Vendere la malattia: come le aziende farmaceutiche ci stanno trasformando in pazienti

Questo articolo è tratto dal libro Selling Sickness. How Drug Companies Are Turning Us All Into Patients, Allen & Unwin, Crows Nest (Australia), 2005.

 

Ricordo che da studente di medicina rimasi sconvolto dallo spettro di medici ospedalieri ben pagati che si arrampicavano l’uno sull’altro per mettere le mani sul cibo gratuito e sui soprammobili di marca offerti in presunte riunioni educative all’ora di pranzo sponsorizzate dalle compagnie farmaceutiche. Trovai assurde le lusinghe dei rappresentanti dell’azienda, opinione confermata quando mi unii brevemente ai loro ranghi in una successiva interruzione di carriera. Da allora ho evitato tali incontri e contatti con il mondo dei farmaci e sono solidale con l’approccio della campagna No Free Lunch (sostenuta da Moynihan e Cassels), che raccomanda ai medici di “dire semplicemente no ai rappresentanti dei farmaci” e inviare indietro il loro armamentario pubblicitario.

Selling Sickness è una vivace esposizione giornalistica dei metodi utilizzati dall’industria farmaceutica per espandere il mercato dei suoi prodotti. Questi includono la ridefinizione dei fattori di rischio, come l’aumento del colesterolo e della pressione sanguigna o la riduzione della densità minerale ossea, come malattie che affliggono parti sostanziali della società e richiedono un trattamento con farmaci. Un altro stratagemma consiste nel persuadere sia i medici che i pazienti che condizioni come ansia e depressione, fino ad ora ritenute affliggenti solo una piccola minoranza, dovrebbero essere diagnosticate – e trattate – molto più ampiamente. Ancora un altro trucco è la denominazione di nuovi disturbi; Moynihan e Cassels si concentrano sul disturbo da deficit di attenzione (negli adulti e nei bambini), sul disturbo disforico premestruale e sul disturbo d’ansia sociale, ognuno dei quali è collegato a uno specifico trattamento farmacologico.

Ancora un altro trucco è la denominazione di nuovi disturbi

Le aziende farmaceutiche promuovono tutte queste condizioni attraverso la coltivazione di “leader di pensiero” nei settori pertinenti e attraverso la presenza di beneficiari di sostanziali favori finanziari su organismi medici d’élite che si occupano di definire malattie e promulgare linee guida su diagnosi e trattamento. Offrono anche una sontuosa ospitalità in occasione di eventi che vanno da prestigiose convenzioni specializzate ai fine settimana di golf per medici generici.

Le aziende farmaceutiche promuovono tutte queste condizioni attraverso la coltivazione di “leader di pensiero”

Selling Sickness descrive il modo in cui le campagne di “sensibilizzazione” cercano di trasformare le persone preoccupate in malate preoccupate. Mentre negli Stati Uniti è possibile la pubblicità diretta dei farmaci ai consumatori, in Gran Bretagna, dove questa è proibita, campagne promuovono la consapevolezza di condizioni come la disfunzione erettile, sollecitando richieste di prescrizioni. La tecnica dell ‘”astro-turfing” – la formazione da parte di professionisti delle pubbliche relazioni delle compagnie farmaceutiche di falsi gruppi di difesa di base, spesso con celebrità – ha contribuito a diffondere nuovi disturbi e aumentare la domanda di trattamenti.

Moynihan e Cassels mostrano come i diversi processi di “commercializzazione delle malattie” abbiano contribuito a trasformare i prodotti farmaceutici in un’industria globale da 500 miliardi di dollari (271 miliardi di sterline; 401 miliardi di euro), una delle sfere più redditizie dell’impresa capitalista. Tuttavia, la loro attenzione ristretta alle compagnie farmaceutiche trascura le forze più ampie che hanno incoraggiato la medicalizzazione della vita degli individui e della società.

Mentre 20 o 30 anni fa la professione medica era l’obiettivo principale dei critici della medicalizzazione, oggi i medici appaiono più vittime di pressioni dall’alto e dal basso, dal governo e dal pubblico – e le compagnie farmaceutiche sono diventate i nuovi demoni.

Da un lato, i politici di fronte a una perdita di prestigio e di autorità si sono rivolti alla salute come ambito in cui possono forgiare punti di contatto con un elettorato remoto e frammentato. Nel Regno Unito non passa quasi una settimana senza un’iniziativa governativa che cerchi di sensibilizzare la popolazione su una o l’altra condizione, esortando le persone a modificare il loro comportamento o stile di vita in qualche modo per motivi di salute e incoraggiandole a chiedere consiglio e cure mediche . D’altra parte, queste iniziative trovano una pronta risposta in una società sempre più atomizzata, in cui gli individui sperimentano un accresciuto senso di fragilità e vulnerabilità, che si esprime spesso in una preoccupazione per la salute e le misure ritenute necessarie per raggiungerla e sostenerla.

