CONTROINDICAZIONI all’Integrazione di Magnesio

 

Il magnesio è un rimedio naturale che è benefico per molte situazioni di salute e largamente tollerato da tutti.

Purtroppo molto del cibo con cui ci alimentiamo ne è carente perché i terreni si sono impoveriti e le colture intensive che fanno largo uso di pesticidi e concimi chimici hanno depauperato il terreno dal magnesio, anche quei terreni detti biologici, seppur in misura inferirore.

Il magnesio è considerato uno degli integratori più sicuri e di cui la popolazione ha bisogno, tanto che viene raccomandando anche in gravidanza e allattamento.

Controindicazioni

Praticamente non ce ne sono in senso assoluto, ma nei dosaggi, per alcune persone (rare) che devono fare attenzione a non eccedere. Normalmente il corpo gestisce bene le dosi più grandi di magnesio perché ha un meccanismo per cui, se troppo, lo elimina attraverso l’intestino. Per questo l’assunzione di magnesio, avendo questa valvola di sicurezza, è una integrazione sicura anche a dosi superiori alle RDA che uno può prendere anche per sbaglio o volutamente.

Le uniche situazioni patologiche per cui bisogna prestare attenzione, in caso si voglia assumere magnesio, sono gli stati di acidosi diabetica, insufficienza renale e malattia di Addison. Per questi casi non bisogna eccedere mai nei dosaggi ed eventualmente farsi consigliare dal medico altrimenti potreste avere i seguenti effetti indesiderati: crampi allo stomaco, nausea, vomito, diarrea, perdita di appetito, debolezza muscolare, difficoltà respiratorie, ipotensione, confusione mentale, battiti cardiaci irregolari. Questi effetti negativi si assomigliano a quelli dovuti ad una carenza di magnesio, e comunque si fermano in poco tempo sospendendone l’integrazione.

Mentre la quasi totalità delle persone, che assumesse una dose eccessiva di magnesio, non avrebbe problemi a parte un po’ di diarrea, ci sono alcune categorie di persone che possono essere soggette a ipermagnesemia ovvero alti livelli di magnesio nel sangue.

L’ipermagnesemia in genere si sviluppa solo nei soggetti con:

Si consiglia, nei casi sopra indicati, di consumare il magnesio solo nelle dosi raccomandate dal proprio terapeuta o riportate sulla confezione e comunque di farsi seguire e consigliare da un medico, ma è superfluo dirlo perché una di queste patologie non credo sia passata inosservata poiché dai sintomi gravi.

L’ipermagnesemia è definita come un’eccessiva concentrazione di magnesio nel sangue

Nell’adulto il valore normale di questo minerale è compreso tra 1,5 e 2,5 mEq/L. Quando supera tale intervallo nelle analisi di laboratorio, si parla di ipermagnesemia.

Lo stato di ipermagnesemia comporta lo squilibrio idroelettrolitico dell’organismo. Il magnesio è uno degli elettroliti del corpo. Questo vuol dire che trasporta una carica elettrica quando si scioglie nei fluidi corporei. Tuttavia, la maggior parte del magnesio presente nel corpo non possiede carica elettrica.

Ad ogni modo, l’ipermagnesemia è una condizione alquanto rara, ed è spesso associata ai disturbi renali. Nella maggior parte dei casi si verifica nelle persone affette da insufficienza renale, e chi ha questa patologia lo ha scoperto già per altri motivi e sa benissimo che deve stare a dieta e sotto controllo medico.

Le cause dell’eccesso di magnesio

L’eccesso di magnesio causato dall’alimentazione è molto raro, allora come si fa ad avere una ipermagnesemia?

Particolari predisposizioni, un cattivo funzionamento dei reni (insufficienza renale), uno squilibrio ormonale e con queste patologie l’assunzione a dosi troppo elevate di integratori di magnesio, possono scatenare effetti collaterali lievi o disturbi più seri, come diarrea e crampi addominali.

Spesso anche i lassativi e gli antiacidi, che spesso contengono dosi elevate di magnesio, possono essere causa di ipermagnesemia: possono infatti portare il soggetto che ne abusa al malfunzionamento di nervi e tendini, fino alla perdita di conoscenza.

