Betacarotene e Vitamina A: integrazioni Riabilitate per i Fumatori (Diversi studi)

Basta ripetere una bugia, o un errore, 10, 100, 1000 volte che questa diventerà
talmente evidente agli occhi di tante persone, da essere scambiata per verità.

PREMESSA

La diffusione di notizie false avviene spesso sia per errore di comunicazione non voluta, che per aumentare visibilità nel diffondere qualcosa di allarmante, e certo che questo non è etico, soprattutto da parte di chi la salute dovrebbe tutelarla. Oggigiorno è molto facile far passare una bugia o un errore, per buono, a causa della velocità di propagazione che ha internet con tutti i social e con l’uso ed abuso del tasto della condivisione.

Parlando di vitamine, ed in contrapposizione a quanto emerso dagli studi del 1984, 1999 e fino al 2004, 2009 e 2010, che accusavano la Vitamina A e ancor di più il Beta-carotene di provocare cancro ai polmoni nei fumatori, e quindi non era raccomandata la sua integrazione, troviamo un grande studio del 2014 che va in controtendenza rispetto ai risultati precedenti, e che coinvolge anche la Vitamina D.

Ossia, la Vitamina A nella forma di Beta carotene vien completamente scagionata dall’essere responsabile di aumentato rischio di cancro ai polmoni specie nei fumatori, ex-fumatori e valutazione anche dei non-fumatori.

Tuttavia nell’ultimo decennio abbiamo sofferto della mancanza di questa informazione, soprattutto incutendo ai fumatori la paura di integrare, sia la vitamina A che il suo precursore, Betacarotene, maggiormente oggetto di studio.

Coloro che sono sempre pronti a lanciare allarmi sulla tossicità e pericolosità delle vitamine hanno fatto un buon lavoro, come sempre, del resto. Questo anche da parte delle scuole di Naturopatia, che alquanto superficialmente, mentre diffondevano la pericolosità della Vitamina A e Betacarotene, non si sono mai preoccupati di vedere se gli studi si fossero aggiornati, e mai è stato messo in dubbio qualcosa a riguardo.

(1984) Lo studio che incrimina la vitamina A

  • Vitamina A e cancro ai polmoni: una prospettiva
    ” Vengono esaminati criticamente sedici studi sulla relazione tra cancro del polmone e vitamina A negli esseri umani: otto studi sulla dieta e otto studi sul siero. Degli otto studi sulla dieta, solo cinque avevano campioni di casi abbastanza grandi da giustificare un’analisi statistica significativa. Tutti gli studi mettono in relazione il rapporto fra cancro ai polmoni e bassa concentrazione di vitamina A.”

(2014) Studio che scagiona la Vitamina A e i Betacaroteni

Il dubbio sui risultati dei primi studi che incolpavano la Vitamina A della maggiore incidenza di cancro al polmone non sono arrivati a nessuno nemmeno dopo questo studio a distanza di pochi anni dopo, il quale terminava concludendo:

Lack of effect of long-term supplementation with beta carotene on the incidence of malignant neoplasms and cardiovascular disease

Altro studio molto interessante del 2018 che afferma:

  • La rilevanza di questi risultati per le persone che non hanno mai fumato o per gli effetti del β-carotene o del retinolo contenuti negli alimenti o nei multivitaminici non è nota. Infatti, lo studio ATBC ha dimostrato che i soggetti che all’inizio dello studio avevano le più alte concentrazioni di β-carotene nel plasma avevano il tasso di cancro più basso tra tutti i partecipanti allo studio. L’aumento dell’incidenza o della morte del cancro al polmone a seguito dell’integrazione di β-carotene e/o vitamina A non sembra apparire in altri ampi studi randomizzati.” Vitamin A Deficiency and the Lung

Vedi anche “Ruolo del Beta-carotene nella prevenzione primaria del cancro ai polmoni “2022

Uso di Betacarotene sintetico in gran parte degli studi

Vale la pena ricordare che, in tutti gli studi sull’uomo, è stato somministrato beta-carotene sintetico (all-trans-β-carotene), mentre il β-carotene naturale contiene diversi isomeri (principalmente all-trans, 9-cis e 13-cis β-carotene) e sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno i meccanismi benefici nella fisiologia dei β-carotenoidi [185]. 

E questo lo sappiamo già grazie a questo studio del 2000.

Altri risultati per le ricerche su vitamina A, Betacarotene in relazione a cancro ai polmoni, sia in fumatori che non fumatori, sono qui disponibili:

Avevo già cercato di tranquillizzare le persone con questo articolo che portava anche alcuni commenti e citazioni del dr. Claudio Sauro, ma non è bastato a far tacere le campane della falsa informazione, ripeto, non necessariamente fatte suonare in cattiva fede.

Beta-carotene a dosi normali Non è pericoloso per i fumatori (articolo del marzo 2023)
Finalmente trovato lo studio che scagiona la Vitamina A come Beta-carotene se assunto dai fumatori.

Raccomandazione:
non fumate, ma se lo fate, ricordatevi che dovreste assumere anche vitamina A e Betacarotene in forma naturale.


Elenco studi rilevanti per la tesi di questo articolo

  • Uno studio su oltre 10.000 adulti ha stabilito che i fumatori con più alti livelli ematici di alfa-carotene e beta-criptoxantina avevano un rischio rispettivamente inferiore del 46% e del 61% di morire di cancro ai polmoni, rispetto ai non fumatori con l’assunzione più bassa 13.
  • Tuttavia, 2 studi RCT hanno scoperto che gli integratori di β-carotene ad alte dosi aumentavano il rischio di cancro ai polmoni nei fumatori e negli ex lavoratori dell’amianto 14, 15, 16. (Rispettivamente Anni: 1996, 2004, 2009).
  • In studi osservazionali, l’assunzione di quantità maggiori di vitamina A nella dieta sotto forma di beta-carotene è stata collegata a un ridotto rischio di alcuni tipi di cancro, tra cui il linfoma di Hodgkin, nonché il cancro del collo dell’utero, del polmone e della vescica 17, 18, 19, 20. (rispettivamente Anni:2017, 2012, 2012, 2014)
  • Tuttavia, sebbene un elevato apporto di vitamina A da alimenti vegetali sia associato a un ridotto rischio di cancro, gli alimenti animali che contengono forme attive di vitamina A non sembrano fornire gli stessi benefici 21, 22. (Anni:2015, 1991)
  • Questo suggerisce che gli effetti dei carotenoidi alimentari sono coadiuvati e potenziati da altri nutrienti protettivi, sottolineando l’importanza di una dieta equilibrata.

E che le forme naturali di Betacarotene sono da preferire a quelle sintetiche (alfa-carotene)


Traduzione di parte dello studio che scagiona la Vitamina A ed il Beta-carotene naturale

Livelli di carotenoidi sierici e rischio di morte per cancro ai polmoni negli adulti statunitensi13
Astratto (2014)

TRADUZIONE

un minor rischio di morte per cancro al polmone.

minor rischio di morte per cancro al polmone negli adulti statunitensi.

Materiali e metodi
Studio della popolazione

I dati utilizzati in questo studio sono stati ottenuti dal database del Third Nutrition and Health Examination Survey (NHANES III) e dal NHANES III Linked Mortality File. Il NHANES III, condotto tra il 1988 e il 1994, era un campionamento stratificato e multistadio progettato per rappresentare la popolazione civile statunitense non istituzionalizzata,15 e consisteva in un colloquio, un esame fisico e test di laboratorio. Il NHANES III Linked Mortality File era uno studio di follow-up sulla mortalità che confrontava i registri NHANES III con i dati disponibili nel National Death Index al 31 dicembre 2006. La data di morte e la causa di morte nel National Death Index sono state derivate dai certificati di morte. .16

10.382 partecipanti NHANES III.

Raccolta dati di base

  • I partecipanti sono stati intervistati in NHANES III per ottenere informazioni sulle fasce di età (20–29, 30–39, 40–49, 50–59 o ≥60 anni), sesso (maschio o femmina), razza/etnia (bianco, nero, ispanico o altro), istruzione (meno di scuola superiore, diploma di scuola superiore o università o superiore) e consumo di alcol (bevitore o non bevitore).
  • L’attività fisica è stata valutata utilizzando la domanda: “Rispetto alla maggior parte (uomini/donne) della tua età, diresti che sei più attivo, meno attivo o più o meno la stessa cosa?” La risposta è stata classificata come più, meno o più o meno la stessa cosa.
  • I livelli di colesterolo totale sono stati divisi in tre gruppi (≤200 mg/dL, 220–239,9 mg/dL e ≥240 mg/dL).
  • Misurazioni dei carotenoidi sierici

    Follow-up sulla mortalità

    La classificazione internazionale delle malattie, nona revisione, è stata utilizzata per i decessi avvenuti dal 1988 al 1998, mentre la classificazione statistica internazionale delle malattie, decima revisione (ICD-10), è stata utilizzata per i decessi avvenuti dal 1999 al 2000.

    analisi statistica

    Innanzitutto, abbiamo effettuato aggiustamenti per età e sesso. In secondo luogo, ciascun modello è stato aggiustato per etnia, istruzione, consumo di alcol, esercizio fisico, abitudine al fumo, pacchetto annuo di fumo, obesità, colesterolo totale, assunzione giornaliera di grassi e consumo di frutta e verdura. Le analisi del rischio sono state condotte anche dopo aver stratificato per lo stato di fumatore (fumatori attuali e mai/ex fumatori) attraverso i quartili dei livelli di carotenoidi sierici. I rischi cumulativi di cancro al polmone basati sul quartile più basso (Q1) e sul quartile più alto (Q4) sono stati confrontati tra i fumatori attuali e quelli che non hanno mai fumato o che non hanno mai fumato.

    Le stime ponderate dei parametri della popolazione sono state calcolate dal Centro nazionale per le statistiche sanitarie per tenere conto del complesso disegno di campionamento. Tutte le analisi sono state eseguite utilizzando sas 9.2 (SAS Institute, Cary, NC, USA) e R (R Foundation for Statistical Computing, Vienna, Austria).

    Discussione

    In questo studio prospettico di coorte su un campione rappresentativo della popolazione statunitense, abbiamo scoperto che alti livelli sierici di alfa-carotene e beta-criptoxantina al basale erano significativamente associati a un minor rischio di morte per cancro al polmone dopo aggiustamento per il fumo di sigaretta e altre potenziali covariate .

    • non è stata osservata alcuna associazione tra gli ex fumatori e chi non ha mai fumato.

    I nostri risultati estendono le prove precedenti sul potenziale effetto antitumorale dei carotenoidi nel cancro del polmone (5) e suggeriscono che un’elevata assunzione di alimenti ricchi di alfa-carotene o beta-criptoxantina può prevenire lo sviluppo o il peggioramento del cancro del polmone, soprattutto nei fumatori.

    (3) e proteggono i sistemi biologici dal danno ossidativo.

    L’obiettivo principale degli studi, dagli studi osservazionali agli studi randomizzati, sui carotenoidi e sulla prevenzione del cancro è stato l’assunzione o gli integratori di beta-carotenoidi. Tuttavia, l’effetto protettivo dei beta-carotenoidi sul cancro del polmone non è confermato,,) e anche il presente studio non è riuscito a supportare tale associazione.

    Coerentemente con i nostri risultati, si stanno accumulando prove che l’assunzione o i livelli circolanti di alfa-carotene e beta-criptoxantina sono inversamente associati al rischio di cancro ai polmoni.,

    • ridotto rischio di cancro ai polmoni.,, 
    • un rischio significativo inferiore del 63% (rischio relativo [RR], 0,37; IC al 95%, 0,18-0,77) di cancro ai polmoni per il quintile più alto rispetto al quintile più basso di assunzione di alfa-carotene; non è stata osservata alcuna associazione tra i fumatori attuali.
    • non di alfa-carotene (quello sintetico), nei fumatori di sesso maschile.
    • ridotto significativamente il rischio di cancro ai polmoni (RR, 0,76; IC al 95%, 0,67-0,86; quintile più alto vs più basso).
    • Il Japan Collaborative Cohort Study ha dimostrato che gli uomini nel quartile più alto di assunzione sierica di alfa-carotene e beta-criptoxantina avevano un rischio significativamente più basso di morte per cancro al polmone rispetto agli uomini nei quartili più bassi.,
    • È interessante notare che abbiamo scoperto che l’effetto benefico dell’alfa-carotene e della beta-criptoxantina sulla morte per cancro ai polmoni era presente solo nei fumatori attuali.

      I fumatori hanno spesso livelli di antiossidanti circolanti più bassi rispetto ai non fumatori.

      Se il fenomeno è attribuito a una dieta povera assunzione di cibi ricchi di antiossidanti o alla maggiore degradazione degli antiossidanti circolanti dovuta all’aumento dello stress ossidativo associato al fumo rimane poco chiaro.

      Tuttavia, gli studi non hanno dimostrato differenze significative nell’assunzione di cibi ricchi di antiossidanti tra fumatori e non fumatori dopo aggiustamento per vari fattori.

      Gli studi sui meccanismi che sono alla base delle associazioni inverse tra rischio di mortalità per cancro del polmone e alfa-carotene e beta-criptoxantina sierici sono limitati. Tuttavia, poiché i carotenoidi hanno proprietà antiossidanti,4,5 un possibile meccanismo biologico potrebbe risiedere nella loro attività di promozione antitumorale e nella loro protezione contro lo stress ossidativo.

      gruppi trattati con beta-carotene,31,32 suggerendo la potente azione preventiva dell’alfa-carotene contro la carcinogenesi. La somministrazione di succo di mandarino, che è ricco di beta-criptoxantina, inibisce la tumorigenesi polmonare del topo indotta chimicamente.33

      Haegele et al. (2000) riportano anche significative associazioni inverse di beta-criptoxantina e/o luteina con 8-oxodGuo nel DNA. Uno studio recente su un modello di coltura cellulare suggerisce che la beta-criptoxantina protegge dall’ossidazione del DNA e migliora la riparazione del DNA, suggerendo che i carotenoidi hanno un ruolo protettivo contro il cancro.