Moynihan e Cassells citano con approvazione un difensore della salute canadese che afferma che la domanda di nuove tecnologie mediche è “guidata da investitori opportunisti alla ricerca di nuovi prodotti e profitti, non da pazienti che cercano nuove diagnosi e trattamenti”. Questa analisi unilaterale perde la spinta proveniente dalle persone che cercano e abbracciano nuove diagnosi (spesso, come la fibromialgia o l’encefalopatia mialgica (ME), non collegate a nessun trattamento farmacologico specifico) e formano organizzazioni per chiedere che i medici riconoscano, diagnostichino e trattali. Indubbiamente le case farmaceutiche hanno sapientemente sfruttato queste tendenze e ne hanno beneficiato abbondantemente, ma non le hanno create.

Come possiamo spezzare il ciclo di dipendenza tra la professione medica e l’industria farmaceutica? Dobbiamo innanzitutto riconoscere che la convergenza tra medici e aziende farmaceutiche non può essere intesa semplicemente come il risultato degli effetti corruttivi della generosità aziendale, per quanto sgradevoli possano essere questi collegamenti. Ciò che serve è una sfida più ampia ai processi di medicalizzazione, che ridisegni i confini tra salute e malattia e tra, da un lato, la pratica medica che coinvolge la diagnosi e la cura della malattia e, dall’altro, il mondo della regolazione dello stile di vita e l’uso di droghe “ricreative” (compresi trattamenti preventivi di dubbio valore e farmaci di valore terapeutico non dimostrato).

Appunti

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Interesse competitivo: MF è l’autore di The Tyranny of Health: Doctors and the Regulation of Lifestyle (recensione BMJ 2001: 322 : 305  ] ).

Gli alti e bassi della vita di tutti i giorni sono diventati problemi mentali, disturbi tutto sommato comuni vengono trasformati in morbi spaventosi e sempre più persone normali subiscono la metamorfosi in pazienti. La “vendita” di malattie si basa su diverse tecniche di marketing, ma la paura resta la più diffusa.

Di Ray Moynihan e Alan Cassels 

Le nuove tecniche pubblicitarie nel settore farmaceutico

Il metodo aveva già a suo tempo fatto la fortuna del Dottor Knock di Jules Romains: qualunque persona sana entrasse nel suo ambulatorio ne usciva malata e pronta a sborsare per essere guarita. Sulla stessa falsariga, alcune case farmaceutiche, avendo ormai esaurito il mercato dei malati, si rivolgono ora ai sani per continuare a crescere. E, per far ciò, utilizzano le più avanzate tecniche pubblicitarie.

Trent’anni fa, il dirigente di una delle più grandi società farmaceutiche del mondo aveva espresso dei commenti molto illuminanti. Vicino alla pensione, il dinamico direttore della Merck, Henry Gadsden, confidò alla rivista Fortune la propria disperazione nel vedere il mercato potenziale della sua azienda limitata ai soli malati. Spiegando che avrebbe preferito che Merck diventasse una sorta di Wrigley (produttori e distributori di gomme da masticare), Gadsden dichiarò di aver sognato da tanto tempo di produrre farmaci…per i sani. Perché così Merck avrebbe la possibilità di “vendere a tutti”. Trent’anni dopo, il sogno del fu Henri Gadsden è diventato realtà.

Le strategie di marketing delle maggiori case farmaceutiche ora mirano ai sani in maniera aggressiva. Gli alti e bassi della vita di tutti i giorni sono diventati problemi mentali, disturbi tutto sommato comuni vengono trasformati in morbi spaventosi e sempre più persone normali subiscono la metamorfosi in pazienti. Attraverso campagne promozionali, l’industria farmaceutica, che vale circa 500 miliardi di dollari, sfrutta le nostre paure più profonde: della morte, del decadimento fisico e della malattia, letteralmente trasformando così il senso di cosa sia essere umano. Giustamente ricompensati quando salvano delle vite e riducono la sofferenza, i giganti del settore farmaceutico non si accontentano più di vendere a coloro che ne hanno bisogno. Per la semplice e buona ragione, ben nota a Wall Street, che convincere i sani di essere malati rende molto bene.

Nel momento in cui la maggior parte degli abitanti dei paesi avanzati gode di una vita più lunga, più sana e più dinamica di quella dei loro antenati, il rullo compressore delle campagne pubblicitarie o di sensibilizzazione, condotte con grande efficienza, trasformano i sani attenti alla loro salute in ansiosi malaticci. Problemi minori sono rappresentati come altrettante gravi patologie, per cui la timidezza diventa un “disturbo d’ansia sociale” e la tensione premestruale una malattia mentale chiamata “Disturbo Disforico Premestruale”. Il semplice fatto di essere un soggetto «a rischio» suscettibile di sviluppare una patologia diventa una patologia in sé.