Di fatto non esiste alcun livello massimo per la normale assunzione di magnesio attraverso la dieta, ma vi sono limiti solo per gli integratori.


DOSAGGIO del Magnesio secondo le RDA

Il dosaggio giornaliero generalmente raccomandato per gli ADULTI è di:

  • Uomini: da 400 a 420 milligrammi al giorno
  • Donne: da 310 a 320 milligrammi al giorno

Il dosaggio giornaliero generalmente raccomandato per i BAMBINI è di:

  • Da 1 a 3 anni: 80 milligrammi al giorno
  • Da 4 a 8 anni: 130 milligrammi al giorno
  • Da 9 a 13 anni: 240 milligrammi al giorno

Il dosaggio giornaliero generalmente raccomandato per le DONNE in Gravidanza è di:

  • Meno di 19 anni: 400 mg / giorno
  • Da 19 a 30 anni: 350 mg / giorno
  • 31 anni in su: 360 mg / giorno

Il dosaggio giornaliero generalmente raccomandato per le donne in ALLATTAMENTO è di:

  • Meno di 19 anni: 360 mg / giorno
  • Da 19 a 30 anni: 310 mg / giorno
  • 31 anni in su: 320 mg / giorno

Da notare che questi valori si riferiscono al ➡️magnesio elementare e non agli integratori di magnesio in polvere.
Infatti ogni integratore di magnesio contiene solo una determinata percentuale di magnesio elementare.

Ad esempio il magnesio citrato contiene il 16% di magnesio, il cloruro di magnesio il 12%.

Per questo motivo ad esempio sulla confezione del magnesio citrato troviamo indicato il dosaggio di 2,4 grammi al giorno che corrispondono a circa 400 mg di magnesio elementare. Quindi il dosaggio è di circa 1-2 cucchiaini al giorno.

Per ulteriori chiarimenti ed esempi leggere l’articolo I dosaggi del Magnesio in milligrammi.

Dosaggi più elevati sono stati usati anche fino a 1200 mg al giorno e possono essere utilizzati per problemi di salute specifici o secondo consiglio medico e viste le controindicazioni di cui sopra (acidosi diabetica, insufficienza renale, malattia di Addison).

Con l’assunzione di vitamina D il fabbisogno di magnesio aumenta molto, quindi potrebbero non bastare le dosi indicate nelle RDA.


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Magnesio: quale scegliere?


Chetoacidosi diabetica: che cos’è e perché si manifesta

La chetoacidosi diabetica (abbreviata spesso in DKA) è una grave complicanza acuta del diabete, soprattutto del diabete di tipo 1, molto più raramente del diabete di tipo 2. La comparsa di chetoacidosi diabetica all’esordio del diabete di tipo 1 – quasi sempre improvviso e repentino – o nel corso della malattia (per interruzione volontaria o accidentale della somministrazione di insulina) rappresenta sempre un’emergenza medica; se non prontamente diagnosticata e trattata in modo adeguato è – purtroppo – tutt’ora causa di mortalità come ci segnala la cronaca degli ultimi mesi. Anche situazioni di stress (traumi, malattie acute concomitanti) possono provocare chetoacidosi così come un esordio di diabete tipo 2 in un adolescente.
Considerato il quadro complesso, la chetoacidosi diabetica va trattata in strutture competenti, con team esperti che prevedano possibilmente la presenza di un pediatra diabetologo.

Vediamo insieme quali sono i sintomi spia a cui fare attenzione, che cosa provoca la chetoacidosi e come può essere trattata e prevenuta.

Quali sono i principali sintomi “spia” di chetoacidosi diabetica?

La chetoacidosi diabetica può manifestarsi con alcuni sintomi che sono facili da identificare:

    • poliuria (minzione frequente e abbondante: il bambino fa tanta pipì, molto più del solito e più spesso);
      polidipsia (sete intensa: il bambino ha tanta sete, che non viene soddisfatta bevendo);
    • stanchezza, debolezza, affaticamento ingiustificati;
    • respiro pesante, difficoltoso e ansimante;
    • possibile perdita di peso.

