La riboflavina (Vit B2) protegge dalla neurotossicità innalzando le concentrazioni di vitamina D

Che cosa è la Neurotossicità o tossicità per il cervello

Per neurotossicità si intende l’esposizione, spesso inconsapevole, ad agenti dannosi interni (alimenti o farmaci) o esterni per il nostro cervello e le vie nervose. Spesso questa esposizione avviene in luoghi che le persone considerano sicure come il posto di lavoro e la propria abitazione.

I principali agenti neurotossici si possono così riassumere:

  • farmaci antineoplastici
  • radiazioni ionizzanti
  • abusi di farmaci e droghe
  • metalli pesanti
  • additivi alimentari
  • insetticidi e antiparassitari
  • anidride carbonica e altri gas di scarico degli autoveicoli
  • solventi utilizzati nelle pulizie come cloro e formaldeide.

Tra i farmaci utilizzati nei trattamenti per i tumori (terapie oncologiche) ricordo i derivati del platino: cisplatino, carboplatino, oxaliplatino. Questi composti oltre ad essere neurotossici sono anche ototossici. I pazienti che ne fanno uso possono andare incontro a diminuzione della capacità uditiva.

La demenza, il morbo di Parkinson, la Sclerosi Multipla, la Depressione, Dolori diffusi ed anche la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) sono alcune delle malattie che possono comparire in persone esposte a metalli tossici.

Un cibo che può portare accumulo nell’organismo di sostanze dannose, quindi può portare a neurotossicità, è il tonno. Questo pesce, e come lui altri predatori del mare, si cibano di altri pesci e tendono ad accumulare mercurio. Si sconsiglia quindi il consumo eccessivo di carne di tonno, di pesce spada e di tutti quei pesci predatori e che vivono a lungo. Soprattutto nelle donne in gravidanza si suggerisce di non superare mai una scatoletta (150 gr) o porzione equivalente di questi pesci in una settimana.

 

Concetti e meccanismi di tossicità 

MAFFEI, FRANCESCA; CANTELLI FORTI, GIORGIO

(UniBo – Università di Bologna)

Abstract

La comprensione dei meccanismi di tossicità di uno xenobiotico è essenziale per interpretare i dati tossicologici descrittivi, valutare i rischi associati all’esposizione a sostanze tossiche, identificare procedure per prevenire e/o limitare gli effetti tossici e progettare farmaci più sicuri.

Per valutare i danni indotti da uno xenobiotico (sostanze estranee all’organismo che possono causare effetti biologici indesiderati) è importante conoscere come un tossico entra nell’organismo, come interagisce con le molecole bersaglio e come l’organismo reagisce all’insulto tossico.

Il meccanismo di tossicità di un agente è dato da una serie di eventi che iniziano con l’esposizione, coinvolgono molteplici interazioni tra lo xenobiotico e l’organismo, e terminano con la manifestazione dell’effetto tossico.

La tossicità di un composto può causare effetti locali circoscritti o reazioni gravi e complesse fino alla morte dell’individuo esposto. Gli effetti tossici, quindi, presentano un’ampia variabilità e possono essere locali o sistemici, reversibili o irreversibili, immediati o ritardati. L’interazione tra lo xenobiotico e la molecola bersaglio causa una serie di eventi biochimici e cellulari che a loro volta possono attivare i meccanismi di difesa a livello molecolare, cellulare o tissutale.

Quando le alterazioni indotte dal tossico superano le capacità riparative, i danni si manifestano a vari livelli dell’organizzazione biologica (macromolecole biologiche, organelli cellulari, tessuti e organi). L’identificazione delle molecole bersaglio coinvolte nella tossicità di uno xenobiotico è fondamentale per la valutazione dei rischi associati alla sua esposizione.

Le macromolecole come gli acidi nucleici, le proteine e i lipidi di membrana rappresentano i bersagli principali e più importanti da un punto di vista tossicologico. Una molecola endogena, per essere un bersaglio, deve avere la reattività e la struttura chimica per permettere legami covalenti e non covalenti con il tossico. La reazione del tossico con le molecole endogene può causare disfunzione o distruzione cellulare.