      Importanti limitazioni del presente studio includono la misurazione singola dei livelli sierici di carotenoidi al basale e il lungo intervallo tra la misurazione e il periodo di follow-up. Di conseguenza, i carotenoidi sierici non sono stati misurati nel momento definito come “morte per cancro ai polmoni”. Non abbiamo affrontato l’influenza dei cambiamenti nei livelli sierici di carotenoidi, come gli integratori antiossidanti, sulla morte.

      Inoltre, diverse variabili dipendevano dai dati auto-riportati e, pertanto, non erano esenti da errori sistematici. A causa della natura osservativa di questa indagine, non possiamo escludere la possibilità di effetti confondenti residui da parte di confondenti non misurati.

      Infine, poiché il NHANES III Linked Mortality File è stato costruito in base alle cause di morte attraverso il National Death Index, esiste un potenziale errore nella classificazione della causa di morte.


In conclusione

I risultati del presente studio mostrano che elevati livelli sierici di alfa-carotene e beta-criptoxantina sono associati a un minor rischio di morte per cancro al polmone negli adulti statunitensi. La nostra scoperta suggerisce che un’elevata assunzione di alimenti ricchi di alfa-carotene e beta-criptoxantina ha il potenziale di ridurre la morte per cancro ai polmoni e di abbassare il rischio nei fumatori attuali.


Un altro studio su topi fumatori del 2023, sembra confermare quanto esposto sopra, ma ha una rilevanza inferiore perché fatto su animali.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/36771049/

TRADUZIONE

La β-criptoxantina attenua le lesioni polmonari indotte dal fumo di sigaretta in assenza di enzimi di clivaggio dei carotenoidi (BCO1/BCO2) nei topi

Abbiamo studiato se BCX ha effetti protettivi contro il danno polmonare indotto dal fumo di sigaretta (CS), dipendente o indipendente da BCO1/BCO2 e dai loro metaboliti. Sia i topi BCO1-/-/BCO2-/- double knockout (DKO) che i compagni di figliata wild type (WT) sono stati integrati con BCX per 14 giorni e quindi esposti a CS per altri 14 giorni. L’esposizione al CS ha indotto significativamente l’infiltrazione di macrofagi e neutrofili nei tessuti polmonari dei topi, indipendentemente dai genotipi, rispetto ai compagni di cucciolata non esposti.

Il trattamento con BCX ha inibito significativamente l’infiltrazione di cellule infiammatorie indotte da CS, l’iperplasia nell’epitelio bronchiale e l’allargamento degli spazi aerei alveolari sia nei topi WT che DKO, indipendentemente dal sesso. Gli effetti protettivi del BCX erano associati a una minore espressione di IL-6, TNF-α e delle metalloproteinasi della matrice-2 e -9. Il trattamento con BCX ha portato ad un aumento significativo dei livelli epatici di BCX nei topi DKO, ma non nei topi WT, che hanno avuto un aumento significativo della concentrazione di retinolo epatico.

efficace agente protettivo contro le lesioni polmonari indotte da CS in assenza di enzimi di scissione dei carotenoidi.



Carenza di Vitamina A: come si scopre


150 pastiglie da 1200 mcg (4.000 UI)

Si possono fare cicli di 60-90 giorni per due volte l’anno al cambio di stagione

 


Ogni perla contiene 800 mcg (2.660 UI) di vitamina A + 200 UI di vitamina D

Può essere preso anche in modo continuativo o da alternare alla classica Vitamina D e vitamina A

Poiché la Vitamina D è in dose scarsa si può usare Olio di Fegato di m. come integrazione di vit A ed aggiungere un’altra forma di vitamina D per raggiungere i giusti dosaggi.


 




La Curcuma

Quando si parla di Curcuma ci si riferisce comunemente alla Curcuma longa, una pianeta perenne appartenete alla famiglia delle Zingiberacee. 

Si è rivelata estremamente utile per migliorare la sintomatologia legata a disturbi del ciclo mestruale.

Risulta inoltre un ottimo coadiuvante nel donare benessere alle articolazioni e nell’alleviare gli stati dolorosi associati a contusioni, slogature e dolori muscolari, nonché a artrosi, osteoartriti e artrosi.

 Se associata al pepe nero, che ne amplifica l’assorbimento, il suo effetto risulta potenziato.

Biodisponibilità della curcumina

Tratto da ARTOI

Nonostante tutti i benefici che apporta alla salute e le numerose proprietà farmacologiche della spezia, una delle principali critiche che il mondo scientifico rivolge alla curcumina è la sua scarsa biodisponibilità. Molti studi, sia sull’uomo che sui topi, hanno confermato che dopo l’assunzione orale di una certa quantità di curcuma, la concentrazione dei suoi metaboliti attivi misurata nel sangue o nei tessuti extraintestinali era scarsissima o praticamente nulla.

Le ragioni di questa ridotta biodisponibilità sono:

  • il suo scarso assorbimento a livello intestinale
  • la rapida eliminazione per via fecale: circa il 60% della curcumina ingerita viene eliminata con le feci
  • il suo rapido metabolismo: anche se somministrata per via endovenosa, viene rapidamente metabolizzata e i prodotti del suo metabolismo eliminati con la bile.

Ciò ostacola notevolmente l’applicazione clinica della sostanza (11).

Per assimilarla meglio e potenziarne gli effetti, sono stati studiati numerosi metodi tra i quali l’uso di adiuvanti che ne migliorano l’assorbimento intestinale e ne riducono l’eliminazione. I più noti sono la piperina (alcaloide presente nel pepe nero) e i grassi dell’olio. Accompagnando la curcuma a questi ingredienti è possibile aumentarne la biodisponibilità (12).

Meccanismo d’azione della piperina:

  • La piperina agisce andando ad inibire la glucuronidazione della curcumina nel fegato e nell’intestino. La glucuronidazione è una delle più importanti reazioni mediante le quali l’organismo si disintossica da composti estranei favorendone l’eliminazione. Bloccando questo processo, la curcumina non viene eliminata e può andare in circolo ad esplicare i suoi effetti.

Meccanismo d’azione dell’olio:

  • Poiché la curcumina è una sostanza di natura idrofoba, scarsamente solubile in acqua ma altamente solubile nei lipidi, associandola all’olio di oliva (o qualsiasi altro tipo di grasso) aumenta notevolmente la sua solubilità e ne viene facilitato l’assorbimento.

Altri metodi prevedono l’uso della curcumina liposomiale e di nanoparticelle (13),(14):

  • Nanoparticelle: si tratta di particelle altamente solubili che legano la curcumina e la trasportano dall’intestino alla circolazione sanguigna. Ne aumentano quindi l’assorbimento e ne impediscono l’eliminazione con le feci.
  • Liposomi: sono vescicole a doppio strato fosfolipidico (come le membrane cellulari) che possono trasportare farmaci idrofobici, come in questo caso la curcumina, all’interno delle cellule dove la sostanza viene rilasciata e può esplicare la sua funzione.

Proprietà farmacologiche della curcumina

La curcuma è la spezia più studiata al mondo, in particolare il suo principio attivo curcumina. Un ampio spettro di studi ha infatti dimostrato la capacità della curcumina di indurre numerosi effetti biologici e farmacologici:

  • La curcumina è un potente antiossidante: è in grado di attivare diverse proteine antiossidanti attraverso la via Nrf2. La via Nrf2 è un sistema di difesa cellulare che si attiva in presenza di stress ossidativo, inducendo l’espressione di proteine ad azione antiossidante. La curcumina è in grado di potenziare questo sistema e quindi è molto utile nella prevenzione e trattamento delle patologie caratterizzate da stress ossidativo (invecchiamento, diabete, patologie cardiovascolari, malattie neurodegenerative, cancro. A differenza di molti altri antiossidanti, la curcumina ha una duplice attività in quanto è in grado sia di prevenire la formazione di radicali liberi sia di neutralizzare i radicali liberi già esistenti (1). La proprietà antiossidante è molto superiore rispetto a quella della vitamina E, della vitamina C e del beta-carotene..
  • La curcumina è un potente antinfiammatorio: è in grado di bloccare il fattore di trascrizione NF-kB e quindi la produzione di molecole che aumentano i processi infiammatori (citochine proinfiammatorie) come il TNF e varie interleuchine. Anche in questo caso, la curcumina è molto utile nella prevenzione e trattamento di malattie su base infiammatoria (colite, pancreatite, malattie neurodegenerative, malattie cardiovascolari, malattie autoimmuni, malattie infiammatorie intestinali come il morbo di Crohn, obesità, diabete, malattie respiratorie tipo asma e bronchite, psoriasi, cancro) (2)
  • Secondo un recente studio del 2019, la curcumina assunta per via orale, una volta raggiunto l’intestino, viene trasformata dai microbi che lo popolano in una serie di metaboliti molto più attivi della curcumina stessa. Questi metaboliti sembrerebbero avere un ruolo neuroprotettivo. La tetraidrocurcumina è il derivato più studiato nella neuroprotezione: sembrerebbe ridurre lo stress ossidativo e i processi di apoptosi nei neuroni, riduce la neuroinfiammazione e migliora la funzione neurocomportamentale. Inoltre, sempre la tetraidrocurcumina, può prevenire la neurodegenerazione tipica della malattia di Parkinson. Sembrerebbe anche essere utile nel morbo di Alzheimer in quanto mantiene normale la struttura e funzione dei vasi cerebrali e delle sinapsi (3).
  • La curcumina, dopo ingestione per via orale, può esercitare effetti regolatori sul microbiota intestinale, le cui alterazioni sono collegate a numerose malattie metaboliche e non. In uno studio comparativo sul microbiota intestinale di topi ai quali viene somministrata curcumina, è stata osservata una variazione significativa della composizione del microbiota rispetto ai topi di controllo ai quali non è stato somministrato nulla. In particolare, nei topi che hanno ricevuto la curcumina, si è verificata una riduzione di batteri appartenenti alla famiglia Prevotellaceae, Bacteroidaceae e Rikenellaceae, spesso coinvolti nell’insorgenza di diversi disturbi sistemici (4).
  • L’integrazione con curcumina può essere utile anche nel trattamento del diabete mellito di tipo 2: uno studio del 2019 ha mostrato che trattando topi diabetici con curcumina si assiste ad un miglioramento della sensibilità insulinica, riduzione della glicemia e ad un miglioramento della dislipidemia (5).
  • La curcumina è molto efficace nel trattamento delle malattie cardiovascolari attraverso diversi meccanismi: riduzione dei lipidi plasmatici, aumento dei livelli di HDL, riduzione della perossidazione lipidica, riduzione delle lesioni aterosclerotiche e miglioramento della funzione endoteliale (6).
  • Come confermato da uno studio del 2018, la curcumina ha mostrato un miglioramento dei sintomi e dei processi infiammatori in topi affetti da artrite reumatoide (7).

Riferimenti bibliografici:

  1. Int J Mol Sci.2020 Feb 7. Evaluation of Antioxidant Activity of Spice-Derived Phytochemicals Using Zebrafish. Endo Y, Muraki K, Fuse Y, Kobayashi M.
  2. Eur Cardiol.2019 Jul 11. Anti-inflammatory Action of Curcumin and Its Use in the Treatment of Lifestyle-related Diseases. Shimizu K, Funamoto M, Sunagawa Y, Shimizu S, Katanasaka Y, Miyazaki Y, Wada H, Hasegawa K, Morimoto T.
  3. Nutrients. 2019 Oct. Curcumin, Gut Microbiota, and Neuroprotection. Francesco Di Meo,Sabrina Margarucci, Umberto Galderisi, Stefania Crispi, and Gianfranco Peluso
  4. Food Nutr Res. 2017. Regulative effects of curcumin spice administration on gut microbiota and its pharmacological implications. Liang Shen,Lu Liu, and Hong-Fang Ji
  5. Nutrients. 2019 Aug. Curcumin and Type 2 Diabetes Mellitus: Prevention and Treatment. Francesca Pivari,Alessandra Mingione, Caterina Brasacchio, and Laura Soldati.
  6. Nutrients. 2013 OctPolyphenols: Benefits to the Cardiovascular System in Health and in Aging. Sandhya Khurana,Krishnan Venkataraman, Amanda Hollingsworth, Matthew Piche, and  C. Tai
  7. Drug Des Devel Ther.2018 Dec 3. Curcumin alleviates rheumatoid arthritis-induced inflammation and synovial hyperplasia by targeting mTOR pathway in rats. Dai Q, Zhou , Xu L, Song X
  8. Med Sci (Basel). 2017 Dec. Regulation of Polyamine Metabolism by Curcumin for Cancer Prevention and Therapy. Tracy Murray-Stewartand Robert A. Casero, Jr.
  9. Nutrients. 2019 Oct 5. Curcumin and Cancer. Giordano A, Tommonaro G.
  10. Front Pharmacol. 2018. Preventive Effect of Curcumin Against Chemotherapy-Induced Side-Effects. Zhijun Liu,Pengyun Huang,Siukan Law, Haiyan Tian, Wingnang Leung, and Chuanshan Xu
  11. Cancer Res Treat. 2014 Jan 15. Recent Developments in Delivery, Bioavailability, Absorption and Metabolism of Curcumin: the Golden Pigment from Golden Spice. Sahdeo Prasad, PhD, Amit K. Tyagi, PhD, and Bharat B. Aggarwal, PhD
  12. Planta Med.1998 May. Influence of piperine on the pharmacokinetics of curcumin in animals and human volunteers. Shoba G, Joy D, Joseph T, Majeed M, Rajendran R, Srinivas PS.
  13. Int J Nanomedicine.2019 Dec 10. Evaluation of Intestinal Absorption Mechanism and Pharmacokinetics of Curcumin-Loaded Galactosylated Albumin Nanoparticles.Huang Y, Deng S, Luo X, Liu Y, Xu W, Pan J, Wang M, Xia Z
  14. Int J Nanomedicine.2017 Aug 21. Liposomal curcumin and its application in cancer. Feng T, Wei Y, Lee RJ, Zhao L.

Da un commento di Corrado Penna riporto fedelmente

Curcuma e Proprietà Antivirali

Anche la curcuma, da millenni utilizzata in India, è stata scientificamente comprovata per le sue virtù anti-virali, anti-infiammatorie, anti-ossidanti e anti-tumorali.
i coronavirus sono per l’appunto dei virus incapsulati, come possiamo leggere nell’articolo Coronavirus envelope protein: current knowledge[2].

