Dr Luigi Cavanna, Medico in Prima Linea a Domicilio, un modello da seguire

Luigi Cavanna, Direttore del Dipartimento Oncologia-Ematologia dell’Azienda USL Ospedale di Piacenza, in compagnia del suo caposala Gabriele Cremona, ci racconta una giornata-tipo all’interno del modello di assistenza domiciliare da lui implementato nella provincia di Piacenza, un modello che sta facendo scuola: girare casa per casa per individuare precocemente i casi di coronavirus e trattarli tempestivamente cercando di evitare il ricovero ospedaliero a tutti i costi.

«Io, medico in famiglia». L’umanità bussa alla porta

articolo di Schiavi Giangiacomo

Buone notizie (inserto Corriere della Sera), 19, 4, 2020, p.7

Il dottor Luigi Cavanna, sessant’anni, è finito su Time come esempio di ciò che i medici debbono fare: portare a casa dei malati una cura e anche un antidoto alla solitudine.

La medicina sul territorio che funziona: così lo ha interpretato il giornale americano. 

Quella stessa sanità che negli ultimi anni è stata ridimensionata e burocraticizzata e che invece funziona. Il dottor Cavanna pensa che la sanità debba essere ripensata soprattutto sui bisogni clinici ed umani dei malati, sempre più anziani e con più patologie. E’ meglio non demandare le cure agli ospedali ma portare sempre più le cure a casa. Col Covid la situazione è stata esplosiva ed ha portato in ospedale tantissime persone, anche se una parte poteva essere curata a casa, con meno rischi.

Per questo la Direzione dell’Ospedale di Piacenza ha seguito le indicazioni del dott. Cavanna ed ha istituito una squadra di intervento rapido a domicilio. Così il medico con il caposala Gabriele Cremona hanno seguito a casa 270 casi, prevalentemente anziani soli che li hanno accolti come salvatori. Perché molte di queste persone erano anche spaventate, magari avevano appena perso un congiunto, un amico, ed avere qualcuno vicino è stato molto importante. Nessuno dei malati seguiti in questo modo è deceduto. Ciò che si dovrebbe prendere da questa esperienza, per il dott. Cavanna, è l’importanza di dover rafforzare il legame tra ospedale e territorio e la possibilità, per il sistema socio sanitario, di non lasciare soli gli anziani che non hanno una rete familiare. 

(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)

Il medico è primario di oncoematologia all’ospedale di Piacenza e nel maggio 2020 finì sulla copertina di Time. «Oggi abbiamo un’arma in più, gli anticorpi monoclonali»

«Se si cura a casa il Covid si può guarire». Lo ripete da mesi il dottor Luigi Cavanna, spesso inascoltato, a volte contestato, finalmente accettato da una parte della comunità scientifica, ancora troppo scettica sui risultati, che invece già dallo scorso marzo avevano un’evidenza conclamata. La medicina sul territorio, con farmaci di uso comune associati ad antibiotici, la cura precoce insomma, ha funzionato e funziona. E oggi abbiamo un‘arma in più, dice Cavanna, con i farmaci monoclonali.

Anticorpi monoclonali contro il Covid

«Se si mettono a disposizione per le cure a domicilio potremo alleggerire gli ospedali e liberare posti per i malati oncologici penalizzati in questi mesi nelle cure e negli esami». Cavanna ha dovuto rispondere in tv alle accuse sull’inefficacia dell’idrossiclorochina, messa in discussione quando invece aveva dato ottimi risultati sui pazienti trattati, «forse perché non aveva alle spalle le potenti industrie del farmaco», ma non vuole fare polemiche: oggi è importante curare più gente possibile a casa, mettendo a disposizione medici e farmaci.

La copertina su Time

Il dottor Luigi Cavanna, sessant’anni, primario di oncoematologia all’ospedale di Piacenza, non si aspettava di finire su Time per aver fatto quel che ogni medico dovrebbe fare: portare a casa dei malati una cura e anche un antidoto alla solitudine. Lui l’ha fatto nei giorni bui della pandemia e per la rivista americana è diventato un esempio della sanità che funziona: la medicina sul territorio. Purtroppo la politica negli ultimi anni l’ha ridimensionata, riducendola a burocratica routine. Invece è da qui che bisogna ripartire. Dall’assistenza sulla porta di casa. Dal coraggio di medici e infermieri. E dall’umanità.