La Riboflavina protegge dalla neurotossicità migliorando:

  • lo stress ossidativo,
  • la disfunzione mitocondriale,
  • l’infiammazione neurogena,
  • l’eccitotossicità del glutammato
  • e la neurotossicità dell’omocisteina,

tutti fattori che sono coinvolti nella neurodegenerazione e nella neurotossicità. Inoltre, questi fattori neurotossici hanno la capacità di provocarsi a vicenda portando alla formazione di un ciclo neurotossico”.

La riboflavina è in grado di attaccare questo ciclo neurotossico proposto attraverso molteplici meccanismi neuroprotettivi che affrontano diversi fattori neurotossici in questo ciclo neurotossico.

  1. La riboflavina attacca lo stress ossidativo attraverso il suo potenziale antiossidante.
    1. In primo luogo, la glutatione reduttasi richiede la riboflavina per la sua azione di riduzione del glutatione ossidato aumentando i livelli di glutatione ridotto (attivo).
    2. In secondo luogo, la riboflavina ha un’azione antiossidante indipendente attraverso la sua forma ridotta (diidroriboflavina).
    3. In terzo luogo, la riboflavina ha la capacità di elevare i livelli di enzimi antiossidanti come SOD e catalasi.
    4. In quarto luogo, la riboflavina è necessaria per la formazione del piridossal fosfato (PLP), la vitamina B6 attiva, che ha una propria attività antiossidante (vedi La riboflavina è necessaria per la formazione del piridossal fosfato).
  2. La riboflavina attacca l’infiammazione neurogena direttamente o indirettamente.
    La riboflavina ha la capacità di inibire l’NF-κB e la proteina del gruppo ad alta mobilità B1 (HMGB1), fattori nucleari coinvolti nei processi infiammatori, dimostrando la sua attività antinfiammatoria diretta. D’altra parte, più enzimi nella via biosintetica della vitamina D sono enzimi dipendenti dalla riboflavina, quindi la riboflavina esercita la sua attività antinfiammatoria indiretta attraverso il suo ruolo essenziale nella sintesi della vitamina D, che ha una potente attività antinfiammatoria.
  3. La somministrazione di riboflavina è in grado di elevare i livelli intra-mitocondriali di flavina adenina dinucleotide (FAD), che compenserà la ridotta capacità di assemblaggio dei complessi disfunzionali. Di conseguenza, la riboflavina mira a normalizzare la funzione mitocondriale negli stati disfunzionali.
  4. Livelli elevati di omocisteina mostrano effetti neurotossici.
    Gli enzimi dipendenti dalla riboflavina sono passaggi critici nella sintesi del metiltetraidrofolato (MTHF) e del PLP. MTHF e PLP sono necessari per le azioni degli enzimi che metabolizzano l’omocisteina; metionina sintasi e cistationina b-sintasi, rispettivamente (vedi La riboflavina è necessaria per il metabolismo dell’omocisteina).
  5. La riboflavina ha la capacità di attaccare l’eccitotossicità del glutammato.
    Infatti, la riboflavina inibisce il rilascio neuronale endogeno di glutammato riducendone il potenziale di eccitotossicità. Inoltre, sia la riboflavina che il PLP (la riboflavina è necessaria per la sua sintesi) hanno le loro proprietà protettive intrinseche contro la tossicità del glutammato aumentando la sopravvivenza dei neuroni esposti alla tossicità del glutammato dopo essere stati trattati con riboflavina o PLP. Inoltre, sia la riboflavina che il PLP sono determinanti essenziali della via del triptofano-chinurenina, che producono composti neuroattivi noti come chinurenine che influenzano i recettori del glutammato, modulando quindi il potenziale di eccitotossicità del glutammato (vedi Riboflavina come determinante della via della chinurenina e Riboflavina può migliorare la tossicità del glutammato; che è implicato nel morbo di Parkinson e nell’emicrania).