L’articolo Anti-infective Properties of the Golden Spice Curcumin[3] mostra che la curcuma è attiva anche contro il virus dell’influenza e quello dell’epatite C, ma anche contro alcuni ceppi di batteri come Staphylococcus, Streptococcus e Pseudomonas.

Questo pone le basi scientifiche per la “ricetta” anti-infettiva a base di miele (il più naturale possibile), curcuma e un poco di pepe nero (che massimizza l’attività della curcumina presente nella curcuma)[4].

Anche lo zenzero possiede proprietà antivirali, ma finora ho trovato solo un articolo che ne descrive l’efficacia contro il virus respiratorio sinciziale umano[5].

Come per i farmaci, anche per i rimedi naturali è sempre meglio non utilizzare dosi esagerate, e consultare preventivamente il proprio medico di base o altro professionista.

  1. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3641039/ .
  2. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/31133031 .
  3. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6509173/.
  4. https://www.alfemminile.com/dieta-dimagrante/curcuma-e-miele-s2476610.html.
  5. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23123794.

Interazione tra microbiota intestinale e curcumina:
una nuova chiave di comprensione per gli effetti sulla salute della curcumina

Astratto

Curcumina, un polifenolo lipofilo contenuto nel rizoma della Curcuma longa (curcuma), è stata usata per secoli nella medicina tradizionale asiatica, e oggi è ampiamente utilizzata negli alimenti come spezia alimentare in tutto il mondo.

Ha ricevuto notevole attenzione per le sue attività farmacologiche, che sembrano agire principalmente attraverso meccanismi antinfiammatori e antiossidanti. Per questo motivo è stato proposto come strumento per la gestione di molte malattie, tra cui malattie gastrointestinali e neurologiche, diabete e diversi tipi di cancro.

principalmente nel tratto gastrointestinale, dove sono state rilevate alte concentrazioni di questo polifenolo dopo somministrazione orale.

Di conseguenza, si potrebbe ipotizzare che la curcumina eserciti direttamente i suoi effetti regolatori sul microbiota intestinale, spiegando così il paradosso tra la sua bassa biodisponibilità sistemica e la sua ampia attività farmacologica.

È noto che il microbiota ha diversi ruoli importanti nella fisiologia umana e la sua composizione può essere influenzata da una moltitudine di fattori ambientali e di stile di vita. Di conseguenza, qualsiasi perturbazione nel profilo del microbioma intestinale o disbiosi può avere un ruolo chiave nella progressione della malattia umana.

È interessante notare che la curcumina e i suoi metaboliti hanno dimostrato di influenzare il microbiota.

  • la regolazione della microflora intestinale da parte della curcumina
  • Questa recensione riassume gli studi più recenti su questo argomento, evidenziando la forte connessione tra curcumina e microbiota intestinale, con l’obiettivo finale di aggiungere nuove informazioni sui potenziali meccanismi con cui la curcumina esercita i suoi effetti.

    FONTE

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    Curcuma in compresse con aggiunta di Piperina (Pepe Nero) ci da una formula potenziata e a maggiore biodisponibilità: il pepe nero infatti amplifica l’assorbimento della curcumina. La Curcuma sostiene la funzionalità digestiva, epatica, articolare e contrasta i disturbi del ciclo mestruale. Il Pepe nero può essere utile per la sua azione antiossidante e tonico-adattogena. La Curcuma attualmente è considerata un integratore alimentare antiossidante per eccellenza. Le sue proprietà sono note da tempi remoti, per tanto vanta una storia ricca e affascinante.
    CONFEZIONE: 100 compresse da 500 mg Prodotto notificato al ministero della salute n°53359

     

    CURCUMA INTEGRATA IN POLVERE

    Curcuma (Curcuma longa L.) rizoma polvere: 97%, pepe nero (Piper longum) frutti polvere.

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    1 confezione di Curcuma integrata in compresse, 100 compresse da 500 mg.

  • 1 confezione di Curcuma integrata in polvere, 150 g.
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    CURCUMA TINTURA OFFICINALE

    Confezione: 100 ml Concentrazione: 1 : 5 Prodotto notificato al ministero della salute n°53529
    Estratto idroalcolico (acqua, alcol, parte di pianta in rapporto D:E di 1:5) di Curcuma (Curcuma Longa L.), rizoma 6ml
    Assumere 50 gocce due o tre volte al giorno in acqua, tè o succo.

    Confezione: Utilizzo per 15 giorni.


    Note sulle normative ministeriali che regolano la commercializzazione degli integratori

    Curcuma con curcumina al 95%, Ministero: è novel food, non utilizzabile in integratori

    Integratori alimentari: Curcuma longa con curcumina al 95% sono “novel food” e non commercializzabili senza autorizzazione specifica

    A conclusione di un’indagine e di una ulteriore consultazione a livello europeo sugli integratori contenenti estratti e preparati di piante di Curcuma è stato stabilito che gli ingredienti denominati “estratto di Curcuma longa con curcumina al 95%” non possono essere impiegati in quanto novel food (nuovi alimenti ex reg. 2015/2283), e pertanto “gli integratori alimentari che li contengono non sono commercializzabili”. Lo ha comunicato una nota del ministero della Salute che ha condotto una ulteriore ricognizione con gli Stati Membri per valutare l’eventuale uso significativo in Unione Europea e lo status di “nuovo alimento” dell’ingrediente.

    Dati raccolti in Italia e consultazione con stati europei

    In data 31 dicembre 2022 si era conclusa la raccolta dei dati indetta dal Ministero della Salute, coinvolgendo anche i farmacisti, riguardo il consumo significativo, precedente al 1997, degli estratti di Curcuma longa e spp relativa a curcumina 95% per verificarne la storia alimentare. Sulla base dei dati raccolti tali estratti, sembravano configurarsi come “novel food”, non impiegabili negli alimenti senza una preventiva autorizzazione.

    Il Ministero scrive, infatti, che non avendo sufficienti dati che attestassero l’uso significativo in campo alimentare tali da escludere l’applicazione del Regolamento “novel food” dell’estratto di rizoma di Curcuma longa L con curcumina al 95% – ingrediente indicato nella composizione di diversi integratori alimentari – è stata effettuata una ulteriore ricognizione con gli Stati Membri per valutare l’eventuale uso significativo in Unione Europea e lo status di nuovo alimento dell’ingrediente in questione.

    “Anche in questo caso, non è stato dimostrato un uso significativo in campo alimentare per l’estratto di rizoma di Curcuma longa L titolato al 95% in curcumina. È, invece, risultata una storia di consumo significativo negli integratori alimentari per ‘l’estratto del rizoma di Curcuma longa L, contenente fino al 95% di curcuminoidi (detti anche curcumine), i cui costituenti principali sono la curcumina e, in misura minore, la demetossicurcumina e la bisdemetossicurcumina, in proporzione uguale a quella naturalmente presente nella C. longa. Qualsiasi processo che aumenti la solubilità o la biodisponibilità potrebbe tuttavia essere soggetto al regolamento sui nuovi alimenti'”.

    Da qui ne consegue che “ingredienti denominati “estratto di Curcuma longa con curcumina al 95%” non possono essere impiegati perché nuovi alimenti ex reg. 2015/2283, e pertanto gli integratori alimentari che li contengono non sono commercializzabili”.

    Novel food: che cosa sono

    La sezione dedicata all’alimentazione della Commissione europea definisce i “novel food” come “alimenti che non erano stati consumati in misura significativa dalle persone nell’UE prima del 15 maggio 1997, quando è entrato in vigore il primo regolamento sui nuovi alimenti. I “nuovi alimenti” possono essere alimenti innovativi e di nuova concezione, alimenti prodotti utilizzando nuove tecnologie e processi di produzione, nonché alimenti che sono o sono stati consumati tradizionalmente al di fuori dell’UE“. Ad esempio, i nove food possono essere nuove fonti di vitamina K o estratti di alimenti esistenti (i fosfolipidi derivati da olio di krill antartico di Euphausia superba), prodotti agricoli di paesi terzi (semi di chia, succo di frutta di noni) o alimenti derivati ​​da nuove produzioni (alimenti trattati con raggi UV come latte, pane, funghi e lievito). È necessario che siano sicuri, che vengano correttamente etichettati ed è necessaria un’autorizzazione pre-commercializzazione.

    Fonti:


     




    Relazione fra Depressione
    e carenza di Vitamina B 12

    Tre articoli scientifici che legano la depressione a bassi livelli di vitamina B12

    post di Corrado Penna

    Segnalo che il livello di normalità in Giappone è molto, molto maggiore di quello riconosciuto in molti altri paesi.
    https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/3398357.

    Vitamina B12: Scopri se sei a rischio di carenza Quali esami?

    Parkinson e Alzheimer) potrebbero trovare giovamento da una integrazione di B12 se risultassero carenti dopo un controllo del livello nel sangue di B12 o ancor meglio dal livello dell’acido metil-malonico nelle urine (da quello che ho letto il tasso di B12 nel sangue potrebbe non riferirsi alla sola forma biologicamente attiva della vitamina).

    (vedi: Carenza di vitamina B12 e farmaci inibitori della secrezione gastrica).

    Importante sapere che in presenza di disbiosi/candidsoi si hanno generalmente carenze di magnesio zinco e B6, ma queste inducono ipocloridria, e di conseguenza manca il Fattore Intrinseco (di Castle) portando al mancato assorbimento di Vitamina B12.

    Vitamina B12 in salute e malattia (anno 2010)
    In questo lungo studio prospettico si valutano della vitamina B12  le
    Questi studi suggeriscono un ruolo della vitamina B12 nella prevenzione del declino cognitivo, ma nelle conclusioni non sono molto convinti infatti dico che:
    Ecco i tre studi su Depressione e carenza di vitamina B12

    1. Integrazione di vitamina B12 nel trattamento del disturbo depressivo maggiore: uno studio controllato randomizzato
      In questo studio hanno somministrato vit B12 orale ed intramuscolare a pazienti depressi che non rispondevano alle cure con antidepressivi (SSRI) e hanno usato anche un gruppo di controllo a cui somministravano solo antidepressivi.
      Le conclusioni sono state che l’integrazione di vitamina B12 con antidepressivi ha migliorato significativamente i sintomi depressivi.
    2. Obiettivo:
      è stato ipotizzato che adeguate concentrazioni di vitamina B12 e folato siano essenziali per mantenere l’integrità dei sistemi neurologici coinvolti nella regolazione dell’umore, ma non sono disponibili prove epidemiologiche di tale legame nella popolazione generale. Questo studio ha esaminato se le donne anziane residenti in comunità con carenza di vitamina B12 o di folati metabolicamente significativa fossero particolarmente inclini alla depressione.
      Metodo:
      I livelli sierici di vitamina B12, folato, acido metilmalonico e omocisteina totale sono stati dosati in 700 donne disabili e non dementi di età pari o superiore a 65 anni che vivevano nella comunità. I sintomi depressivi sono stati misurati mediante la Geriatric Depression Scale e classificati come assenza di depressione, depressione lieve e depressione grave.
      Risultati:
      i livelli sierici di omocisteina, i livelli sierici di folati e la prevalenza di carenza di folati e anemia non erano associati allo stato depressivo. I soggetti depressi, in particolare quelli con depressione grave, avevano un livello sierico di acido metilmalonico significativamente più alto e un livello sierico di vitamina B12 non significativamente inferiore rispetto ai soggetti non depressi.
      La carenza di vitamina B12 metabolicamente significativa era presente nel 14,9% dei 478 soggetti non depressi, nel 17,0% dei 100 soggetti lievemente depressi e nel 27,0% delle 122 donne gravemente depresse. Dopo l’aggiustamento per le caratteristiche sociodemografiche e lo stato di salute, i soggetti con carenza di vitamina B12 avevano una probabilità 2,05 volte maggiore di essere gravemente depressi rispetto ai soggetti non carenti.
      Conclusioni:
      Nelle donne anziane residenti in comunità, la carenza metabolicamente significativa di vitamina B12 è associata a un duplice rischio di depressione grave.
    3. Vitamina B12, acido folico e omocisteina nella depressione: lo studio di Rotterdam
      Obiettivo: Le associazioni di vitamina B12, folati e omocisteina con la depressione sono state esaminate in uno studio basato sulla popolazione.
      Conclusioni:
      L’associazione della vitamina B12 e del folato con i disturbi depressivi può avere differenti meccanismi sottostanti. La vitamina B12 può essere causalmente correlata alla depressione, mentre la relazione con il folato è dovuta alla comorbilità fisica.

    Forme di Vitamina B12 attiva, cioè Metilcobalamina, Adenosilcobalamina, Idrossicobalamina.

    ad Alta concentrazione di forme attive 

    500 μg Adenosilcobalamina e 500 μg Metilcobalamina

    1000 μg per ogni capsula

    (Il simbolo μg è uguale a mcg ovvero microgrammi)

    Vitamina B 12 Attivata Giorgini

    • 100 ml in forma liquida, 100 dosi,
    • 1 ml al giorno in qualunque momento, direttamente in bocca o diluito in acqua. Contagocce graduato incluso nella confezione.
    • Ogni dose contiene 1000 mcg di 5-deossiadenosilcobalamina, metilcobalamina

    Nutrisorb B 12 – Biocare – flacone da 15 ml

    • basso dosaggio (adatto a bambini e neonati)
    • contiene 25 ug idrossicobalamina (vit B 12 attivata)

     


    Leggi anche


     




    Degenerazione Maculare
    Le vitamine che aiutano l’occhio

    Cos’è la maculopatia

    zona nell’occhio che si trova al centro della retina e la cui funzione è la visione distinta centrale. Viene erroneamente chiamata anche maculopatia retinica, ma in realtà non è la retina ad essere colpita, bensì i tessuti su cui la retina si appoggia, ovvero l’epitelio pigmentato e la coroide, e dai quali dipende il suo funzionamento.

    La tipologia più diffusa è la maculopatia degenerativa che si distingue in due diverse forme:

    • maculopatia essudativa o umida, meno comune ma più aggressiva. Vede la formazione di vasi sanguigni retinici nella zona della macula che creano delle cicatrici sottoretiniche.