L’epicentro di questo tipo di vendita si trova negli Stati Uniti, sede di molte aziende farmaceutiche multinazionali. Con meno del 5% della popolazione mondiale, questo paese rappresenta già quasi il 50% del mercato dei farmaci da prescrizione. Le spese per la salute continuano a salire più di ovunque nel mondo, con un incremento di quasi il 100% in sei anni, e questo non solo perché i prezzi dei farmaci hanno registrato drastici aumenti, ma anche perché i medici hanno cominciato a prescriverne sempre più.

Dal suo ufficio nel cuore di Manhattan, Vince Parry rappresenta il non plus ultra del marketing globale. Esperto in pubblicità, si è ormai specializzato nella forma più sofisticata della vendita di farmaci: è impegnato, di concerto con le aziende farmaceutiche, a creare nuove malattie. In un incredibile articolo intitolato “L’arte di catalogare uno stato di salute”, il signor Parry ha recentemente rivelato i trucchi utilizzati da queste imprese per “favorire la creazione” di disturbi medici (1). Talvolta si tratta di un disturbo poco noto che gode di una nuova attenzione, altre volte si ridefinisce una malattia nota da tempo dandole un nuovo nome, altre ancora si crea un disturbo ex novo. Tra i preferiti da Parry si trova la disfunzione erettile, il disturbo da deficit di attenzione negli adulti e la già evocata sindrome disforica premestruale, tanto controversa che i ricercatori ritengono che non esista.

Con una rara franchezza, Perry spiega il metodo utilizzato dalle case farmaceutiche per catalogare e definire i loro prodotti di successo come il Prozac o il Viagra, ma anche per catalogare e definire le condizioni di creazione del mercato per tali farmaci.

Sotto la guida dei responsabili del marketing nell’industria farmaceutica, esperti medici e guru come Perry si siedono intorno ad un tavolo per “trovare nuove idee su malattie e stati di salute”. Lo scopo, dice, è quello di garantire che i clienti di queste aziende in tutto il mondo percepiscano queste cose in un modo nuovo. L’obiettivo essendo sempre quello di stabilire un collegamento tra stato di salute e farmaco, in modo da massimizzare le vendite.

L’idea che le multinazionali del settore aiutino a creare nuove malattie sembrerà strana a molti, ma è normale amministrazione nel settore. E infatti, un recente rapporto di Business Insights destinato ai dirigenti dimostra come la capacità di “creare mercati di nuove malattie” si traduca in vendite calcolabili in miliardi di dollari. Una delle strategie di maggior successo, secondo questo rapporto, è quello di modificare il modo in cui la gente considera i propri disturbi minori. Bisogna “convincerli” che “problemi finora accettati dalla maggior parte come una piccola seccatura” sono, d’ora in avanti “degni di un intervento medico”. Accogliendo il successo dello sviluppo di mercati redditizi legati a nuovi problemi di salute, il rapporto mostra un bel ottimismo per il futuro finanziario dell’industria farmaceutica: “I prossimi anni saranno i testimoni privilegiati della creazione di malattie sponsorizzata dall’azienda“.

È certamente difficile, data l’ampia gamma di possibili disturbi, tracciare una linea chiaramente definita tra sani e malati. I confini che separano il “normale” da ciò che non lo è sono spesso molto elastiche; possono variare drasticamente da un paese all’altro e evolversi nel tempo. Ma quello che risulta molto chiaro è che più si espande la definizione di una patologia, più quest’ultima riguarderà potenziali pazienti e più ampio sarà il mercato per i produttori di pillole e capsule.

In determinate circostanze, gli esperti medici che redigono i protocolli sono allo stesso tempo pagati dall’industria farmaceutica, che si arricchirà in base a come i protocolli di trattamento saranno stati stilati. Secondo questi esperti, il 90% degli americani più anziani soffrirebbe di un disturbo chiamato “ipertensione arteriosa”; quasi la metà degli americani è affetta da un malfunzionamento chiamato FSD (disfunzione sessuale femminile); e più di 40 milioni di americani dovrebbero essere seguiti a causa del loro alto tasso di colesterolo. Con l’aiuto di media a caccia di notizie, quest’ultimo disturbo è regolarmente annunciato come ampiamente presente nella popolazione, grave, ma soprattutto curabile attraverso i farmaci. I metodi alternativi per comprendere e curare problemi di salute, come pure la riduzione del numero stimato di pazienti, sono spesso relegati sullo sfondo, per soddisfare una frenetica promozione di farmaci.