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Riboflavina o Vitamina B 2 in relazione alla Vitamina D

Nell’articolo di Medicomunicare

“È nuovissima la nozione che la vitamina B2 può agire da antiinfiammatorio indiretto, condizionando il metabolismo della vitamina D.

Era già da tempo noto che la carenza di riboflavina negli animali, faceva abbassare anche i livelli plasmatici della 25-idrossi-D, ma non se ne conosceva la ragione.

Nell’uomo, l’integrazione nella dieta di vitamina B2 innalza le concentrazioni di vitamina D, che ha un effetto antiinfiammatorio anche sul tessuto nervoso. In questo modo, si potrebbe ipotizzare che coloro che soffrono di emicrania potrebbero in realtà avere una carenza di vitamina B2 o di vitamina D nel sangue.”

Vitamina B2: per la profilassi di emicrania e Parkinson

La riboflavina, una vitamina idrosolubile nota come vitamina B2, fa parte delle vitamine del complesso B. È caratterizzato dalla sua unica colorazione gialla brillante delle urine se assunta in grandi quantità. La riboflavina svolge un ruolo in una vasta gamma di percorsi metabolici, fungendo da coenzima per una varietà di reazioni enzimatiche.

Le forme attive della riboflavina sono flavin-mononucleotide (FMN) e flavina adenina di nucleotide (FAD).

È importante sottolineare che il 10-15% della popolazione globale ha una condizione ereditaria di limitato assorbimento e utilizzo della riboflavina; portando a una potenziale carenza di riboflavina in tutto il mondo. Infatti, si sa che il 54% della popolazione di adulti non anziani britannici, presenta livelli di riboflavina al limite del normale. Infatti, la carenza di riboflavina nei paesi europei varia tra il 7 e il 20%. Lo stress ossidativo si riferisce ai danni biologici negli organismi viventi, a causa di uno squilibrio che favorisce le specie ossidanti rispetto agli antiossidanti, ed implicato in molteplici processi patologici e nell’invecchiamento.

Per quanto riguarda il cervello, forma il 2% del peso corporeo totale con alti livelli di acidi grassi, utilizza il 20% dell’ossigeno totale del corpo e ha un’attività antiossidante inferiore rispetto ad altri tessuti. Ciò conferisce al tessuto neurale una maggiore suscettibilità al danno ossidativo rispetto ad altri tessuti. Infatti, lo stress ossidativo è stato implicato nella patogenesi di molte malattie neurodegenerative.

Una di questi è il morbo di Parkinson, una malattia che coinvolge i neuroni dopaminergici in alcune aree del cervello. Maggiori livelli di lipidi ossidati, proteine ossidate e DNA ossidato, e diminuiti livelli di glutatione ridotto, sono stati dimostrati nella substantia nigra dei pazienti affetti da Parkinson. Inoltre, i neuroni della substantia nigra contengono enzimi implicati nel metabolismo dei neurotrasmettitori, che possono generare radicali ossidanti. Gli elementi proposti per causare stress ossidativo nel Parkinson sono il metabolismo della dopamina, la disfunzione mitocondriale e la neuro-infiammazione. In effetti, la dopamina può essere una fonte di stress ossidativo.

L’auto-ossidazione della dopamina contribuisce alla vulnerabilità dei neuroni dopaminergici, e le specie reattive della dopamina possono compromettere le proteine coinvolte nella fisiopatologia del Parkinson, come l’α-sinucleina, Parkin e DJ-1.

La vitamina B2 serve alla sintesi della vitamina B6 (Piridossal-fosfato, PLP), perché è cofattore del suo enzima principale, piridossina fosfato ossidasi. Il PLP a sua volta è essenziale alla sintesi di molti neurotrasmettitori, fra cui la stessa dopamina.