    Cause

    Lo sviluppo di una maculopatia presenta alcune cause comuni:

    • fumo.

    fattori di rischio in grado di aumentare le probabilità di sviluppo della patologia sono:

    • obesità,
    • ipertensione e le malattie cardiovascolari in genere,
    • eccessiva esposizione alla luce solare nel corso della propria vita.

    Sintomi

    I sintomi principali, campanelli d’allarme della presenza di una maculopatia, sono:

    • la vista si abbassa, ad esempio durante la lettura;
    • le immagini vengono visualizzate distorte ed alterate;
    • i colori risultano meno nitidi e brillanti;
    • si visualizzano macchie grigie nel campo visivo;
    • vi è una perdita di visione centrale (scotoma) che rende impossibile vedere nel punto in cui si fissa lo sguardo.

    Healthy Thewom

    Gli Integratori per la Degenerazione Maculare aiutano a ridurre la perdita di salute oculare con l’età

    Vitamine per la riduzione della degenerazione maculare

    Conformemente con gli studi realizzati dagli studiosi dell’AREDS 2 per più di 10 anni, le principali vitamine associate alla riduzione della degenerazione maculare legata all’età sono:

    Questi nutrienti possono essere usati per prevenire o far fronte alla degenerazione maculare, che, bisogna ricordare, una volta iniziata non ha cura.

    In generale, i nutrienti che presentano un’attività antiossidante, specialmente quando questa attività capta specie reattive di ossigeno, possono potenzialmente contribuire a rallentare lo sviluppo dell’AMD.


    OMEGA 3

    L’Omega 3 protegge gli occhi e riduce le probabilità di soffrire degenerazione maculare

    La concentrazione di DHA (acido docosaesaenoico), un acido grasso omega 3 a catena lunga, è un ingrediente che si trova nella retina, in una percentuale che può raggiungere il 65%.

    Il DHA è un ingrediente importante della struttura della retina, questo acido grasso aumenta lo sviluppo dei fotorecettori, cellule speciali che sono essenziali per la vista.

    Sono necessari alti livelli di DHA per consentire alla rodopsina, un pigmento situato nelle cellule del bastoncello fotorecettore, di rispondere alla luce e consentirne la vista in condizioni di scarsa illuminazione durante la notte. Le proprietà altamente insature del DHA hanno effetti unici sulle pareti cellulari della retina, consentendo di trasmettere segnali luminosi molto rapidamente.

    La degenerazione maculare è una malattia dell’occhio che non ha cura, in cui i pazienti diventano gradualmente ciechi. Questa patologia è correlata all’infiammazione cronica e allo stress ossidativo.

    Con l’età, la vista di solito peggiora. Ciò è dovuto a cambiamenti nella retina e in altre cellule degli occhi. Le pareti cellulari diventano meno permeabili, le strutture cellulari cambiano, si formano depositi nella retina e si verifica l’ossidazione, che danneggia le cellule fino alla morte. Questi cambiamenti causano una diminuzione della vista nella vecchiaia.

    Nella degenerazione maculare legata all’età, i depositi giallastri (drusen) si accumulano nel centro della retina. Le cellule nell’area della macula non funzionano più correttamente, producendo una visione offuscata o distorta. Con il tempo, la persona che ne soffre può smettere di vedere.

    Le drusen possono convertirsi in forme avanzate di degenerazione maculare legata all’età, potenzialmente pericolose per la vista. Il tipo più comune di degenerazione maculare è la cosiddetta degenerazione maculare secca. Man mano che la patologia progredisce, le macule smettono di funzionare. Quando smettono di funzionare completamente, la visione centrale viene seriamente disturbata o la persona smette di vedere in quella particolare area dell’occhio.

    Studi clinici condotti a questo proposito hanno dimostrato che il consumo di integratori di Omega-3 o di alimenti ricchi nel loro contenuto, possono ritardare il processo di degenerazione maculare e migliorare la vista delle persone affette da questa malattia.
    Lo studio clinico condotto ha dimostrato che i partecipanti che hanno assunto integratori di omega-3 sono riusciti a migliorare la loro vista.

    Un secondo tipo di degenerazione maculare legata all’età è la cosiddetta degenerazione maculare umida o neovascolare, che è la responsabile del 90% di perdita della vista dovuta a questa malattia. Nella degenerazione maculare umida, i vasi sanguigni situati dietro gli occhi diventano molto fragili al punto da potersi rompere o sanguinare.

    La degenerazione maculare senile avanzata può interessare uno o entrambi gli occhi, e sia il tipo umido che il tipo secco possono causare cecità.

     

    Omega 3 e salute della vista
    Immagine ed articolo da HSNStore Blog

    Fonti:

     


    OMEGA 3 PRINFIT

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    INTEGRATORI PER L'OCCHIO

    Integratori per rinforzare gli occhi

    Oggi sempre più persone lamentano problemi alla vista: occhi gonfi, miopia, presbiopia, astigmatismo. Per prevenirli, ed evitare che si aggravino, è importante rinforzare gli occhi con integratori specifici.

    Ecco i migliori integratori alimentari disponibili online, selezionati da Macrolibrarsi per la loro qualità e la loro naturalezza.

    Integratori di Zinco

    Integratori di Beta Carotene

    Integratori mix utili per la vista


    ESERCIZI UTILI PER MIOPIA

    “Miopia e problemi alla vista”

    Astratto
    Sfondo: dati osservazionali e sperimentali suggeriscono che gli integratori di antiossidanti e/o zinco possono ritardare la progressione della degenerazione maculare legata all’età (AMD) e la perdita della vista.
    Obiettivo: valutare l’effetto di vitamine C ed E ad alto dosaggio, beta carotene e supplementi di zinco sulla progressione dell’AMD e sull’acuità visiva.
    Disegno:The Age-Related Eye Disease Study, uno studio clinico in doppio cieco di 11 centri, ha arruolato i partecipanti a uno studio sull’AMD se presentavano piccole drusen estese, drusen intermedie, grandi drusen, atrofia geografica non centrale o anomalie del pigmento in 1 o entrambi occhi, o AMD avanzata o perdita della vista dovuta a AMD in 1 occhio.
    Almeno 1 occhio aveva un’acuità visiva corretta di 20/32 o migliore. I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere compresse orali giornaliere contenenti:
    (1) antiossidanti (vitamina C, 500 mg; vitamina E, 400 UI; e beta carotene, 15 mg);
    (2) zinco, 80 mg, come ossido di zinco e rame, 2 mg, come ossido rameico;
    (3) antiossidanti più zinco;
    o (4) placebo.
    Principali misure di esito:
    (1) Valutazione fotografica della progressione o del trattamento per l’AMD avanzata e (2) perdita almeno moderata dell’acuità visiva rispetto al basale (> o = 15 lettere).
    Le analisi primarie hanno utilizzato la regressione logistica a misure ripetute con un livello di significatività di 0,01, non aggiustato per le covariate. Le misurazioni del livello sierico, le anamnesi e i tassi di mortalità sono stati utilizzati per il monitoraggio della sicurezza.
    Risultati:
    Il follow-up medio dei 3640 partecipanti allo studio arruolati, di età compresa tra 55 e 80 anni, è stato di 6,3 anni, con il 2,4% perso al follow-up.
    Il confronto con il placebo ha dimostrato una riduzione degli odds statisticamente significativa per lo sviluppo di AMD avanzata con antiossidanti più zinco (odds ratio [OR], 0,72; 99% intervallo di confidenza [CI], 0,52-0,98). Gli OR per il solo zinco e per i soli antiossidanti sono 0,75 (99% CI, 0,55-1,03) e 0,80 (99% CI, 0,59-1,09), rispettivamente. I partecipanti con piccole drusen estese, drusen non estese di dimensioni intermedie o anomalie del pigmento avevano solo una probabilità a 5 anni dell’1,3% di progressione verso l’AMD avanzata.
    Le stime di riduzione delle probabilità sono aumentate quando questi 1063 partecipanti sono stati esclusi (antiossidanti più zinco: OR, 0,66; 99% CI, 0,47-0,91; zinco: OR, 0,71; 99% CI, 0,52-0,99; antiossidanti: OR, 0,76; 99% CI , 0,55-1,05).
    Sia lo zinco che gli antiossidanti più lo zinco hanno ridotto significativamente le probabilità di sviluppare AMD avanzata in questo gruppo ad alto rischio. L’unica riduzione statisticamente significativa dei tassi di almeno moderata perdita dell’acuità visiva si è verificata nelle persone assegnate a ricevere antiossidanti più zinco (OR, 0,73; 99% CI, 0,54-0,99). Nessun effetto avverso grave statisticamente significativo è stato associato a nessuna delle formulazioni.
    Conclusioni:
    le persone di età superiore ai 55 anni dovrebbero sottoporsi a esami oculistici dilatati per determinare il rischio di sviluppare AMD avanzata. Quelli con drusen estese di dimensioni intermedie, almeno 1 grande druse, atrofia geografica non centrale in 1 o entrambi gli occhi, o AMD avanzata o perdita della vista dovuta a AMD in 1 occhio e senza controindicazioni come il fumo, dovrebbero prendere in considerazione l’assunzione di un supplemento di antiossidanti più zinco come quello utilizzato in questo studio. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/11594942/
    NOTA:

    Stur M, Tittl M, Reitner A, Meisinger V.

    Oral zinc and the second eye in age-related macular degenerationrale senile

    Invest Ophthalmol Vis Sci 1996; 37: 1225-35. [ Estratto di PubMed ]

    Zinco orale e il secondo occhio nella degenerazione maculare legata all’età

    Astratto

    BIBLIOGRAFIA


    Integratori vitaminici e minerali antiossidanti per rallentare la progressione della degenerazione maculare senile

    Astratto
    Contesto:
    è stato proposto che gli antiossidanti possano prevenire il danno cellulare nella retina reagendo con i radicali liberi prodotti nel processo di assorbimento della luce.
    Obiettivi:
    L’obiettivo di questa revisione era valutare gli effetti dell’integrazione di vitamine o minerali antiossidanti, o di entrambi, sulla progressione della degenerazione maculare legata all’età (AMD).
    Strategia di ricerca:
    abbiamo cercato il Cochrane Central Register of Controlled Trials (CENTRAL) in The Cochrane Library (2005, Numero 4); MEDLINE (dal 1966 al gennaio 2006); SIGLE (dal 1980 al marzo 2005); EMBASE (dal 1980 al gennaio 2005); NRR (2005, numero 4); AMED (dal 1985 al gennaio 2006); e PubMed (24 gennaio 2006 che copre gli ultimi 60 giorni), elenchi di riferimento di rapporti identificati e Science Citation Index. Abbiamo contattato ricercatori ed esperti del settore per i dettagli di studi non pubblicati.
    Criteri di selezione:
    sono stati inclusi studi randomizzati che confrontavano l’integrazione di vitamine o minerali antiossidanti (da soli o in combinazione) con un intervento di controllo nelle persone con AMD.
    RACCOLTA E ANALISI DEI DATI:
    L’autore ha estratto i dati e valutato la qualità degli studi. Ove appropriato, i dati sono stati raggruppati utilizzando un modello a effetti casuali a meno che non fossero disponibili tre o meno studi, nel qual caso è stato utilizzato un modello a effetti fissi.
    Principali risultati:
    otto prove sono state incluse in questa revisione. La maggior parte delle persone è stata randomizzata in uno studio (AREDS negli Stati Uniti) che ha riscontrato un effetto benefico dell’integrazione di antiossidanti (beta-carotene, vitamina C e vitamina E) e zinco sulla progressione verso l’AMD avanzata (odds ratio aggiustato 0,68, 99% di confidenza intervallo da 0,49 a 0,93).
    Le persone che assumevano integratori avevano meno probabilità di perdere 15 o più lettere di acuità visiva (odds ratio aggiustato 0,77, intervallo di confidenza 99% da 0,58 a 1,03). Il ricovero per problemi genito-urinari era più comune nelle persone che assumevano zinco e l’ingiallimento della pelle era più comune nelle persone che assumevano antiossidanti. Gli altri studi erano, in generale, piccoli ei risultati erano incoerenti.
    Conclusioni degli autori:
    le prove sull’efficacia dell’integrazione di vitamine e minerali antiossidanti nell’arrestare la progressione dell’AMD provengono principalmente da un ampio studio condotto negli Stati Uniti. La generalizzabilità di questi risultati ad altre popolazioni con diverso stato nutrizionale non è nota. Sono necessari ulteriori studi controllati randomizzati ampi e ben condotti in altre popolazioni.
    https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/16625532/


    VITAMINA B12 ED OCCHI

    CARENZA DI B 12 E PROBLEMI DI VISTA

    Una paziente ventinovenne, per esempio, soffriva di emianopsia bitemporale. I risultati della risonanza magnetica e della TAC erano nella norma, cosi come i potenziali evocati visivi (PEV). Alla fine la carenza di B12 fu riconosciuta come causa del suo deficit visivo.

    Con la somministrazione di vitamina B12 alcuni pazienti hanno riportato un miglioramento e un recupero parziale della vista.

    un deficit vitaminico mai individuato.
    Quante altre persone come Mary ci sono al mondo?

    La maggior parte degli integratori alimentari prescritti per curare o prevenire la degenerazione maculare non contiene vitamina B12 di cui invece moli pazienti potrebbero avere bisogno.

    Le vitamine e gli altri nutrienti normalmente contenuti negli integratori consigliati per la protezione della retina sono vitamine A, C ed E, zinco, rame e luteina.


    FONTE ARTICOLO:


     




    Un bichiere di acqua meglio di un antiacido
    Lo dice uno studio

    Quando ho letto questo articolo a cura di Sayer Ji, Founder fondatore americano del sito GreenMedInfo, non potevo non riportarlo anche su Vitamineral. Poi cercando ancora ho trovato anche altri studi che provano che l’acqua è la scelta migliore rispetto a tutti i farmaci e persino lo studio sullo zenzero è molto promettente per la cura dell’Helicobacter Pilory.