  • Partiamo da qui, dottor Cavanna. Dalla sanità da ripensare.
    • «La sanità va ripensata sulla base dei bisogni clinici ed umani dei malati, sempre più anziani e con più patologie. Meno cure in ospedale e più cure a casa. E meno accessi alla porta girevole del Pronto soccorso. Ai primi di marzo il Pronto soccorso di Piacenza sembrava l’anticamera dell’inferno. Malati dappertutto, con dispnea, febbre, fame d’aria, le Tac che sfornavano referti su referti di polmoniti bilaterali interstiziali».
  • Scenario da Apocalisse. E tutti i medici chiamati a dare una mano…
    • «I nostri reparti sono diventati Covid: era fondamentale in quei giorni trovare spazio e posti letto per pazienti che arrivavano in condizioni oramai precarie. Giorno e notte si sentiva la sirena delle ambulanze… Siamo stati investiti da un’onda d’urto difficile da descrivere, difficile perfino da ricordare. Una situazione drammatica, di grande emergenza. Non si poteva non fare qualcosa di più rispetto al normale. C’è stata una prova straordinaria del personale sanitario, una prova di grande umanità. Allora si diceva che i malati Covid potevano essere salvati solo con la terapia intensiva. Si ripeteva che una cura specifica per Covid non esiste. I ricoverati venivano curati con due farmaci per bocca: idrossiclorochina ed antivirali, oltre a ossigeno e terapia di supporto. Gli stessi farmaci però potevano essere somministrati a domicilio, in una fase molto più precoce e quindi con una efficacia antivirale migliore. Ma nessuno ancora lo faceva. I pazienti arrivavano in ospedale dopo giorni o settimane di febbre, tosse, malessere, poi dispnea da sforzo e dispnea a riposo».
  • Chiamata al 118, ambulanza, Pronto soccorso… Creando quell’ingorgo che ha lasciato molti anziani in lista d’attesa e ha fatto saltare il sistema.
    • «Ho proposto di fermare l’onda prima dell’arrivo in ospedale. Mi sembrava il modo migliore per essere utile. L’11 marzo la Direzione dell’ospedale ha preso la decisione di formare squadre di intervento rapido a domicilio. La mattina dopo con il caposala Gabriele Cremona siamo partiti con le visite».
  • E che cosa avete trovato a casa dei malati?
    • «Tante persone anziane, sole ed impaurite. L’ accoglienza è stata commovente, ci hanno visto come dei salvatori».
  • Non si aspettavano questo tipo aiuto?
    • «Si sono sentiti accuditi, ascoltati. Molti ripetevano: “Andrà come andrà, ma almeno qualcuno è venuto. Per noi è già molto. È già tutto”».
  • Avete avuto dei criteri di scelta su dove operare?
    • «Dove c’era una richiesta di aiuto, dove la solitudine faceva più male. C’era chi aveva appena perso un marito, un fratello, un figlio… Spesso ci siamo trovati a piangere con loro. Non sapevano nulla per il funerale, non avevano più notizie del familiare finito in ospedale».
  • Ha avuto paura di essere contagiato?
    • «Eravamo vestiti come astronauti, questo ci ha dato sicurezza: tute monouso, guanti, visiere, mascherine».
  • La dotazione che molti hanno ricevuto in ritardo.
    • «Per l’assistenza a domicilio ci siamo serviti di ecografo, elettrocardiografo portatile, kit per tamponi e farmaci, idrossiclorochina e poi antivirali, antibiotici, cortisone, eparina e saturimetro. Se non ci fossero state queste dotazioni avremmo risolto ben poco».
  • Ha fatto un bilancio dei primi risultati?
    • «A Piacenza i morti sono stati più di novecento. Ho seguito personalmente circa 270 casi e i ricoveri sono stati inferiori al 5% . Quel che conta è che nessuno di questi malati è deceduto».
  • Che cosa resterà di questa esperienza?
    • «La prima evidenza è che va rafforzato il legame tra ospedale e territorio. Non c’è solo il Covid: le cure a domicilio con monitoraggio costante si possono allargare anche per altre malattie».
  • E la seconda evidenza?
    • «C’è una questione enorme, ed è la solitudine di tanti anziani. Serve un sistema sociosanitario capace di offrire con le cure anche la certezza di non essere lasciati soli. Ma questa si chiama anche umanità».

In quest’altra intervista video il dr Luigi Cavanna ci parla del grande risultato delle cure sui pazienti oncologici malati di Covid e su cui ha pubblicato uno studio con riconoscimenti a livello mondiale.


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Dichiarazione di non responsabilità: questo articolo non è destinato a fornire consulenza medica, diagnosi o trattamento.
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