Con danno e beffa, poi, la terapia con farmaci anti-parkinson (es. carbi-dopa) impoverisce le cellule di PLP, perché forma complessi stabili con gli enzimi che lo contengono, che vengono così eliminati. Collettivamente, la vitamina B6 ha proprietà neuroprotettive manifestate dal suo ruolo essenziale nella biosintesi della dopamina, nonché, una sua capacità antiossidante indipendente. Infatti, già nel 1941, la supplementazione di vitamina B6 ha migliorato i deficit comportamentali parkinsoniani in un sottogruppo di pazienti.

Un secondo disturbo che ha recentemente trovato favore nell’essere inserito nella lista delle malattie con sfondo da “stress ossidativo” è l’emicrania.

Il ruolo dello stress ossidativo nella patogenesi dell’emicrania è sottolineato da più studi. In Alp et al. studio, i livelli di antiossidanti totali sono stati ridotti e i livelli di ossidanti totali e l’indice di stress ossidativo sono aumentati nei pazienti con emicrania senza aura rispetto ai controlli, indicando un’esposizione a uno stress ossidativo potente nell’emicrania.

Inoltre, nello studio di Tuncel et al., (2008) i livelli di aldeide malonica (MDA) dei pazienti con emicrania erano significativamente più alti di quelli nei controlli. La MDA riflette lo stress ossidativo. Inoltre la CSD, un segno distintivo della patogenesi dell’emicrania, può causare stress ossidativo. Inoltre, la CSD è alterata dall’equilibrio ossidante/antiossidante: infatti, gli antiossidanti prevengono la CSD. Fattori scatenanti comuni dell’emicrania hanno la capacità di generare stress ossidativo; i meccanismi includono l’attivazione della microglia (neuro-infiammazione) e di enzimi (NADPH ossidasi, MAO o monoammina ossidasi, NO-sintasi) e la tossicità del calcio.

Collettivamente, perciò, lo stress ossidativo è un importante segno distintivo dell’emicrania. Per quanto riguarda l’emicrania, la somministrazione di vitamina B6 ha diminuito la gravità e la durata dell’attacco mal di testa rispetto al placebo, senza alcun effetto sulla frequenza.

  • È stato riportato che la somministrazione di 1 mese di 150 mg di piridossina ha ridotto significativamente gli attacchi di cefalea.
  • Inoltre, è stata segnalata una significativa riduzione della gravità, della frequenza e della disabilità di attacco di cefalea emicranica utilizzando una combinazione di vitamina B6, folato e vitamina B12.
  • Il ruolo della vitamina B2 nella terapia dell’emicrania è profilattico, in altre parole, influenza la frequenza, la gravità, la durata e la disabilità correlata all’emicrania e facilita le terapie acute degli attacchi di emicrania. Secondo l’American Academy of Neurology, la riboflavina è considerata una terapia di livello B nella profilassi dell’emicrania.

La riboflavina, come agente profilattico per l’emicrania, è stata studiata negli adulti e nei bambini.

Cinque studi clinici condotti su pazienti adulti sono stati valutati in una revisione sistematica con risultati positivi. Infatti, una significativa riduzione della frequenza di attacco di emicrania, riduzione del 59%, è stata osservata in uno studio randomizzato in doppio cieco controllato con placebo utilizzando 400 mg/die di riboflavina.

Le proprietà antiossidanti della vitamina B2 sono state sempre sottostimate come tali, poiché essa entra a far parte dei cofattori enzimatici. Per cui si è sempre ritenuto che essa fosse antiossidante attraverso gli enzimi di cui entra a far parte.

Invece, un suo effetto diretto può essere chiamato in causa. Ad esempio, essa è presente libera nel cristallino, dove serve in parte ad assorbire le radiazioni solari ultraviolette che arrivano alla retina. A livello interno inibisce l’attivazione del fattore NF-kB, che serve alla sintesi citochine, che possono intervenire nella neuro-infiammazione durante l’attacco emicranico.

È nuovissima la nozione che la vitamina B2 può agire da antiinfiammatorio indiretto, condizionando il metabolismo della vitamina D.

Era già da tempo noto che la carenza di riboflavina negli animali, faceva abbassare anche i livelli plasmatici della 25-idrossi-D, ma non se ne conosceva la ragione. Nell’uomo, l’integrazione nella dieta di vitamina B2 innalza le concentrazioni di vitamina D, che ha un effetto antiinfiammatorio anche sul tessuto nervoso.