    Punti salienti

    • In uno studio, l’acqua a confronto con gli antiacidi e IPP, si è rivelata estinguere l’acididità di stomaco e il reflusso molto efficacemente e senza effetti collaterali; visto anche su soggetti sani un bicchiere d’acqua aumenta immediatamente il pH gastrico; è importante che l’acidità di stomaco venga spenta subito e con l’acqua avviene prima rispetto ad un antiacido;
    • Uso occasionale dell’acqua e bicarbonato come rimedio per spegnere l’acidità, ma attenzione a non superare le dosi a causa del sodio. Uno studio ha dimostrato che un’acqua minerale ricca di bicarbonato di idrogeno può alleviare la frequenza e la gravità del bruciore di stomaco, migliorando così la qualità della vita;
    • In uno studio sulle bevande che migliorano o peggiorano lo stato di acidità, l’acqua risulta essere la migliore scelta.
    • Uno studio sullo zenzero dimostra una efficacia nel trattamento dei problemi digestivi e nello spegnere il bruciore di stomaco con una spesa inferiore in termini sia economici che di effetti collaterali.

    GreenMedinfo

    , i ricercatori hanno preso 12 soggetti sani che sono stati sottoposti a screening negativo per l’infezione da Helicobacter Pylori e hanno somministrato loro una singola dose orale dei seguenti agenti:

    • Antiacido
    • Ranitidina (Zantac)
    • Omeprazole (Prilosec / Losec)
    • Esomeprazolo (Nexium)
    • Rabeprazole (AcipHex)

    • I risultati sono stati discussi in maggiore dettaglio:
    Cosa preferiresti fare?
    Infezioni da Clostridium
  • Diarrea
  • Polmonite
  • Carenza di vitamina C
  • Tumore gastrico
  • Fratture ossee
  • Carenza di magnesio
  • miopatie
  • Carenza di vitamina B12
  • L’acqua minerale ricca di bicarbonato può alleviare la frequenza dei bruciori di stomaco ed il reflusso gastroesofageo. A spiegarlo è uno studio pubblicato sulla rivista “World Journal of Gastrointestinal Pathophysiology” che ha coinvolto 50 pazienti in età compresa tra 18 e 64 anni, che soffrivano di bruciori di stomaco, almeno 2 volte a settimana per una durata minima di 3 mesi.

    I partecipanti hanno bevuto 1.5 L di acqua per 6 settimane: 300 mL ai pasti tre volte al giorno, la rimanente durante la giornata. Tutti i parametri del reflusso gastro-esofageobruciore di stomaco, rigurgito e dispepsia (cattiva digestione) sono migliorati in modo significativo bevendo acqua.

    Quanto bicarbonato di sodio si può bere?

    Gli adulti, fatta eccezione per le donne in gravidanza, possono assumere circa mezzo cucchiaino di bicarbonato diluito in almeno 125ml di acqua, equivalenti a circa mezzo bicchiere.

    Va notato che sulle confezioni di bicarbonato di sodio commercializzate negli Stati Uniti si specifica che tale dosaggio può essere assunto ogni 2 ore, senza però superare nell’arco delle 24 ore i sette cucchiaini e mezzo o i tre cucchiaini e mezzo in caso si abbia più di 60 anni12. Si raccomanda anche di non superare le due settimane consecutive di assunzione.

    Usa il bicarbonato di sodio per il bruciore di stomaco

    Trattare il bruciore di stomaco con bicarbonato di sodio potrebbe essere proprio un trucchetto salvavita, poiché questo rimedio casalingo si trova in quasi tutte le credenze. Forse non sai nemmeno di averlo in casa! Il potere del bicarbonato di sodio deriva dalla sua capacità di neutralizzare l’acido gastrico e quindi calmare il bruciore all’esofago.

    Quando avverti bruciore, sciogli un po’ di bicarbonato di sodio (circa un cucchiaino) in un bicchiere d’acqua e bevilo lentamente. Ma prima di correre in cucina e vedere se ce n’è ancora, un’altra avvertenza: non usare il lievito in polvere o cose simili, solo il bicarbonato di sodio! E se stai seguendo una dieta a basso contenuto di sodio, faresti meglio a consultare un medico prima di usare il bicarbonato di sodio per il bruciore di stomaco.

    Quando non usare il bicarbonato di sodio

    Gli effetti collaterali del bicarbonato di sodio possono essere più frequenti o intensi in soggetti affetti da particolari condizioni.

    Innanzitutto il bicarbonato, per il suo elevato contenuto di sodio, non dovrebbe essere utilizzato in soggetti affetti da:

    • insufficienza renale.

    I pazienti che assumono diuretici non dovrebbero utilizzare il bicarbonato di sodio, non solo per il suo contenuto di sodio, ma anche per il rischio di ipokaliemia13.

    Il bicarbonato non andrebbe somministrato in bambini di età inferiore a 5 anni. Casi di convulsioni e depressione respiratoria sono stati segnalati in questa fascia d’età1415. In particolare la crisi si è verificata in un bambino di 6 settimane che aveva ricevuto “un pizzico” di bicarbonato dalla madre per aiutarlo a ruttare.

    Vediamo lo studio:

    Obiettivo: indagare l’efficacia e la sicurezza dell’acqua minerale ad alto contenuto di idrogeno carbonato (bicarbonato) nei pazienti con bruciore di stomaco.

    METODI:

    Questo studio pilota clinico aperto, monocentrico, a braccio singolo ha arruolato 50 pazienti, di età compresa tra 18 e 64 anni, che avevano sofferto di bruciore di stomaco almeno due volte a settimana per almeno 3 mesi prima di entrare nello studio. Il trattamento farmacologico del bruciore di stomaco non era consentito e venivano esclusi i pazienti con gravi malattie organiche.

    RISULTATI:

  • e la durata media dei sintomi di bruciore di stomaco di 19 minuti (ITT) (P = 0,002).
  • CONCLUSIONE:

    L’acqua è la miglior bevanda per spegnere i bruciori di stomaco

    Sembra quasi impossibile, ma tra le tutte bevande esaminate in soggetti sofferenti di disturbi occasionali allo stomaco, l’acqua è ancora risultata la migliore scelta per spegnere i bruciori. Certo, non è che l’acqua sia un metodo di cura da scegliere se i disturbi persistono, ma sapendo questo fatto si potrebbe evitare di ricorrere subito e costantemente all’uso dei farmaci che sappiamo essere portatori di molteplici problemi accessori e non desiderati.

    Vediamo lo studio tradotto:

    Associazione tra assunzione di bevande e incidenza dei sintomi da reflusso gastroesofageo
    PMID: 31786327 DOI: 10.1016/j.cgh.2019.11.040

    Astratto

    Contesto e obiettivi: ai pazienti viene spesso consigliato di eliminare caffè, tè e/o soda per ridurre i sintomi del reflusso gastroesofageo (GER), come bruciore di stomaco o rigurgito. Tuttavia, non c’erano dati provenienti da studi prospettici a supporto di queste raccomandazioni.

    Metodi:

    Risultati:

    Conclusioni:

  • Al contrario, il consumo di acqua, succhi o latte non era associato ai sintomi del GER.
  • Bere acqua invece di caffè, tè o soda ha ridotto il rischio di sintomi di GER.
  • Effetto fisiologico come indicato in confezione: Cannella, zenzero, pepe nero, finocchio, chiodi di garofano e menta piperita agiscono favorevolmente sulle funzioni fisiologiche della digestione.

    Dose giornaliera raccomandata: 6 compresse (2 compresse tre volte al giorno dopo i pasti principali).

     


    ZENZERO
    traduzione dello studio sullo ZENZERO

    Astratto

    Helicobacter pylori è stato identificato come un importante ulcerogeno in aggiunta allo stress ossidativo e ai farmaci antinfiammatori non steroidei. In questo documento, riportiamo le frazioni fenoliche senza zenzero (GRFP) e le frazioni fenoliche idrolizzate allo zenzero (GRHP) dello zenzero (Zingiber officinale) come potenti inibitori della crescita di PPA e H. pylori.

    GRFP e GRHP hanno inibito PPA a un IC(50) di 2,9 +/- 0,18 e 1,5 +/- 0,12 microg/mL, esibendo una potenza da sei a otto volte migliore rispetto al lansoprazolo. GRFP è costituito da acidi siringico (38%), gallico (18%) e cinnamico (14%) e GRHP da acido cinnamico (48%), p-cumarico (34%) e caffeico (6%) come principali acidi fenolici.

    GRFP e GRHP hanno inoltre mostrato scavenging dei radicali liberi (IC(50) 1,7 +/- 0,07 e 2,5 +/- 0,16), inibizione della perossidazione lipidica (IC(50) 3,6 +/- 0,21 e 5,2 +/- 0,46), protezione del DNA (80% a 4 microg) e capacità di potere riducente (80-338 U/g) che indicano forti proprietà antiossidanti.

    Zenzero Attivo – Integratore alimentare a base di Zenzero

    Benefici

    Tradizionalmente lo Zenzero viene utilizzato per: sostenere le funzioni digestive, contrastare la nausea e le tensioni localizzate, favorire il benessere articolare, contrastare i dolori del ciclo mestruale, contrastare le affezioni che possono interessare le alte vie respiratorie, come mal di gola e raffreddore.
    Vanta inoltre proprietà benefiche sulla circolazione sanguigna e sulla funzionalità dei vasi sanguigni.


    Astratto

    I rizomi di Zingiber officinale Roscoe (Zingiberaceae), comunemente noto come zenzero, sono un’importante spezia da cucina e possiedono anche una miriade di benefici per la salute. I rizomi sono stati utilizzati fin dall’antichità nei vari sistemi di medicina tradizionale per curare artriti, reumatismi, distorsioni, dolori muscolari, dolori, mal di gola, crampi, ipertensione, demenza, febbre, malattie infettive, catarro, malattie nervose, gengiviti, mal di denti, asma, ictus e diabete.

    Lo zenzero è anche usato come rimedio casalingo ed è di immenso valore nel trattamento di vari disturbi gastrici come costipazione, dispepsia, eruttazione, gonfiore, gastrite, disagio epigastrico, ulcere gastriche, indigestione, nausea e vomito e studi scientifici hanno convalidato gli usi etnomedicinali.

    Lo zenzero si è anche dimostrato efficace nella prevenzione delle ulcere gastriche indotte da farmaci antinfiammatori non steroidei [FANS come indometacina, aspirina], reserpina, etanolo, stress (ipotermico e nuoto), acido acetico e ulcerazioni gastriche indotte da Helicobacter pylori negli animali da laboratorio.

    Vari studi preclinici e clinici hanno anche dimostrato che lo zenzero possiede effetti antiemetici contro diversi stimoli emetogeni. Tuttavia, rapporti contrastanti, specialmente nella prevenzione della nausea e del vomito indotti dalla chemioterapia e della chinetosi, ci impediscono di trarre conclusioni definitive sulla sua efficacia come antiemetico ad ampio spettro.

    Questa recensione riassume i vari effetti gastroprotettivi dello zenzero e sottolinea anche gli aspetti che garantiscono la ricerca futura per stabilire la sua attività e utilità come agente gastroprotettivo nell’uomo.

    https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23612703/

     

    Zenzero – Capsule

    È utile per favorire le funzioni digestive, la regolarità gastrointestinale.

    Lo zenzero agisce come antinausea.

    Modalità di utilizzo: 1-2 capsule al giorno preferibilmente dopo i pasti.


    (soliti prescritti omeprazolo)
    In sintesi questi studi indicano che un uso prolungato e continuativo degli Inibitori di Pompa Protonica (pantoprazolo, lansoprazolo e omeprazolo) può portare alle seguenti conseguenze:
    • Carenza di magnesio
    • Carenza di vitamina B12
    • Carenza di Vitamina C
    • Proliferazione batterica dell’intestino tenue
    • Calcoli renali
    • Demenza
    • Polmonite
    • Asma
    • Cancro al Pancreas, esofago e stomaco
    • Peritonite batterica
    • Gastroenterite da C Difficile
    • Infezioni ospedaliere
    • Frattura anca ed osteoporosi
    • Infarto del miocardio
    Scopri cos’è il Bicarbonato di magnesio, un altro rimedio utile ed alla portata di tutti



    L’Artrite Reumatoide
    Migliora con Vitamina D, Omega3, Magnesio, NAC ed Alimentazione

    L’artrite di qualsiasi origine è una condizione molto debilitante e tendente a cronicizzare ed avere fasi di riacutizzazione del dolore ed infiammazioni caratteristiche nelle diverse zone articolari.

    Vedremo in questa raccolta di ricerche come risolvere e/o migliorare attraverso l’ausilio di cure non farmacologiche.

    Innanzitutto vedremo come si presenta per definizione l’artrite, le cause, e come si diagnostica. Passeremo poi a trattare una serie di rimedi naturali e vedremo che ogni sito proporrà cure naturali diverse. La loro efficacia è dipendente da vari fattori, quindi si trovano in rete diverse soluzioni ma non definitive.

    Nella medicina ufficiale non vi sono rimedi duraturi contro il dolore se non cortisone ed antidolorifici, ma pare riscontrata anche da questa una forte correlazione fra l’artrite e l’alimentazione come agente infiammatorio. Ed ognuno avrà da proporre una dieta diversa con variabili sulla sensibilità ed efficacia  alla dieta scelta.

    Lo studio sulla relazione della artrite con la carenza della Vitamina D sembra poco preso in considerazione perché è stato fatto su un piccolo numero di soggetti, ma potrebbe comunque essere decisivo ad affrontare meglio il dolore nelle artriti, così come lo fa anche per altri tipi di dolore cronico. Tuttavia la vitamina D è stata riscontrata efficace nelle malattie autoimmuni (come lo è l’artrite reumatoide) attraverso l’uso di alti dosaggi di Vitamina D.

    Oltre all’uso della Vitamina D, Omega 3 e Magnesio, presentiamo infine dei siti medici che affrontano questa patologia con altri rimedi naturali, non invasivi come Curcuma, diversi rimedi fitoterapici e N-Acetilcisteina (NAC).


    Definizione di Artrite

    ArtriteLe articolazioni sono strutture anatomiche che mettono in reciproco contatto due o più ossa e che sono fondamentali per le funzioni di sostegno e mobilità dello scheletro umano.
    Cos’è l’artrite? Un’artrite è una qualsiasi condizione infiammatoria che coinvolge una o più articolazioni. 
    infiammazione a carico di una o più articolazioni.
    Esistono diversi tipi (o forme) di artrite, ognuno con cause e caratteristiche peculiari.
    Le cause che ne inducono la comparsa possono avere natura traumatica, metabolica, infettiva, autoimmune o idiopatica.
    osteoartrite e l’artrite reumatoide.

