptase) an anti-inflammatory enzyme preparation. The world of Obstetrics and Gynecology (Japanese). 1981:33:371-9.
              20. Esch PM, Gemgross H. Fabian A. Reduction of postoperative swelling. Objective measurement of swelling of the upper ankle joint in treatment with serrapeptase-a prospective study (German). FortschrMed. 1989;107(4):67-8, 71-2.
              21. Majima Y, lnagaki M, Hirata K. Takeuchi K, M orishita A, Sakakura Y. The effect of an orally administered proteolytic enzyme on the elasticity and viscosity of nasal mucus. Arch Otorhinolaryngol. 1988;244(6):355-9.
              22. Selan L, Berlutti F, Passariello C. Comodi-Ballanti MR, Thaller MC. Proteolytic enzymes: a new treatment strategy for prosthetic infections? Antimicrob Agents Cheroother. 1993; 37(12):2618-21.
              23. Koyama A, Mori J, Tokuda H, Waku M, Anno H, Katayama T, Murakami K, Komatsu H, Hirata M, Arai T, et al. Augmentation by serrapeptase of tissue permeation by cefotiam (Japanese). Jpn JAntibiot. 1986; 39(3):761-

              Raccomandazioni all’utilizzo di Serrapeptase

              secondo la drssaPoonam Sachdev, MD

              Sono stati condotti solo pochi studi specifici sui rischi e sugli effetti collaterali della serrapeptasi. Si sconsiglia l’assunzione durante la gravidanza o l’allattamento.

              È stato dimostrato che la serrapeptasi fluidifica il sangue, pertanto non è consigliabile assumerla con altri fluidificanti del sangue, olio di pesce, aspirina o se si soffre di una malattia del sangue.

              Affinché la serrapeptasi sia efficace, deve essere in grado di raggiungere l’intestino e passare al flusso sanguigno. Se hai intenzione di prenderlo per via orale, è importante che abbia un rivestimento enterico per proteggerlo dall’essere distrutto e reso inefficace dall’acido dello stomaco prima che possa raggiungere l’intestino.Le dosi consigliate variano a seconda del motivo per cui viene assunto.

              • Per la prevenzione: 10 mg al giorno
              • Per artrite, sinusite, seno fibrocistico, bronchite e problemi cardiovascolari: 20 mg al giorno
              • Per il dolore generale: iniziare con 10 mg e lavorare fino a 20 mg se necessario
              • Per lesioni, traumi o recupero post-operatorio: 30 mg per due giorni, quindi 20 mg al giorno fino alla scomparsa del gonfiore e del dolore

              Si raccomanda inoltre di assumere la serrapeptasi a stomaco vuoto.

              Serrapeptase enzima 180.000 IU (corrisponde a 450mg)

    90 Capsule a lento rilascio, quindi gastroresistenti

    *VNR (valore di riferimento per fabbisogno giornaliero) non ancora determinato.

     

    Altre marche di serrapeptase

     

     

     

     


    Enzima serrapeptasi per cicatrici ed altri usi

    anche all’interno del tuo corpo. In genere, il corpo utilizza la fibrina per la coagulazione del sangue, al fine di aiutare a fermare la perdita di sangue e l’infezione. Coaguli di sangue e fibrina si uniscono per creare una dura barriera protettiva di tessuto cicatriziale sopra e intorno al sito leso.

    NORMALE FORMAZIONE DI TESSUTO CICATRICE

    FORMAZIONE DI TESSUTO CICATRICE ANOMALO

    • COMPLICANZE DI FIBRINA IN ECCESSO

      Per fortuna, liberare il corpo dalla fibrina in eccesso può essere ottenuto integrando con un enzima noto come serrapeptasi.

      enzima antifibrotico molto potente che vanta molti vantaggi. Non solo puoi prendere la serrapeptasi per aiutare a dissolvere il tessuto cicatriziale, ma può anche combattere l’infiammazione, migliorare la tua risposta immunitaria e diminuire il dolore.

      CHE COSA FA LA SERRAPEPTASI?

      Come enzima proteolitico sistemico, la serrapeptasi dissolve le proteine della fibrina che costituiscono il tessuto cicatriziale e ha la capacità unica di riconoscere ciò che è necessario e ciò che è in eccesso nel corpo. Ha anche la spiccata capacità di digerire solo i tessuti non viventi e di far degradare le proteine molto più velocemente. Poiché è antifibrotico, la serrapeptasi è in grado di portare sollievo a molte condizioni di salute che sono il risultato di un ispessimento anomalo o di una cicatrizzazione del tessuto connettivo fibroso, una condizione nota come fibrosi.