In questo modo, si potrebbe ipotizzare che coloro che soffrono di emicrania potrebbero in realtà avere una carenza di vitamina B2 o di vitamina D nel sangue. Sono ipotesi da vagliare, ma resta di fatto che due disturbi invalidanti come il Parkinson e l’emicrania possono ausiliare di una sostanza del tutto naturale. E che va a correggere un disturbo patogenetico di fondo, cosa che non tutti i farmaci sono in grado di fare.

  • a cura del Dr. Gianfrancesco Cormaci, PhD, specialista in Biochimica Clinica.

Pubblicazioni scientifiche

  1. Understanding migraine: Potential role of neurogenic inflammation – Malhotra R. Ann Indian Acad Neurol 2016; 19(2):175.
  2. The TRPA1 channel in migraine mechanism and treatmentBenemei S et al. Br J Pharmacol 2014; 171(10):2552.
  3. Pathophysiology of migraineGoadsby PJ. Ann Indian Acad Neurol 2012; 15:S15–22.
  4. Riboflavin Has Neuroprotective Potential: Focus on Parkinson’s Disease and Migraine – Alp R et al. Eur Rev Med Pharm Sci 2010; 14(10):877.
  5. Dietary intake of folate, vitamin B6, vitamin B12 and riboflavin and risk of Parkinson’s disease: a case-control study in Japan – Murakami K et al. Brit J Nutr 2010; 104(5):757–64.
  6. Oxidative stress and neurodegenerative diseases: a review of upstream and downstream antioxidant therapeutic optionsUttara B et al. Curr Neuropharmacol 2009; 7(1):65–74.
  7. Oxidative stress and DNA damage in patients with migraine Tuncel D et al. Biol Trace Elem Res 2008; 126:92–97.
  8. Riboflavin (vitamin B-2) and healthPowers HJ. Am J Clin Nutr 2003; 77(6):1352–60.
  9. High doses of riboflavin and the elimination of dietary red meat promote the recovery of some motor functions in Parkinson’s disease patients  studio di Cicero Galli Coimbra e VBC Junqueira

Una domanda al dr COIBRA su Magnesio e Vitamina B2 come integratori inclusi nel suo protocollo

Oltre alla vitamina D si danno due cofattori: il magnesio e la vitamina B2. Puoi spiegare perché questo è
necessario?

“Gli enzimi che convertono e attivano la vitamina D dipendono dal magnesio. Poiché la carenza di magnesio è difficile da diagnosticare, generalmente diamo magnesio ai nostri pazienti.
Queste idrossilasi dipendono anche dalla vitamina B2, non direttamente, ma indirettamente, perché nello stadio della vitamina D
idrossilazione, gli enzimi si ossidano e quindi prima che possano convertire un’altra molecola, l’enzima deve essere ridotto
indietro – un processo chimico chiamato riduzione.
E questo processo di riduzione richiede la presenza di vitamina B2. Circa il 10-15% della popolazione generale, in tutto il mondo, assorbe male la vitamina B2 a causa di un’altra alterazione genetica. Questo può
contribuiRE alla resistenza alla vitamina D, perché a volte le idrossilasi non funzioneranno correttamente in assenza di un adeguato
livello di vitamina B2.
Somministriamo alte dosi di riboflavina (50 mg 4 volte al giorno) per compensare l’assorbimento carente e ottimizzare le idrossilazioni della vitamina D”.
Dott. Cicero Coimbra, Neurologo, PhD.


INTEGRATORI

Vitamina B2 Attivata

Dr Giorgini

RIBOFLAVINA 1 cp 25 mg


Liberatoria (Disclaimer)

Dichiarazione di non responsabilità: questo articolo non è destinato a fornire consulenza medica, diagnosi o trattamento.
Vitamineral non si assume responsabilità per la scelta degli integratori proposti eventualmente nell’articolo.


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