    Diagnosi

    fattore reumatoide (FR) e gli anticorpi anti peptidi ciclici citrullinati (anti-CCP).  Tali anticorpi non sono specifici ma la loro presenza, in soggetti che hanno un quadro clinico caratteristico, assume un ruolo importante non solo per la fase diagnostica ma anche per quella prognostica. Si è infatti visto che alti livelli di fattore reumatoide ed anticorpi anti-CCP durante le prime fasi della malattia sembrano associarsi ad un maggiore rischio di danno articolare severo. Va segnalato che questi anticorpi possono essere presenti anche in soggetti che hanno altre malattie ma anche in persone sane e che circa il 35% dei pazienti affetti da artrite reumatoide non presenta nel loro sangue questi anticorpi.

    Sintesi, assorbimento e metabolismo della Vitamina D I benefici sul Dolore

    Artrite reumatoide e Vitamina D

    Vivere quotidianamente senza dolore è qualcosa che viene facilmente dato per scontato da coloro che non hanno sperimentato dolore cronico. Oltre ai dolori e ai dolori quotidiani, convivere con il dolore cronico può devastare il proprio stato mentale, poiché nel tempo affrontarlo può causare esaurimento, disperazione e frustrazione.

    disfunzione del sistema immunitario, come l’artrite reumatoide (AR). L’artrite reumatoide è una condizione autoimmune in cui il sistema immunitario del corpo attacca erroneamente le articolazioni, provocando dolore, gonfiore e rigidità in queste aree.

    ruolo della vitamina D nelle condizioni autoimmuni, poiché è stato scoperto che svolge un ruolo nella regolazione del sistema immunitario e dell’infiammazione.

    Tutti gli individui sono stati testati per diversi valori clinici tra cui proteina C-reattiva, un marker di infiammazione, insulina nel sangue, glicemia, HOMA-IR, un marker di insulino-resistenza e livelli di 25(OH)D.

    Questo è ciò che hanno scoperto i ricercatori:

    sistema alimentare che spesso consigliamo ai nostri pazienti, a partire dalla ricca prima colazione, mira specificamente a controllare e orientare la produzione delle adipochine rilasciate dal tessuto adiposo.

    La relazione stratta tra obesità, allergie e artrite sta aiutando a comprendere perché la scelta di una prima colazione di solo pane e marmellata è peggiore di quella di un uovo sodo insieme ai cereali mischiati con qualche seme oleoso.

    prodotti come la Curcuma, con azione sull’infiammazione e sulla regolazione delle adipochine allo stesso tempo.

    Olio di Perilla come regolatore dell’infiammazione attraverso il suo apporto naturale di omega 3 vegetali.

    I benefici della Serrapeptasi scientificamente provati sulle infiammazioni

     


    Migliorare i sintomi dell’artrite reumatoide con la dieta

    da MSD Salute

    La dieta può essere un valido alleato per alleviare i sintomi dei pazienti affetti da artrite reumatoide. Questa è una malattia infiammatoria cronica sistemica che colpisce le articolazioni e le ossa, causando dolori che hanno un impatto negativo sulla qualità della vita.

    Gli approcci più comuni per ridurre le sofferenze dei pazienti includono l’adozione di uno stile di vita vegetariano o gluten free, della dieta elementare e, in alcuni casi, del digiuno. Si fa anche uso di supplementi alla dieta, come gli acidi grassi polinsaturi omega-3. Tuttavia, ancora non esistono delle linee guida specifiche da seguire.

    Al fine di comprendere quali siano gli approcci migliori che diano reali benefici alla vita dei soggetti affetti dalla malattia, i ricercatori dell’Università di Nicosia di Cipro e il King’s College di Londra hanno svolto una revisione sistematica di 70 studi clinici.

    L’articolo, pubblicato su “Nutrition reviews” il 9 marzo 2021, ha dimostrato che alcuni piani alimentari possono effettivamente migliorare i sintomi dell’artrite reumatoide.
    Ad esempio, la somministrazione di omega-3 ad alte dosi riduce l’infiammazione e il rischio di comorbilità.

    La dieta mediterranea, ben bilanciata, non restrittiva con proprietà anti-infiammatorie, antiossidanti e cardioprotettive, ha dimostrato apportare un discreto miglioramento in alcune misure relative alla malattia.

    Il digiuno, invece, sebbene sia utile nel migliorare i sintomi della malattia, non è un comportamento sostenibile e i benefici sono transitori.

    Per quanto riguarda gli studi sulla dieta proteica o dieta elementare, che comprende aminoacidi, grassi, zucchero, vitamine e minerali, i risultati suggeriscono che la risposta è molto individuale.

    La dieta vegetariana/vegana apporta dei vantaggi che potrebbero essere collegati al miglioramento della flora intestinale.

    In linea generale, migliorare i sintomi dell’artrite reumatoide si può: bisogna aumentare l’apporto di cibi anti-infiammatori e diminuire quelli pro-infiammatori. La stesura del piano alimentare dovrebbe essere sempre affidata ad un medico o ad un esperto dell’alimentazione.

    Fonte: Nutr Rev. 2021

    Curcuma

    Curcuma: un potente antinfiammatorio naturale contro i dolori articolari

    A Randomized, Pilot Study to Assess the Efficacy and Safety of Curcumin in Patients with Active Rheumatoid Arthritis

    Astratto

    I pazienti in tutti e tre i gruppi di trattamento hanno mostrato cambiamenti statisticamente significativi nei loro punteggi DAS. È interessante notare che il gruppo curcumina ha mostrato la più alta percentuale di miglioramento nei punteggi DAS e ACR complessivi (ACR 20, 50 e 70) e questi punteggi erano significativamente migliori rispetto ai pazienti nel gruppo diclofenac sodico.

    Ancora più importante, il trattamento con curcumina è risultato sicuro e non correlato ad alcun evento avverso.

    Il nostro studio fornisce la prima prova della sicurezza e della superiorità del trattamento con curcumina nei pazienti con AR attiva e sottolinea la necessità di futuri studi su larga scala per convalidare questi risultati nei pazienti con AR e altre condizioni artritiche. Copyright © 2012 John Wiley & Sons, Ltd.


    Su GreenMe, invece, propongono queste cure naturali:

    Artrite curata con la Fitoterapia

    dal sito Cure naturali

    I rimedi antinfiammatori per l’artrite:

    Tra i rimedi fitoterapici antinfiammatori più utilizzati per le artriti, principalmente di tipo cronico troviamo:

    • salicilato vegetale“, la pianta svolge azione antinfiammatoria, analgesica e antipiretica, perché inibisce la sintesi delle prostaglandine (PGE2), responsabili del dolore e del processo infiammatorio dei tessuti. Viene perciò utilizzata per alleviare gli stati dolorosi causati da artrosi, artrite reumatoide, dolori articolari, mal di denti, mal di schiena e cervicale. Tuttavia a differenza dei farmaci antinfiammatori di sintesi, la spirea non presenta azione ulcerogena (gastrite, ulcera), effetto collaterale di questa categoria di farmaci. La presenza delle mucillagini, infatti, conferisce alla spirea un’azione protettiva per le mucose, in grado di ridurre gli spasmi e i processi erosivi delle pareti gastriche. 
    • azione antiinfiammatoria e quella protettiva delle cartilagini. In generale, i fanghi svolgono un’azione drenante, analgesica e miorilassante, stimolante dei processi metabolici, e della resistenza verso agenti patogeni; aiutano a pulire e a disintossicare la pelle, perchè assorbono le tossine e scorie e ci restituiscono una cute levigata, morbida e purificata.

    MSM (Metilsulfonilmetano) Il minerale dalle molteplici proprietà

    Artrite reumatoide e N-Acetilcisteina (NAC)

    Astratto

    L’artrite reumatoide (AR) è considerata una condizione autoimmune in cui la sovrapproduzione di citochine pro-infiammatorie porta a una cascata infiammatoria. La N-acetilcisteina (NAC) è un potente agente antinfiammatorio e antiossidante. Abbiamo mirato a esplorare l’impatto della NAC orale sulle attività delle citochine e sugli indicatori clinici nei pazienti affetti da AR.

    In questo studio clinico randomizzato in doppio cieco controllato con placebo, 41 pazienti affetti da AR attiva sono stati assegnati al NAC (600 mg, due volte al giorno) o al gruppo placebo, come terapia aggiuntiva al regime di routine, per 8 settimane. Il punteggio dell’attività della malattia con una velocità di eritrosedimentazione (DAS28-ESR) e le concentrazioni sieriche di interleuchina (IL)-1β e IL-17 sono state valutate al basale e alla fine dello studio per tutti i partecipanti ai gruppi di test e di controllo.

    La riduzione del DAS28-ESR è stata considerevolmente maggiore nel gruppo NAC rispetto a quella del gruppo di controllo. Non sono state osservate differenze statisticamente significative nella riduzione delle citochine IL-1β e IL-17 tra il NAC e i gruppi di controllo. Inoltre, i miglioramenti nella valutazione globale del paziente, nel numero di articolazioni dolenti, nel numero di articolazioni gonfie e nei tassi di VES erano a favore del gruppo NAC. I nostri risultati rivelano che la NAC può avere un effetto benefico su tutte le caratteristiche cliniche dell’AR. Tuttavia, variazioni non significative nei livelli di IL-1β e IL-17 suggeriscono un modo alternativo di efficacia NAC senza influenzare le citochine misurate. Tuttavia, questi risultati devono essere confermati da ulteriori indagini.

    ALTRI ARTICOLI SULLA NAC pubblicati su Vitamineral


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    Terapia Anticoagulante: È giusto evitare la vitamina K2?

    Di solito si dice che la Vitamina K2 interferisce con gli anticoagulanti, ma come vi suona se vi dicessi che sono gli anticoagulanti antagonisti della vitamina K2 (coumadin, warfarin ecc) ad interferire creando carenza di K2 e conseguenti calcificazioni?

    Gli anticoagulanti creano la carenza di vitamina K2 perché sono degli antagonisti di questa vitamina e sono stati creati apposta per impedire che avvenga la coagulazione del sangue e la vitamina K2 interferisce perché getta benzina sul fuoco, ma piccole dosi di K2 non interferirebbero sulla terapia se questa fosse impostata anche sulla base della dieta del paziente.

    Già dal 2016 era noto uno studio su questo argomento, ma nessuno dei medici responsabili dei centri TAO ha ancora cambiato strategia e le notizie in rete si son ben radicate sulla convinzione errata, alimentata anche dai medici che istruiscono i pazienti sotto terapia anticoagulante a non assumere vitamine K. (né la K1 né la K2)

    Tuttavia, non essendo noi medici esperti e nemmeno cardiologi consigliamo di agire sempre in accordo con il medico che vi ha in cura e se volete potete anche informarvi sul sito Anticoagulanti.it dove troverete risposta alle domande già fatte da altri pazienti.

    Una fra tutte le risposte vorrei sottolineare questa:

     

     

     

     

     

    Vitamin K antagonists and cardiovascular calcification: A systematic review and meta-analysis

    Traduzione dello studio uscito nel 2022

    Antagonisti della vitamina K e calcificazione cardiovascolare:
    una revisione sistematica e una meta-analisi

    Riassunto

    Contesto:

    Metodi: abbiamo condotto una ricerca sistematica nella letteratura per identificare gli studi che hanno riportato calcificazione vascolare o valvolare in pazienti trattati con VKA. Le associazioni tra uso di VKA e calcificazione sono state analizzate con modelli di varianza inversa con effetti casuali e riportate come rapporti di probabilità (OR) e intervalli di confidenza del 95% (IC 95%). Inoltre, sono state utilizzate analisi di meta-regressione univariate per identificare eventuali moderatori di effetto.

    Conclusione:
    la calcificazione vascolare e valvolare sono potenziali effetti collaterali della VKA. Il significato clinico di questi effetti collaterali sugli esiti cardiovascolari merita ulteriori indagini.

    Quindi quando i medici vi dicono non puoi prendere la K2 perché fai gli anticoagulanti (non parlo di aspirina né di eparina), dategli questo studio e girategli la frittata.

    Che succede a chi fa gli anticoagulanti?
    , ovvero le ostacola a non essere troppo attive. Il medico per trovare un dosaggio esatto del farmaco, che non sia troppo e nemmeno troppo poco, deve controllare spesso i fattori INR (all’inizio anche ogni settimana) poi via via ci si stabilizza con il dosaggio e si riducono i controlli delle analisi.

    È una terapia molto rischiosa se non si fa nei giusti dosaggi, perché se troppa si rischia di creare dei veri danni per il paziente, quindi si sa, c’è della tensione da parte dei sanitari e tutti devono stare zitti.

    In questa prima fase il medico non vuole interferenze per stabilire il dosaggio dell’anticoagulante e quindi raccomanda di non assumere ortaggi a foglia verde che contengono vitamina K1 e di non assumere integratori di vitamina K2, altrimenti fa “troppa fatica” a trovare i dosaggi giusti.
    Capisco questa difficoltà, anzi no, non la capisco…

    Ma questi medici non sanno che avere una carenza di vit K2 dovuta agli anticoagulanti è altrettanto grave è sconveniente per il paziente?

    Di fatto poi la dieta senza verdure a foglia verde continuerà per sempre e quindi niente vitamina K1, niente vitamina K2 sennò si sballano i valori di INR e tocca ricambiare i dosaggi, e il medico si scoccia.
    Ma perché è sempre il paziente a doversi adattare alle comodità dei sanitari, modificando stile di vita già abbastanza provati dalla patologia, e non i medici ad avere l’abilità di trovare il dosaggio giusto che sarebbe il loro mestiere?
    Non me ne vogliano i medici, ma quanto dico è confermato dal dr Marco Moia, che anni fa, come presidente dei centri TAO (Terapia Anticoagulante) era stato chiaro in una intervista, e diceva che la vitamina K2 poteva e doveva essere inserita, a piccoli dosaggi (45mcg) ma non sospesa.

    Dosaggi piccoli di vitamina K2 per chi fa anticoagulanti (dr Marco Moia)

    Riguardiamo lo studio del 2016 qui tradotto a cui sicuramente si è riferito il dr Marco Moia

    Astratto

    Sono stati inclusi due studi interventistici dietetici e 9 studi osservazionali.