La remunerazione degli esperti in moneta sonante non significa necessariamente l’acquisto di influenza; ma agli occhi di molti osservatori, medici e industria farmaceutica mantengono legami troppo stretti.

Se le definizioni di malattie sono ampie, le cause di queste sedicenti epidemie sono, invece, descritte il meno possibile. Nell’universo di questo tipo di marketing, un problema sanitario importante, come le malattie cardiovascolari, può essere affrontato attraverso la stretta lente del tasso di colesterolo o della pressione arteriosa. La prevenzione delle fratture dell’anca tra gli anziani si confonde con l’ossessione della densità ossea di donne di mezza età in buona salute. Il disagio personale deriva in gran parte da uno squilibrio chimico della serotonina nel cervello.

Il fatto di concentrare l’attenzione su una parte fa perdere di vista questioni più importanti, a volte a scapito di individui e comunità. Ad esempio: se l’obiettivo primario è il miglioramento della salute, alcuni dei milioni investiti in costosi prodotti anti-colesterolo destinati a persone sane potrebbero essere utilizzati più efficacemente in campagne di lotta al tabagismo, per promuovere l’attività fisica e per migliorare l’equilibrio alimentare.

La “vendita” di malattie si basa su diverse tecniche di marketing, ma la paura resta la più diffusa. Per vendere alle donne in menopausa l’ormone sostitutivo si è giocato sulla paura dell’attacco cardiaco. Per vendere ai genitori l’idea che la più piccola depressione richiede un trattamento impegnativo, si è giocato sulla paura del suicidio giovanile. Per vendere la prescrizione automatica di farmaci anti-colesterolo, si gioca sulla paura di una morte prematura. Eppure, ironia della sorte, i farmaci oggetto di queste intense campagne a volte causano essi stessi i danni che dovrebbero evitare.

La terapia ormonale sostitutiva (HRT) aumenta il rischio di ictus tra le donne, mentre sembrerebbe che gli antidepressivi aumentino il rischio di pensieri suicidi tra i giovani. Almeno uno dei farmaci anti-colesterolo di successo è stato ritirato dal mercato in quanto aveva portato alla morte di “pazienti”. In uno dei casi più gravi, il farmaco assunto per curare banali problemi intestinali ha causato una costipazione di tale gravità da portare alla morte dei pazienti. Eppure, in questo caso come in molti altri, le autorità di regolamentazione nazionali sembrano più interessate a proteggere i profitti delle aziende farmaceutiche che la salute dei cittadini.

L’allentamento negli Stati Uniti nella regolamentazione della pubblicità alla fine degli anni novanta ha provocato un attacco senza precedenti del marketing farmaceutico nei confronti del Signor Tutti-noi, ora soggetto a una decina e più di spot al giorno. I telespettatori della Nuova Zelanda subiscono la stessa sorte. Altrove, la lobby farmaceutica vorrebbe imporre lo stesso tipo di deregolamentazione.

Più di trent’anni fa, un cane sciolto chiamato Ivan Illich lanciava l’allarme, sostenendo che l’espansione dell’istituzione medica stava cercando di “medicalizzare” la vita stessa, minando la capacità delle persone di affrontare la realtà della sofferenza e della morte e trasformando un numero fin troppo imponente di comuni cittadini in malati. Criticava il sistema medico “che pretende avere autorità su persone non ancora malate, su persone dalle quali non ci si può ragionevolmente pretendere un miglioramento, su persone per le quali i rimedi medici dimostrano di essere efficaci quanto quelli delle nonne. (2)”.

Più recentemente, una redattrice medica, Lynn Payer, descriveva a sua volta un processo da lei chiamato la “vendita delle malattie”: vale a dire il modo in cui medici e aziende farmaceutiche ampliavano senza una reale necessità le definizioni di malattie per avere più pazienti e commercializzare più medicine (3). Questi scritti sono diventati sempre più pertinenti man mano che monta il ruggito del marketing e si va consolidando la presa delle multinazionali sul sistema sanitario.

 

Alan Cassels : Ricercatore in politiche del farmaco (Università di Victoria, Canada).

Ray Moynihan : Giornalista, esperto di salute (British Medical Journal, The Lancet, The New England Journal of Medicine).

(1) Vince Parry, “The art of branding a condition”, Medical Marketing & Media, Londra, maggio 2003.

(2Cf. Ivan Illich, Nemesi medica, BE Editore, 2005

(3) Lynn Payer, Disease-Mongers : How Doctors, Drug Companies, and Insurers Are Making You Feel Sick,John Wiley & Sons, New York, 1994.

Traduzione dal francese di Giuseppina Vecchia per Pressenza

Testo originale in inglese

 

 


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