In caso si presentino questi sintomi, il bambino o l’adolescente va portato subito al Pronto Soccorso (possibilmente dove ci sia anche un Centro Diabetologico) o dal pediatra di fiducia. Chiedere sempre di fare un semplice esame della glicemia capillare (prelievo di una goccia di sangue dal dito, con il glucometro).

Un aspetto tipico della chetoacidosi è il caratteristico alito che odora di frutta molto matura (acetone): è dovuto all’eliminazione per via aerea di acetone, un corpo chetonico di scarto che deriva dal metabolismo degradativo.

A questi sintomi si associano, in vario grado:

  • disidratazione, nausea, vomito, ipotensione, aritmie, sonnolenza e stato confusionale fino al coma.

Possono essere presenti anche altri sintomi meno specifici, tra cui: febbre come manifestazione di un’infezione concomitante, perdita di attenzione, arrossamento del viso, cefalea, spossatezza muscolare o dolenzia, gastralgia.


Sintomi dell’Insufficienza Renale

Sintomi dell’Insufficienza Renale: i segnali da non ignorare

L’Insufficienza Renale è una condizione nella quale i reni non riescono più a svolgere le loro funzioni, legate soprattutto a: eliminazione delle scorie e degli acidi dall’organismo, regolazione dell’equilibrio idrico e salino, e produzione di ormoni. In molti casi l’Insufficienza Renale si sviluppa lentamente in maniera silente, nel corso dei mesi, e manifesta i suoi primi sintomi quando è già in una fase avanzata.

Vediamo, quindi, quali sono i sintomi dell’Insufficienza Renale ed i segnali da non ignorare in modo da cercare di arrivare ad una diagnosi precoce quanto più possibile.

Insufficienza Renale Cronica

L’Insufficienza Renale si distingue in:

  • Insufficienza Renale Acuta quando si sviluppa rapidamente
  • Insufficienza Renale Cronica quando si sviluppa lentamente e in modo progressivo

Si può guarire dall’Insufficienza Renale?

L’Insufficienza Renale Cronica è una condizione potenzialmente irreversibile quando è diagnosticata in una fase avanzata.

Con alcuni interventi quali modifiche dell’alimentazione, dello stile di vita e l’assunzione di alcuni farmaci, si può rallentarne l’evoluzione. Ma una volta raggiunto lo stadio più avanzato le uniche opzioni sono il trapianto di rene e la dialisi.

Sintomi dell’Insufficienza Renale Acuta

E’ importante riconoscere tempestivamente i sintomi di una Insufficienza Renale Acuta per poter intervenire rapidamente:

  • Diminuzione del volume delle urine
  • Ritenzione idrica con gonfiore di gambe, caviglie o piedi
  • Sonnolenza e affaticamento
  • Fiato corto causato da un edema polmonare (accumulo di liquidi nei polmoni)
  • Confusione mentale
  • Nei casi più gravi convulsioni o coma

Sintomi dell’Insufficienza Renale Cronica

L’Insufficienza Renale Cronica purtroppo ancora oggi a volte si diagnostica quando ormai la patologia è arrivata ad uno stadio avanzato.

Nello stadio iniziale i sintomi possono essere confusi facilmente con altri disturbi.

  • Nausea e vomito
  • Inappetenza
  • Affaticamento e debolezza
  • Insonnia
  • Diminuzione nella quantità di urina
  • Confusione mentale
  • Contrazioni muscolari involontarie
  • Gonfiore a piedi e caviglie
  • Prurito persistente
  • Fiato corto
  • Ipertensione

Attenzione particolare al prurito: uno studio pubblicato sul Clinical Journal della American Society of Nephrology (CJASN) ha indicato che il prurito può essere un chiaro segnale di problemi nefrologici e rappresenta un problema comune tra i pazienti in dialisi.