    In conclusione:

    Le prove disponibili non supportano l’attuale consiglio di modificare le abitudini alimentari quando si inizia la terapia con VKA. La limitazione dell’assunzione dietetica di vitamina K non sembra essere una strategia valida per migliorare la qualità dell’anticoagulazione con gli AVK. Sarebbe, forse, più rilevante mantenere un’abitudine alimentare stabile, evitando ampi cambiamenti nell’assunzione di vitamina K.


    Sono stati fatti degli studi anche sugli anticoagulanti diversi da Coumadin, detti di “nuova generazione” e non antagonisti della K, e fra i pazienti che li usavano non è stata trovata alcuna calcificazione vascolare.
    Lo studio

    Antagonisti della vitamina K, anticoagulanti orali non antagonisti della vitamina K e calcificazione vascolare in pazienti con fibrillazione atriale.

    Astratto

    Contesto Gli antagonisti della vitamina K (AVK) sono associati alla calcificazione delle arterie coronarie nelle popolazioni a basso rischio, ma il loro effetto sulla calcificazione delle grandi arterie rimane incerto.

    non antagonisti della vitamina K sulla calcificazione vascolare non è noto. Abbiamo studiato l’influenza dell’uso di VKA e NOAC sulla calcificazione dell’aorta e della valvola aortica.

    Metodi

    Risultati

    Di 236 pazienti (33% donne, età: 58 ± 9 anni), 71 (30%) hanno utilizzato AVK (durata mediana: 122 settimane) e 79 (34%) hanno utilizzato NOAC (durata mediana: 16 settimane). La regressione logistica aggiustata per il punteggio di propensione ha rivelato che l’uso di VKA era significativamente associato con AsAC (odds ratio [OR]: 2,31; intervallo di confidenza 95% [CI]: 1,16-4,59; p = 0,017) e DAC (OR: 2,38; 95% CI: 1,22-4,67; p = 0,012) e una tendenza nell’AVC (OR: 1,92; IC 95%: 0,98-3,80; p = 0,059) rispetto alla non terapia anticoagulante.

    Questa associazione era assente nei NOAC rispetto ai non anticoagulanti (AsAC OR: 0,51; 95% CI: 0,21-1,21; p = 0,127; DAC OR: 0,80; 95% CI: 0,36-1,76; p = 0,577; AVC OR: 0,62; IC 95%: 0,27-1,40; p = 0,248).

    Conclusione

    Questo studio trasversale mostra che l’uso di VKA (Anticoagulanti Warfarinici, Coumadin) sembra contribuire alla calcificazione vascolare.
    L’effetto di calcificazione non è stato osservato negli utilizzatori di NOAC. (Anticoagulanti di nuova generazione no-k-dipendenti)


    Riferimenti

     

    Scopri altre informazioni sulla vitamina K2 leggendo il libro di Kate Rhéaume-Bleue

    La Vitamina che ti farà Vivere 100 Anni — Libro

    Il miracolo della Vitamina K2

    Kate Rhéaume-Bleue



    • Prima di assumere vitamina K2 con terapia anticoagulante in corso,
    • CHIEDI AL TUO MEDICO,
    • La Vitamina K2 essendo liposolubile va assunta con un pasto generalmente condito di grassi (olio ev di oliva, ecc)
      Per chi fa anticoagulanti viene consigliato il dosaggio più basso di 40-50 mcg.

      Non sempre è facile trovare tale dosaggio, pertanto si può

      • se avete la dose di una capsula da 100 mcg., assumerla a giorni alterni
      • se avete la compressa da 100 mcg può essere divisa in due e presa giornalmente
      • se avete la dose in capsula da 200 mcg. assumetela solo una volta alla settimana

       

      VITAMINA K2 SYGNUM

      1 goccia=20mcg
      2 gocce=40mcg

       

       

      Vitamina K2 Nutriva in compresse da 105 mcg

      Le compresse di solito possono essere divise in due e quindi prendere metà dose

       

       

       

      Vitamina K2 200 mcg Prinfit in capsule

      K2-MK7 (Menaquinone)

      1 capsula al giorno con un pasto (lontano dalla vitamina D3)

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    La rimozione della colecisti e la carenza di vitamina D

    Che cos’è la colecisti?

    La colecisti (detta anche cistifellea) è un organo lungo circa 7-10 cm posto sulla faccia inferiore del fegato, che ha la funzione di concentrare la bile, un liquido di colore giallo-verde che viene riversato attraverso un condotto chiamato dotto coledoco nella prima parte dell’intestino (duodeno) durante il processo digestivo.

    La bile è una miscela di sostanze dotata di diverse funzioni, tra le più importanti si riconoscono

    I disturbi più comuni della cistifellea sono legati a condizioni che causano il blocco del flusso della bile attraverso i dotti biliari, tipicamente calcoli. I calcoli biliari si formano quando le sostanze nella bile precipitano a formare particelle solide, come piccoli sassolini. Più raramente la causa del blocco può essere un tumore all’organo.

    l’asportazione della colecisti non compromette i normali processi digestivi.

    Cosa mangiare dopo un intervento alla cistifellea?

    tratto da Eurosalus di Attilio Speciani

    In una prima fase sarà utile limitare gli alimenti irritanti come il caffè, il cioccolato, le spezie, gli alcolici, i grassi cotti, i formaggi, i salumi, i fritti, le uova, il burro, la margarina, le carni affumicate e la frutta secca.

    Si consiglia di preferire i cereali integrali (riso, pasta, pane tostato ecc.), gli alimenti ricchi di fibre (verdura e frutta) e le proteine digeribili del pesce e della carne bianca.

    In questi casi, è importante consultare il proprio medico, che valuterà la possibilità di affiancare alla dieta integratori alimentari a base di carciofo, boldo e cardo mariano, utili per depurare o stimolare il fegato.


    Se avete già formato dei calcoli biliari ed ancora siete indecisi se operarvi o meno, potrebbe essere utile leggere alcune teorie confermate da studi circa la relazione fra calcoli di ogni tipo e la carenza di magnesio.

    Pare che essendo scarso il magnesio ci sia una eccesso di calcio.

    Alcuni indicano il Magnesio Cloruro tra i preferiti da integrare, altri nel caso dei calcoli prediligono il Magnesio Citrato.

    Il magnesio Cloruro utile contro i calcoli

    CALCOLI BILIARI

    I calcoli possono presentare una dimensione che va da pochi millimetri a qualche centimetro. Si presentano come formazioni dure simili a sassi. Colpisce circa il 10 – 15% della popolazione e sembra avere una preferenza per il sesso femminile (soprattutto dovuto a gravidanze multiple, obesità o dimagrimenti rapidi).
    I calcoli biliari sono essenzialmente di due tipi: i calcoli di colesterolo e i calcoli pigmentati, a loro volta distinti in bruni e neri.

    Perché si formano i calcoli biliari?

    Le cause di formazione di questi calcoli sono differenti a seconda del tipo di calcolo.
    I calcoli di colesterolo rappresentano il 70% circa dei calcoli nei paesi occidentali. In questi casi il fegato produce una bile satura in colesterolo (a causa del mancato equilibrio, per esempio, con i sali biliari e i fosfolipidi). Questo mancato equilibrio porterà ad un’emissione di bile satura in colesterolo che favorirà la formazione di calcoli.
    Nei calcoli pigmentati troveremo invece della bilirubina non coniugata che si combinerà e precipiterà col calcio, in modo da formare bilirubinati di calcio. I calcoli pigmentati bruni si associano normalmente ad infezioni (si riscontrano più che altro in Asia), mentre quelli neri sono normalmente concomitanti a malattie del sangue o si riscontrano in pazienti cirrotici: si riscontrano solo nella colecisti.

    La vitamina k2 è molto decalcificante, ad esempio.

    “Contrariamente a quanto si crede, la carenza di magnesio può essere riscontrabile anche fra chi ha calcoli biliari, calcoli renali e depositi di calcio nelle giunture e può essere riscontrabile anche fra coloro che lo integrano regolarmente”.

    Una delle ragioni di ciò è che lo stress causato dal moderno stile di vita tende a incidere sulle riserve di magnesio molto più rapidamente di quanto si possa immaginare.

    Il calcio, un grande minerale, necessita del magnesio per poter essere assimilato dal nostro corpo. Il calcio stesso, comunque, non dovrebbe essere mai assunto da solo, poiché elimina il magnesio dalle varie parti del corpo per poter essere assimilato. Ciò determina una carenza di magnesio e conseguentemente può far sì che ci si senta peggio.
    Questo può accadere a coloro che hanno un regime alimentare molto ricco di latte e latticini. Il latte, infatti, è composto da circa otto parti di calcio contro una di magnesio.
    L’eccesso di calcio nell’organismo forma dei depositi quali calcoli biliari, calcoli renali e depositi di calcio nelle giunture.
    È dimostrato come tutte queste manifestazioni si attenuino con l’assunzione di magnesio, soprattutto sotto forma di bevanda.


    Quindi essendo la vitamina D una vitamina Liposolubile andiamo ora ad affronatre la relazione con la colecisti e vedere se ci sono difficoltà ad assorbirla in caso di colecistectomia, ovvero asportazione della colecisti.

    Benché senza la colecisti sia possibile vivere perché non è un organo vitale, e le funzioni digestive siano conservate, si rileva che si ricorre con troppa facilità alla chirurgia per risolvere problemi di colestasi, cioè blocco dei dotti della colecisti.

    Tuttavia, se siete senza colecisti sappiate che è possibile assorbire lo stesso la vitamina D ed anche le altre vitamine Liposolubili come hanno testimoniato alcuni utenti nel Gruppo FB Vitamina D che integravano Vitamina D ed erano senza colecisti.

    Il lavaggio Epatico

    Benché parte della comunità scientifica sia poco incline a credere che i lavaggi del fegato servano ad eliminare i calcoli della colecisti voglio comunque farvi conoscere questa pratica che ho sperimentato una volta e anche senza avere calcoli è molto efficace per pulire il fegato disintossicarsi e fa sentire molto bene.

    Per conoscere meglio la procedura invito a leggere il libro e seguire il gruppo Facebook.

    Un formidabile metodo fai da te per ottenere il massimo in termini di salute e benessere, e molto altro ancora!

    In questa edizione riccamente ampliata del suo bestseller internazionale, Andreas Moritz rivela la causa di una patologia molto frequente ma poco riconosciuta, ovvero la presenza di calcoli che congestionano i dotti biliari nel fegato.

    Il fegato è l’organo responsabile della distribuzione e del mantenimento costante di “carburante” a tutto l’organismo. Agisce come una vera e propria stazione di depurazione che neutralizza gli effetti nocivi di tutto quello che ogni giorno ingeriamo.

    Depurando circa un litro e mezzo di sangue al minuto e fornendo la quantità necessaria di sostanze nutritive e di energia, il fegato garantisce il delicato equilibrio che ci mantiene in perfetta salute. Ma non sempre funziona al massimo delle sue capacità.

    I calcoli biliari, formando delle ostruzioni al suo interno, possono ridurre in maniera considerevole il funzionamento del fegato ed è per questo che la loro presenza impedisce un buon stato di salute e vitalità, oltre che essere una delle maggiori cause di malattia.

    Oltre a illustrare le procedure pratiche per la pulizia di fegato, colecisti, reni e intestino, Moritz spiega nei minimi dettagli l’origine di tutte le patologie più comuni e come prevenirle o farle regredire naturalmente.

    Lavaggio epatico – Migliorare la propria salute

    Sembra che
    • ➡️ Bassi livelli di vitamina D possono causare la formazione di calcolosi della colecisti
    • ➡️ la rimozione della colecisti può ridurre i livelli di vitamina D e magnesio (opinioni contrastanti/prova)
    Ci sono anche molti altri modi per incrementare la vitamina D in caso che la cistifellea fosse stata rimossa o funzionare male
    Vitamina D per intestini sensibili, sublinguale, per uso cutaneo, dal sole, dalle lampade UV, ecc

    25-idrossivitamina D livelli e la valutazione della densità minerale ossea in pazienti con colecistectomia: uno studio caso-controllo.
    Ekiz T1, Yegen SF2, Katar MK2, Genç Ö3, Genç S3.
    Questo studio ha confrontato i valori di 25-hyrdoxyvitamin (OH) D la densità ossea e minerale (BMD) di pazienti con e senza colecistectomia. Sebbene 25 (OH) D erano significativamente inferiore nel gruppo colecistectomia (12,1 ± 6,2 vs 15,6 ± 6,6 ng / mL), è stata osservata alcuna differenza significativa tra i gruppi in termini di misurazioni BMD.
    INTRODUZIONE:
    Sebbene 25 (OH) D sono stati studiati e risultati inferiori nei pazienti con colecistectomia, i dati sono scarsi per quanto riguarda la BMD. Perciò, lo scopo di questo studio era di confrontare i valori di 25 (OH) D e BMD dei pazienti con colecistectomia e senza colecistectomia.
    METODI:
    RISULTATI:
    In conclusione, alla luce dei nostri risultati, i pazienti colecistectomia sembrano avere più basso livello di livelli D 25 (OH) rispetto ai soggetti sani, ma entrambi i gruppi hanno valori di BMD simili. Ulteriori studi nei disegni di coorte, tenendo conto della formazione delle ossa e dei marker di riassorbimento sono attesi.
    PMID: 29500745 DOI: 10.1007 / s11657-018-0435-7

     

    Implicazioni della carenza di vitamina D nei pazienti litiasici e nella popolazione generale

    Astratto
    Contesto e obiettivo

    Acquisizione prove

    Sintesi delle prove

    Conclusione

    i livelli di vitamina D dovrebbero essere misurati in tutti i pazienti litiasici e quelli con carenza di vitamina D dovrebbero essere trattati.


    https://www.vitamineral.it/integratori-di-vitamina-d-colecalciferolo-come-prodotto-biologico/

    Magnesio: quale scegliere?