      Ciò include una varietà di condizioni di salute, come:

      • Aterosclerosi (accumulo di placca sulle pareti arteriose)
      • Seni fibrocistici
      • Tumori del fibroma uterino
      • Cicatrici dopo lesioni
      • Chirurgia che provoca cicatrici
      • Cicatrici dovute a infezione
      • Coaguli di sangue (a causa della fibrina nel sangue)

      consentendo l’inizio del processo di guarigione.

      Serrapeptase è un integratore estremamente utile per chi soffre di condizioni di salute infiammatorie e disturbi autoimmuni come i seguenti:

      • Colite ulcerosa
      • Morbo di Crohn
      • Sclerosi multipla
      • Fibrosi cistica
      • Artrite reumatoide
      • Osteoartrite
      • Psoriasi
      • Lupus
      • Enfisema
      • fibromialgia
      • Asma
      • Cancro

      COS’ALTRO FA LA SERRAPEPTASI?

      Oltre ad aiutare a liberare il corpo dalla fibrina in eccesso, gli integratori di serrapeptasi hanno altri benefici per la salute:

      • Muco più sottile. Quando sei malato, la serrapeptasi rende più facile soffiarsi il naso perché scompone le proteine ​​nel muco, rendendolo più sottile. Questo aiuta con condizioni come sinusite, bronchite e allergie.
      • QUANTO SERRAPEPTASI DOVREBBE ESSERE ASSUNTO?

        QUAL È LA DOSE RACCOMANDATA DI SERRAPEPTASI?

        Le etichette della serrapeptasi variano a seconda del produttore. Potresti vedere l’etichetta sugli integratori in milligrammi (mg), unità serrapeptasi (SPU) o unità enzimatiche (UE). La conversione è solitamente di 2000 SPU/EU per mg.

        Il dosaggio di serrapeptasi di seguito si basa su quello più raccomandato.

        Serrapeptase Dose: 10-60 mg (20.000-120.000 SPU/EU), da due a tre volte al giorno, per un totale di 30-180 mg al giorno.

        Consiglio il marchio Doctor’s Best. Puoi acquistare da Amazon.

        Ci sono molti marchi, quindi sentiti libero di leggere le recensioni di altri marchi. Controlla ora i prezzi.

        QUANDO DOVREBBE ESSERE PRESA LA SERRAPEPTASI?

        Poiché gli enzimi sistemici proteolitici, come la serrapeptasi, scompongono anche le proteine nel cibo che mangi, è importante assumerli a stomaco vuoto.

        In questo modo, nessuna attività enzimatica viene persa nel processo digestivo. Si consiglia di assumere serrapeptasi con rivestimento enterico per garantire che la capsula mantenga la sua integrità e tutti gli enzimi attivi mentre si dissolve nel corpo ed entra nel flusso sanguigno.

        Tempistica del dosaggio della serrapeptasi:
        assumere a stomaco vuoto, 30 minuti prima o due ore dopo un pasto.

        DOVE PUOI TROVARE LA SERRAPEPTASI?

        Gli integratori di serrapeptasi sono venduti online e nei negozi. Assicurati di concentrarti sulla qualità del prodotto, il che significa che dovresti fare ricerche approfondite e consultare un professionista sanitario qualificato prima di acquistarlo.

        QUALI SONO GLI EFFETTI COLLATERALI DELLA SERRAPEPTASI?

        Sebbene la serrapeptasi sia stata studiata e trovata per aiutare a ridurre il tessuto cicatriziale e altre varie condizioni, può anche introdurre effetti collaterali indesiderati. Una delle più significative è la sindrome di Steven-Johnson, una rara condizione caratterizzata dalla comparsa di vesciche in tutto il corpo.

        Eritema (arrossamento) o dermatosi

      • Dolori muscolari
      • Dolori articolari

      interazioni tra farmaci e integratori includono:

      • Prescrizione anticoagulanti. Se stai assumendo qualsiasi tipo di anticoagulante, come Warfarin o Clopidogrel, non usare la serrapeptasi.

      Sulla Perrapetase si trovano integrazioni a diversi dosaggi, chi la esalta come benefici miracolosi è perché ha osato prenderne in quantità non standard ed anzi, superando le 20.000 Ui  e fino a 250.000 UI. e chi la prende con la cautela di chi “sta coi piedi su una staffa”.