I sintomi dell’Insufficienza Renale da non sottovalutare

La National Kidney Foundation ha elencato i segnali che non vanno mai sottovalutati e che possono indicare una insufficienza renale:

  • Stanchezza costante e scarsa energia: quando i reni non funzionano più come dovrebbero si registra un incremento di scorie e tossine nel sangue che può facilmente provocare difficoltà di concentrazione e stanchezza costante
  • Disturbi del sonno: apnea notturna e difficoltà a prendere sonno sono comuni nei pazienti con ridotta funzionalità renale, questo perché il liquido le scorie non filtrate dai reni restano nel sangue e ciò influisce sulla qualità del sonno
  • Prurito e secchezza della pelle: quando i reni non riescono più a lavorare correttamente le scorie provocano secchezza cutanea, disidratazione cronica e ostacolo alla produzione di sebo da parte delle ghiandole della cute. Tutto ciò provoca prurito anche costante
  • Minzione frequente: il continuo stimolo ad urinare, soprattutto notturno, è causato dal deterioramento della capacità di riassorbimento dei tubuli renali
  • Presenza di sangue nelle urine: i filtri dei reni che sono ormai danneggiati possono provocare un’ematuria, cioè delle perdite di cellule del sangue nelle urine
  • Urina schiumosa: è indice di una maggiore concentrazione di proteine nelle urine
  • Gonfiore di piedi e caviglie: le disfunzioni renali fanno sì che il sodio si accumuli provocando gonfiore degli arti inferiori del corpo
  • Crampi muscolari: bassi livelli di calcio e fosforo nel corpo, causati dallo squilibrio elettrolitico legato all’Insufficienza Renale, possono essere responsabili di crampi muscolari

Morbo di Addison

Il morbo (o malattia) di Addison è una forma di insufficienza corticosurrenalica cronica che deriva da un’importante riduzione degli ormoni prodotti, appunto, dalla corteccia del surrene. I surreni sono delle ghiandole poste sopra i reni e sono responsabili della produzione di diverse categorie di ormoni: le catecolamine (cioè, adrenalina, noradrenalina e dopamina), che vengono prodotte dalla parte più interna della ghiandola (detta midollare) e il cortisolo, l’aldosterone e gli androgeni, prodotti dalla parte più esterna della ghiandola (detta corticale). Pertanto, nel morbo di Addison si ha una riduzione della produzione di questi ultimi ormoni, responsabili di molte e diverse funzioni, che vanno dalla regolazione dei livelli di sodio e di potassio nel sangue, alla diminuita mobilizzazione e utilizzazione dei grassi, alla reazione dell’organismo in condizioni di stress.

I sintomi sono caratterizzati da astenia, ipoglicemia, affaticabilità, ipotensione ortostatica, anoressia, perdita di peso. Tipica è la melanodermia, cioè una iperpigmentazione cutanea dovuta a una ipersecrezione dell’ormone adrenocorticotropo (ACTH), un ormone prodotto dall’ipofisi, ma che ha come bersaglio la zona corticale della surrenale. Si possono avere anche vertigini, attacchi sincopali, irritabilità, ansia, difficoltà di concentrazione, dolori addominali con nausea, vomito e diarrea, amenorrea nelle donne e alterazioni della funzione sessuale.

La diagnosi è di competenza dell’endocrinologo, fondata su esami di laboratorio, dosaggi ormonali  e un test di valutazione usando la somministrazione di ACTH per poi valutare i livelli plasmatici di cortisolo e la sua escrezione urinaria. Può essere utile l’apporto della tomografia computerizzata, della risonanza magnetica e di altre tecniche di medicina nucleare.

La terapia cronica si avvale della somministrazione cronica di idrocortisone o cortisone acetato (questo viene assorbito dall’organismo e convertito in cortisolo epatico). In caso di eventi stressanti (interventi chirurgici, malattie, esercizio fisico prolungato) la terapia andrà modulata per far fronte alle aumentate esigenze.



Liberatoria (Disclaimer)

Dichiarazione di non responsabilità: questo articolo non è destinato a fornire consulenza medica, diagnosi o trattamento.
Vitamineral non si assume responsabilità per la scelta degli integratori proposti eventualmente nell’articolo.


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