    Vitamina K2: il nutriente mancante per il cuore e le ossa


     




    Raccolta studi tradotti sullo Zenzero

    ero.
    Gli effetti gastroprotettivi dello zenzero
    Una revisione degli effetti gastroprotettivi dello zenzero (Zingiber officinale Roscoe)
    Astratto

    Lo zenzero è anche usato come rimedio casalingo ed è di immenso valore nel trattamento di vari disturbi gastrici come costipazione, dispepsia, eruttazione, gonfiore, gastrite, disagio epigastrico, ulcere gastriche, indigestione, nausea e vomito e studi scientifici hanno convalidato gli usi etnomedicinali.

    Lo zenzero si è anche dimostrato efficace nella prevenzione delle ulcere gastriche indotte da farmaci antinfiammatori non steroidei [FANS come indometacina, aspirina], reserpina, etanolo, stress (ipotermico e nuoto), acido acetico e ulcerazioni gastriche indotte da Helicobacter pylori negli animali da laboratorio.

    Crediti immagine a GreenMe

    Vari studi preclinici e clinici hanno anche dimostrato che lo zenzero possiede effetti antiemetici contro diversi stimoli emetogeni. Tuttavia, rapporti contrastanti, specialmente nella prevenzione della nausea e del vomito indotti dalla chemioterapia e della chinetosi, ci impediscono di trarre conclusioni definitive sulla sua efficacia come antiemetico ad ampio spettro.

    Fonte
    https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/23612703/


    LO ZENZERO ABBASSA LA PRESSIONE ARTERIOSA?
    Una revisione sistematica e una meta-analisi degli studi clinici
    Hossein Hasani, Arman Arab, Amir Hadi, Makan Pourmasoumi, Abed Ghavami, Maryam Miraghajani
    Astratto
    PubMed, Scopus, ISI Web of Science, Cochrane Library e Google Scholar sono stati esaminati in modo completo fino a settembre 2018.
    Fonte

    ZENZERO NELLA ANEMINA FERRO-PRIVA E NEL METABOLISMO ALTERATO DEL FERRO
    LO ZENZERO E IL FERRO
    Astratto
    Questa recensione narrativa esplora i benefici dello zenzero per IDA e altre entità cliniche associate al metabolismo del ferro alterato.
    Fonte

    Huang, Yi Shin,*
    Critical Care Medicine 82(11):p 805-806, novembre 2019. | DOI: 10.1097/JCMA.0000000000000174

    Lo zenzero (Zingiber officinale) è una spezia aromatica e pungente, comunemente utilizzata nelle ricette alimentari e medicinali di tutto il mondo da migliaia di anni. È stato scoperto che lo zenzero contiene più di 400 composti, ma è composto principalmente da carboidrati, lipidi, e oli volatili. La fragranza e il sapore dello zenzero derivano da oli volatili costituiti da zingerone, shogaoli e gingeroli con il [6]-gingerolo come principale composto pungente. Lo zenzero fresco contiene un enzima zingibaina, che è una cisteina proteasi. Lo zenzero è comunemente usato come integratore alimentare per alleviare la nausea e il vomito.

    1. DANNI AL FEGATO INDOTTI DA FARMACI ED EPATITE TOSSICA

    una nuova prova a sostegno del ruolo epatoprotettivo dello zenzero nel DILI.

    alleviare la nausea correlata ai farmaci antitubercolari. I pazienti nel gruppo dello zenzero hanno sperimentato meno, ma non statisticamente significativo, antituberculosis DILI rispetto al gruppo placebo (rispettivamente 16,7% vs 36,7%, p = 0,07). Il numero limitato di casi di questo studio (30 pazienti in ciascun gruppo) e i risultati statistici marginali non hanno potuto verificare il ruolo dello zenzero nell’epatoprotezione DILI in umano.

    2. MALATTIA ALCOLICA DEL FEGATO

    3. MALATTIA DEL FEGATO GRASSI ANALCOLICO

    4. CARCINOMA EPATOCELLULARE

    5. LIMITI DEGLI STUDI E PROSPETTIVE DI GINGER

    Centinaia di verdure ed erbe hanno dimostrato di avere alcuni effetti epatoprotettivi in precedenti studi sui livelli citomolecolari e su modelli animali.

    Inoltre, negli studi pertinenti sono stati implementati diversi metodi di estrazione dello zenzero con diversi componenti e quantità.

    Fonte

    https://journals.lww.com/jcma/Fulltext/2019/11000/The_hepatoprotective_effect_of_ginger.1.aspx


    Modalità di assunzione e dosi giornaliere

    Le proprietà dello zenzero sono state studiate con dosi giornaliere che vanno da 0,5 a 4 g di polvere essiccata.

    La posologia consigliata è di:

    • 0,5-2 g di estratto secco di radice (cioè standardizzato nel principio attivo), titolato in gliceroli minimo 4%, in dose unica o suddivisa durante il giorno
    • rizoma in polvere: 0,25-1 g, tre volte al giorno
    • come infuso o come decotto va usato alla dose di 0,25-1,0 g in 150 ml di acqua bollente per 3 volte al giorno
    • come tintura madre 1,25-5 ml per 3 volte al giorno di una tintura con rapporto grammi/millilitro (g/ml) di 1:5
    • se si usa un estratto fluido 0,25-1,0 ml di un estratto 1:1 (g/ml), tre volte al giorno
    • la radice fresca può essere consumata nella misura di 15/20 g al giorno.

    Controindicazioni ed effetti collaterali dello zenzero

    L’estratto di zenzero può essere responsabile di fenomeni irritativi gastroduodenali. Può aumentare l’attività di anticoagulanti orali, dei farmaci antinfiammatori e degli antiaggreganti piastrinici.

    Inoltre può interferire con farmaci antidiabetici e con calcio-antagonisti utilizzati nella terapia dell’ipertensione.

    Le reazioni allergiche allo zenzero in generale inducono eruzioni e, nei soggetti sensibili, lo zenzero può causare mal di stomaco, gonfiore, produzione di gas, specialmente se assunto sotto forma di polvere, ma sono rare.

    È bene quindi evitarne l’assunzione nei casi di sospetta allergia nei confronti di un suo componente e comunque è opportuno non esagerare con le quantità di radice fresca.

    Lo zenzero fresco, se non ben masticato, può infatti causare blocco intestinale, e gli individui che hanno manifestato ulcere, infiammazioni all’intestino o blocchi intestinali, potrebbero reagire malamente a quantità considerevoli di zenzero fresco.

    Lo zenzero è controindicato in gravidanza, durante l’allattamento e nei bambini, e in presenza di ulcere e calcoli biliari.


    Proposte per ZENZERO

    Lo Zenzero (Ginger) si acquista come tubero fresco in tutti i negozi e supermercati. Oppure in forma di infuso o in polvere, o aggiunto ad altri alimenti ed altre spezie specialmente la Curcuma altra tubero molto utile nelle infiammazioni.

    TISANE E SUCCHI

    INTEGRATORI

    Prodotti mix sinergici con Zenzero

    • Repair 24-7 – Integratore a base di L-Glutammina e N-Acetil L-Glutammina, estratti vegetali di Malva Kudzu, Liquirizia, Topinambur, Zenzero e Zinco
    • Aqua Fitless Depur – Integratore a base di Aloe Vera gel, MSM ed Estratti di Tè Verde, Finocchio, Gramigna, lespedeza, Othosiphon e Zenzero

    Altri prodotti con Zenzero

     

     

     

    Altre Fonti


    Lo zenzero fresco (Zingiber officinale) ha attività antivirale contro il virus respiratorio sinciziale umano nelle linee cellulari del tratto respiratorio umano

    Astratto

    Vedi anche:


    ZENZERO ED ASMA
    Effetti dello zenzero e dei suoi costituenti sul rilassamento della muscolatura liscia delle vie aeree e sulla regolazione del calcio

    Astratto


    Pertanto, sono importanti le indagini sia sugli effetti terapeutici che sui possibili effetti dannosi di componenti isolati di trattamenti erboristici sulle vie aeree.
    Abbiamo ipotizzato che lo zenzero ed i suoi componenti attivi inducano la broncodilatazione modulando il calcio intracellulare ([Ca2+]i) nella muscolatura liscia delle vie aeree (ASM).

    https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3604064/




    Ipertiroidismo in relazione a Vitamina D, Vitamina C, Zinco e Selenio
    Due studi tradotti

    In questo nuovo articolo sulla Tiroide vediamo due studi.

    Si parla di Ipertiroidismo, morbo di Graves, cancro follicolare benigno e maligno della tiroide.

    Quello che hanno in comune questi studi è la carenza vitaminica e minerale di certi elementi:

    Vitamina D, Vitamina C, Zinco e Selenio.


    Effect of Vitamin D3 on Untreated Graves’ Disease with Vitamin D Deficiency

    Effetto della vitamina D3 sulla malattia di Graves non trattata con carenza di vitamina D

    Astratto
    OBBIETTIVO

    METODO

    RISULTATI

    CONCLUSIONE

    Parole chiave: Malattie autoimmuni, morbo di Graves, carenza di vitamina D, vitamina D3

    introduzione

    Presentazione del caso

    Discussione


    Conclusione

    The role of selenium, vitamin C, and zinc in benign thyroid diseases and of selenium in malignant thyroid diseases: Low selenium levels are found in subacute and silent thyroiditis and in papillary and follicular carcinoma

    Il ruolo del selenio, della vitamina C e dello zinco nelle malattie tiroidee benigne e del selenio nelle malattie tiroidee maligne: bassi livelli di selenio si riscontrano nella tiroidite subacuta e silente e nel carcinoma papillare e follicolare

    selenio, zinco e vitamina C.
    Questo studio dimostra che:

    Il selenio potrebbe avere un ruolo protettivo contro il gozzo.
    Una diminuzione dei livelli tissutali di zinco e selenio sembrano essere associati al cancro alla tiroide.
    Questi antiossidanti nutrizionali sono molto importanti per tutti noi: Selenio, zinco e vitamina C.

    Il ruolo del selenio, della vitamina C e dello zinco nelle malattie tiroidee benigne e del selenio nelle malattie della tiroide maligne: bassi livelli di selenio si trovano nelle tiroiditi subacute e silenti e nel carcinoma papillare e follicolare

    La fisiologia tiroidea è strettamente correlata ai cambiamenti ossidativi. Lo scopo di questo studio controllato era di valutare i livelli di antiossidanti nutrizionali come la vitamina C, lo zinco (Zn) e il selenio (Se), e di indagare su qualsiasi associazione di essi con parametri di funzionalità tiroidea e patologia tra cui tiroide benigna e maligna malattie.
    metodi

    risultati
    Tra i pazienti con malattia della tiroide, né la vitamina C, né Zn né Se correlavano con nessuno dei seguenti parametri: età, sesso, BMI, peso corporeo, scintigrafia tiroidea, ecografia, funzione tiroidea o anticorpi tiroidei.
    I livelli di Se erano significativamente diminuiti nei casi di tiroidite subacuta e silente (66,4 ± 23,1 μg / le 59,3 ± 20,1 μg / l, rispettivamente) e nel carcinoma tiroideo follicolare e papillare. Il livello medio di Se nel gruppo di controllo era 90,5 ± 20,8 μg / l.
    Conclusione
    Bassi livelli di vitamina C sono stati trovati in tutti i sottogruppi di pazienti.


    Ipertiroidismo: cause, sintomi e terapie

    L’ipertiroidismo o tireotossicosi è una patologia legata, nella maggior parte dei casi, a una eccessiva produzione ormonale da parte della tiroide, con conseguente esposizione dei tessuti periferici a livelli elevati di ormoni tiroidei.
    L’ipertiroidismo è uno dei disturbi endocrini più frequenti e può manifestarsi a qualsiasi età, ma interessa soprattutto le donne in età fertile, a causa – pare – di una generale maggior predisposizione del sesso femminile alle malattie autoimmuni.

    Le cause dell’Ipertiroidismo

    Le principali cause cliniche responsabili di ipertiroidismo sono in ordine di frequenza – nelle aree iodio-sufficienti – il gozzo diffuso tossico (morbo di Basedow), il gozzo multinodulare tossico e il gozzo uninodulare tossico (morbo di Plummer).
    Nelle aree iodio-carenti, dove esiste una elevata prevalenza di gozzi multinodulari, il gozzo multinodulare tossico è più frequente del gozzo diffuso tossico. Altre cause rilevanti, meno frequenti ma di una certa importanza, sono le forme associate a tiroiditi e quelle farmacologiche, con eccessiva assunzione di ormoni tiroidei, ad esempio per un trattamento non corretto dell’ipotiroidismo.

    I sintomi dell’Ipertiroidismo

    I sintomi dell’ipertiroidismo possono comprendere numerosi disturbi, tutti legati a un aumento dell’attività metabolica, tra cui:
    1. un sensibile aumento di volume della tiroide,
    2. perdita di peso,
    3. intolleranza al calore,
    4. alterazioni della cute e dei capelli,
    5. insonnia,
    6. aumento delle contrazioni cardiache.
    Nel caso del morbo di Basedow tra i sintomi più evidenti si ha anche l’esoftalmo, ovvero la sporgenza dei bulbi oculari.
    1. Le terapie

      La terapia dell’ipertiroidismo dipende essenzialmente dalla sua causa. Al momento sono tre le vie a disposizione: terapia con farmaci anti-tiroidei, che riducono cioè la velocità di sintesi degli ormoni tiroidei, e in caso della sua inefficacia, asportazione chirurgica totale o parziale della ghiandola o trattamento con iodio radioattivo.
      Riferimenti
      • Effetto della vitamina D3 su Morbo di Basedow Graves con carenza di vitamina D
        https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4133032/
      • Quindici rimedi naturali (e non) per gestire l’ESOFTALMO
        tratto dal sito Grave Deasese cure – http://gravesdiseasecure.com/thyroid-eye-disease-improvement/

        https://thyroidlife.it/quindici-rimedi-naturali-e-non-esoftalmo/

    Vedi articoli sulle altre malattie della Tiroide

    La SIBO potrebbe impedire la remissione dall’Hashimoto? Dr. Izabella Wentz

    TIROIDE e Paratiroide in relazione alla carenza di Vitamina D

    I benefici del Magnesio sulla Tiroide ed altri rimedi non farmacologici

    PFAS (Acido di Perfluorooctanesulfonico)interferisce con il recettore della vitamina D, favorendo l’osteoporosi, interferisce con la Tiroide

     

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    Altri integratori e guide per la ricerca di integratori di vitamine e minerali