      Pertanto alla luce di queste mie ricerche penso che la situazione dei dosaggi sia paragonabile a quello che succede con altre buone molecole naturali che risulterebbero molto più efficaci se usate con dosaggi più alti ed appropriati.

      Donna con varici in cura con SP
      Serrapeptase 250.000 UI

      di Victoria Talylor Naturopata

      Caso studio: Serrapeptase ha aiutato il mio dolore e le vene varicose

      sindrome del tunnel carpale al polso destro. Il dolore e l’intorpidimento al polso e lungo il pollice erano così forti che la svegliavano dal sonno. Maria aveva visto il suo fisioterapista che le ha dato esercizi e stiramenti da eseguire e hanno aiutato forse il cinque percento. Indossava anche una stecca per il polso e usava un mouse e un tappetino appositamente progettati. Sfortunatamente questi rimedi non stavano fornendo un sollievo sufficiente e Maria stava diventando piuttosto angosciata per il dolore e la debolezza della sua mano destra. Il suo medico le ha offerto un’iniezione di cortisone, ma Maria aveva sentito che non avrebbe offerto sollievo a lungo termine, quindi ha visitato la mia clinica in cerca di aiuto.

      I miei consigli per Maria

      6 settimane dopo

      In questa consultazione Maria mi ha detto che aveva avuto un notevole miglioramento delle vene varicose nelle gambe. Sapevo che la serrapeptasi è molto efficace per aiutare questa condizione, ma Maria non ha menzionato le sue vene varicose nella sua consultazione iniziale perché pensava che non ci fosse nulla che si potesse fare al riguardo tranne un intervento chirurgico.

      Maria era così grata di provare sollievo dalle sue condizioni e io ero felice di poter offrire un rimedio così efficace senza effetti collaterali dannosi.

      discalimer dal sito Liver Doctor

      Le dichiarazioni di cui sopra non sono state valutate dalla FDA e non intendono diagnosticare, trattare o curare alcuna malattia.
      Conosci qualcuno che potrebbe trarre beneficio da questo articolo? Condividilo!


       




    Salute mentale, infiammazione e vitamina D

    malattie cardiovascolari, demenza e diabete.

    Più alti sono i livelli di infiammazione, maggiore è il rischio di sviluppare malattie croniche.

    Studi multipli hanno anche trovato una correlazione diretta tra i livelli di infiammazione e la salute mentale.

    più elevati di proteina C-reattiva (CRP) erano correlati a un aumento del declino cognitivo.

    Meta-analisi della supplementazione di vitamina D per disturbi mentali diagnosticati

    Disturbi mentali, come depressione, ansia, abuso di sostanze e schizofrenia, sono stati associati a infiammazione cronica e carenza di vitamina D.
    sull’infiammazione, la salute mentale e la vitamina D in pazienti con diagnosi di disturbi psichiatrici.

    I risultati hanno anche mostrato una significativa riduzione della PCR dopo la supplementazione di vitamina D.

    Iran e Cina.

    Una recensione dei livelli di hsCRP e di vitamina D tra i partecipanti di GrassrootsHealth

    Il grafico seguente confronta i livelli di vitamina D per i partecipanti adulti di GrassrootsHealth residenti negli Stati Uniti con quelli di NHANES dal 2009 al 2014.

    Il livello medio di vitamina D nella coorte di GrassrootsHealth era di 43 ng/ml rispetto a 28 ng/ml nel campione NHANES (108 contro 69 nmol/L). La percentuale con un livello di vitamina D pari o superiore a 40 ng/ml era più di quattro volte superiore nella coorte GrassrootsHealth rispetto al campione NHANES (58% vs. 13%).

    Livelli più elevati di vitamina D nella coorte di GrassrootsHealth potrebbero influenzare positivamente i livelli di infiammazione e hsCRP e contribuire a ridurre i tassi di malattie croniche?

    A questo punto, non abbiamo tracciato le correlazioni con i livelli di hsCRP testati e gli eventuali risultati sulla salute, né le correlazioni con i nutrienti.

    FONTE

    https://www.grassrootshealth.net/blog/mental-health-inflammation-vitamin-d


    Vitamina D non è così tossica come si pensava una volta

    Vitamina D nella DemenzaConfronto clinico fra i Metaboliti della Vitamina D

    Lista Integratori vitamina D Guida all’acquisto

    Magnesio: quale scegliere?

    La Vitamina D necessita della vitamina K2, la spazzina delle arterie